A che punto siamo
Essere qualcosa più di un giornale, dare fiducia ai giovani, unire “regolari” e garibaldini: questo da molti anni è il Dna dei Siciliani.
Noi stessi, in origine, eravamo i “carusi di Fava”.E adesso che ho sessant’anni capisco quanta grandezza c’era, professionale e umana, in questo puntare spavaldamente su noi ragazzi.
Gli ebook e il giornale
Così si arrivò alle scadenze successive. Ci fu una riunione (con l’avvocata Enza Rando, di Libera) da Scidà, uno Scidà allegrissimo e scintillante. Ed esattamente un anno fa, al festival del Clandestino, fu diramata al mondo la lieta novella.
A dicembre è uscito il numero zero, buono ma con una brutta copertina (mia); la seconda, di Luca Salici, era già migliore. Ma l’immagine definitiva, “moderna”, del giornale è stata raggiunta solo al terzo numero, con le copertine di Biani.
Da allora il giornale è uscito regolarmente, da marzo sono arrivati i primi ebook (per noi tanto importanti quanto il giornale). Invece siamo rimasti indietro nell’edizione su carta (la società editrice restò impantanata negli innumerevoli impegni, da noi non ben valutati, dei nostri amici) e il primo numero in edicola arriverà solo fra un mese e mezzo, a settembre inoltrato.
Abbiamo messo in piedi una prima struttura editoriale (provvisoria, per gestire le urgenze), e durante l’autunno definiremo la struttura definitiva, in cui dovranno essere rappresentati tutti i nodi locali (gruppi, giornali e siti) dei nostri amici.
Sarà una struttura di rete, “federativa”, sia sul piano d’azienda che su quello redazionale. Non avrà, neanche stavolta,dei padroni alle spalle ma conterà sulla solidarietà delle persone civili. E questo, come capite bene, è già un pre-appello.
Puri e duri? No, proprio no…
Il lavoro che abbiamo fatto l’avete visto; a me non sembra del tutto indegno dell’obiettivo (certo, l’asticella è posta molto in alto). Inchieste a macchia di leopardo (ancora in alcuni luoghi manchiamo), niente urla, nessuna distinzione fra sud e nord, indipendenza assoluta, scrittura buona, organizzazione faticosa ma tutto sommato (per ora) sufficiente.
Sì, ma come vanno le cose dietro le quinte? Davvero siete questa banda di puri e duri che vi vantate di essere?
No, niente affatto. La rete è un concetto molto difficile da digerire. In ogni momento c’è qualche nodo che sta funzionando e qualcun altro no. E fra quelli che funzionano, la maggior parte di solito pensa molto più ai problemi immediati propri che a quelli più generali della rete.
Mica facile, la rete
Questo è assolutamente normale, non c’è da rimproverare nessuno, anche se con quel che accade in Italia, e quel che ancora deve accadere, di rete ci sarebbe bisogno più del pane. Difficilmente possiamo aspettarcela da leader e primedonne vecchie e nuove. Nessuno sta puntando sui giovani, in realtà, né su qualche politica differente. E’ bipartizan, il precariato.
La rete, nel suo significato profondo, è una cosa nuovissima e ancora niente affatto “naturale”. Per rete finora s’intende un leader, alcune dichiarazioni “anti” e una folla di seguaci via facebook; e dei canali mediatici magari tecnicamente “alternativi” ma gestiti dall’alto. Non è quel che vogliamo. Vogliamo una rete vera, utile, lenta da costruire, faticosa, concreta. Non un altro centro di potere o una nicchia. Ci si può arrivare (e comprenderla) solo a poco a poco, coi tempi di ciascuno, senza fretta.
A poco a poco, coi tempi di ciascuno
Vi chiederemo dei soldi, tanto per essere chiari, da qui a poche settimane. Non saranno le centinaia di milioni di Santoro (qui basta molto meno) ma resteranno soldi vostri. Noi non daremo via la baracca, terminati i proclami, a La7 o a qualcun altro. Non siamo i migliori o i più infallibili, certamente. Ma i più liberi sì. L’andiamo dimostrando da trent’anni.
* * *
‘Sta storia dei trent’anni, che camurria. Non per voi, certamente, che siete giovani e pensate ai trent’anni davanti. Quelli vecchi per voi sono solo una bella storia. Per me sono amici, passaggi, persone care col maledetto vizio di non esserci più. Certo: alla fine s’è vinto, ci siamo ancora. Ma è quell’alla fine, l’amaro, pur nella felicità che (essendoci voi) non sia finita.
“Trent’anni fa, proprio di ‘sti giorni, mi ricordo stavamo laavorando al primo nuumero dei Siciliani. Eh, mica c’erano i computer, a quei teempi. A maacchina da scriivere, s’andava avanti…”.
Va bene, nonno Simpson, va bene…
Pingback: Attacco a I Siciliani Giovani | Generazionezero.org