venerdì, Novembre 22, 2024
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I signori della munnizza dietro la pirolisi e i Css?

E’ di nuovo emergenza nell’Isola. Perché?

Dal 1999 in Sicilia esiste uno stato di emergenza rifiuti, a causa delle scelte del passato, per le quali l’Isola è anco­ra sotto procedura di infrazione euro­pea. Stato che, invece di finire, conti­nua a vivere di proroghe: l’ultima è stata votata dal Senato a fine gennaio. Il provvedimento, che passa ora all’e­same della Camera, prevede la proro­ga della gestione commissariale a par­tire dallo scorso 1 gennaio fino al pros­simo 30 giugno.

Come verrà utilizzata questa nuova emergenza? Perché è stato necessario ri­chiedere, come le passate gestioni di Lombardo e Cuffaro, lo stato di emer­genza relativa alla gestione degli impian­ti siciliani?

Le discariche private siciliane (fra que­ste le più grandi sono quelle gestite dalla Catanzaro costruzioni, dalla Oikos, dalla Tirrenoambiente e dalla Sicula trasporti) che stoccano a caro prezzo circa il 90% dei rifiuti provenienti dalle famiglie sici­liane, stanno vivendo il loro momento di maggior profitto proprio grazie alle pas­sate gestioni commissariali.

Queste, in dero­ga alle leggi, hanno concesso scorciatoie a comuni e agli ATO per aggirare quei regolamenti che impedivano, in condizioni normali, l’uti­lizzo dissennato delle discariche così come avviene in Sicilia. Emergenza ri­fiuti ha quindi fino ad oggi significato elusioni di norme a favore di qualcuno e aumento dei costi per i cittadini perpe­tuando il già grave stato della gestione dei rifiuti siciliano.

Il piano rifiuti regionale, approvato nel 2012, dovrebbe recepire le direttive euro­pee e le leggi nazionali in materia che non prevedono come strategia primaria la costituzione o il mantenimento delle discariche o di inceneritori, ma che al contrario puntano al recupero del rifiuto minimizzando l’uso di tecnologie volte alla distruzione del rifiuto con o senza recupero energetico. Dall’inizio della ge­stione Crocetta sono stati indetti dei ban­di di gara per la creazione delle infra­strutture prioritarie di base per una nuova gestione dei rifiuti (impianti di compo­staggio e selezione/valorizzazione).

Tut­te queste gare d’appalto sono andate però stranamente deserte. Ancor più stra­no è che, pur non essendo previsti come priorità dall’attuale piano dei rifiuti stia­no invece sorgendo, senza alcun tipo di intoppo, impianti di produzione di ener­gia dalle biomasse.

Questi impianti po­trebbero usare, qua­lora ci fosse mancan­za di biomassa pura­mente detta (alberi, potature, sfalci, resi­dui agricoli), i rifiuti urbani. E poiché la Sicilia non ec­celle per quanto riguarda la copertura bo­schiva sorge un piccolo so­spetto sul reale utilizzo di questi impianti nel futuro.

Negli ultimi otto mesi sono stati stan­ziati dalla regione Siciliana, tramite l’at­tuale responsabile Marco Lupo (Stefania Prestigiacomo lo ha consacrato due volte contro il parere del TAR, quando era mi­nistro dell’ambiente con incarichi istitu­zionali, discutibili perchè in assenza di curriculum), Commis­sario regionale per l’emergenza rifiuti, nonché Direttore del Dipartimento Acque e Rifiuti che fa capo all’assessora­to all’energia retto da Nicolò Marino, 30 milioni di euro a Gela, 20 a Enna e 20 a Messina (Pace) per 3 im­pianti di “biosta­bilizzazione”.

Questi impianti si trovano in forma progettuale, in fase di approvazione o di costruzione in molte delle discariche sici­liane, il motivo di tale corsa è l’obbligo dal 1 gennaio di quest’anno di conferire in discarica solo materiale “biostabilizza­to”.

Tecnicamente di cosa si tratta. L’im­pianto di biostabilizzazione è stato creato come il primo di due componenti del si­stema di Trattamento Meccanico Biolo­gico. Il TMB nasce per creare Combustibile da rifiuti (CDR) o Combu­stibile solido secondario (CSS) insomma un materiale il cui unico scopo è la “ter­movalorizzazione”.

Questa circostanza unita al fatto che il piano regionale contempla anche modali­tà di trattamento termico dei rifiuti, come l’incenerimento, la gassificazione, la pi­rolisi, arco-plasma e soprattutto la com­bustione di CSS nei cementifici (il cui decreto per l’utilizzo è stato varato dal Governo nazionale nel marzo del 2013), bypassando ancora una volta le direttive, le leggi e i regolamenti che ne prevedono l’eventuale utilizzo solo e soltanto a valle del sistema di recupero dei rifiuti, ha messo in allarme la Rete Rifiuti Zero.

«Il CSS, non più definito “rifiuto urba­no”, ma “rifiuto speciale”, viene esentato dall’obbligo di essere trattato entro i con­fini regionali, diventando un prodotto in­dustriale “di libera circolazione” che va a sostituire i combustibili tradizionali nei cementifici ed entra nel business dello smaltimento dei rifiuti.

La previsione di bruciare la parte com­bustibile di rifiuti indifferenziati negli in­ceneritori è una grave scelta dal punto di vista ambientale e sanitario. Da un lato vengono esposte le popolazioni al rischio di patologie cancerogene derivate da in­quinamento atmosferico da polveri sottili ed ultrasottili, mentre dall’altro, a causa dell’incentivazione con CIP6 e Certificati Verdi, viene di fatto impedito l’avvio dell’industria del riciclo.

Ma bruciare rifiuti nei cementifici è di gran lunga più pericoloso che bruciarli negli inceneritori.

I cementifici risultano più inquinanti degli inceneritori in quanto non dotati di specifici sistemi di abbattimento delle polveri e tanto meno dei microinquinanti, e sono inoltre autorizzati con limiti di emissioni più alti. Il limite per le diossine passa da 0,1 nanogrammi/mc negli ince­neritori a 10 ng/mc nei cementifici, cioè 100 volte di più.»

E il professor Beniamino Ginatempo della Rete Rifiuti Zero Messina aggiunge «si stanno raggiungendo livelli di guar­dia elevati. Viene proposta da una ditta l’installazione gratuita di impianti per la produzione di CSS (che potrebbero trat­tare anche rifiuti ospedalieri), con la con­cessione del CSS per molti anni (p.es. da commercializzare in Norvegia o a centra­li termoelettriche riconvertite, come l’E­dipower a Milazzo). Così i sindaci con la sola cessione in comodato di relativa­mente piccole porzioni di territorio pos­sono smettere la raccolta differenziata, risparmiano sul conferimento in discarica e magari procurano qualche posticino di lavoro per il e nell’impianto. Pericolosis­simo, dunque!».

Questi punti oscuri, qui solo in parte elencati, che da quasi un anno hanno caratterizzato un’azione amministrativa in tema di rifiuti che ad oggi ha prodotto solo sospetti e nulla di realmente concreto dovrebbero essere chiariti dal governo regionale.

Altrimenti questa ennesima crisi rischia di rive­larsi il solito escamotage per favorire scelte amministrative a vantaggio di inte­ressi economici privati, basti pensare che all’utilizzo dei Css sono interessati grandi multinazioneli come A2A – già presente nella gestione dei rifiuti isolani in quanto azionista di Tirrenoambiente – e con la concreta possibilità, come è già successo in passato – l’ex presidente di Tirrenoam­biente è stato condannato in primo grado a 14 anni per concorso esterno in asso­ciazione mafiosa – , che nell’affaire possa infiltrarsi la criminalità organizza­ta.

SCHEDA

GIRO DI VITE PER LE DISCARICHE SICILIANE?

L’assessorato all’Energia ha istituito una commissione d’inchiesta per fare chiarezza su chi, come e perchè ha concesso autorizzazioni a discariche pubbliche rivelatesi poi «bombe» ecologiche e a impianti privati che man mano sono rimasti di fatto gli unici ricevitori di rifiuti.La commissione ha avviato il lavoro partendo dall’analisi delle autorizzazioni concesse a discariche realizzate da privati: quella di Mazzarrà Sant’Andrea, in provincia di Messina, gestita dalla Tirrenoambiente; l’impianto di Lentini, in provincia di Siracusa, gestito dalla Sicula trasporti; la discarica di Motta Sant’Anastasia, in provincia di Catania, di proprietà della Oikos; e quella di Siculiana, in provincia di Agrigento, realizzata dalla Catanzaro costruzioni.

L’assessorato che si occupa anche delle “autorizzazioni integrate ambientali” ha inoltre sospeso il rinnovo dei via libera per la Tirrenoambiente e la Oikos. La decisione è stata assunta da Marco Lupo, che ha bloccato l’iter del rinnovo delle autorizzazioni dopo “le preliminari attività di verifica condotte dal dipartimento Acqua e rifiuti e in attesa del completamento degli accertamenti sulle procedure per il rilascio della ‘valutazione di impatto ambientale’ e della ‘autorizzazione integrata ambientale'”, come si legge in una nota divulgata dall’assessore Marino.

La decisione, in realtà, non ha conseguenze dirette e tangibili. Le due discariche continueranno a ricevere rifiuti, ma in assessorato stanno valutando i rinnovi. Dall’anno scorso, infatti, una delle due autorizzazioni necessarie per tenere aperta una discarica, l'”autorizzazione integrata ambientale”, non viene più concessa dall’assessorato al Territorio ma da quello ai Rifiuti.

Le discariche di Mazzarrà e Misterbianco sono due degli impianti più grandi della Sicilia. La prima, gestita da una società mista pubblico-privata, stando ai dati di bilancio aggregati ha avuto nel 2012 ricavi per oltre 17,6 milioni di euro, piazzandosi al quinto posto fra le discariche siciliane, mentre la seconda, interamente privata, è la più remunerativa in Sicilia: stando ai dati di bilancio aggregati nel 2012 ha messo in bilancio ricavi per oltre 48,4 milioni. C.C.

Un pensiero su “I signori della munnizza dietro la pirolisi e i Css?

  • Domanda? Che soluzioni di recupero proponete per la parte di rifiuto “indifferenziabile”? Mandarla sulla luna? O magari Marte? Ed inoltre, pensate che la diossina emessa dall’utilizzo di normalissimi caminetti domestici sia meno dannosa di quella derivante dal ciclo industriale? Ed inoltre ancora, sapete quale tipo di combustibile viene oggi utilizzato nel ciclo industriale? Forse Carbone? Credete che bruciare carbone e smaltirne le relative ceneri sia meno dannoso?? Ed infine, credete che le discariche, con annesso ed insanabile inquinamento delle falde acquifere, siano meno dannose degli Inceneritori realizzati con criterio?

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