Trattative, tarocchi, papelli e altri anonimi
Un ebook che non piacerà ai due protagonisti e alle tifoserie: perché non si parla solo di “trattativa”, ma anche di qualcosa di più…
da La confusione
Questo non è un ebook sulla trattativa Stato-mafia, ma su come non si fa un processo. In questo libro si parla, sostanzialmente, di due persone estremamente diverse fra loro – per storia, caratteristiche personali, funzioni e senso dello Stato –, il “testimone” Massimo Ciancimino e il magistrato Antonino Di Matteo.
Il primo s’è conquistato la scena mediatica con una oculata gestione delle proprie “rivelazioni” sulla suddetta trattativa; il secondo è un servitore dello Stato che, in virtù del proprio lavoro al servizio della collettività, rischia la vita. Il primo mischia abilmente vero, verosimile e falso; il secondo è chiamato, per il mestiere che s’è scelto, a distinguere fra vero, verosimile e falso con gli strumenti che lo Stato gli mette a disposizione.
La confusione non è un attacco al dottor Di Matteo (e alla Procura di Palermo) ma un libro-inchiesta in cui ricostruisco fatti ed esercito il mio legittimo diritto di critica nei confronti delle scelte sue e dell’Ufficio che rappresenta. Senza tesi precostituite, ma ricostruendo meticolosamente episodi circostanziati.
È un lavoro che non piacerà ai due protagonisti e alle tifoserie, ma è un lavoro che andava fatto per tentare di avviare un confronto pubblico e schietto su alcuni anni cruciali della storia d’Italia che finora sono stati raccontati solo nell’ottica della contrapposizione quasi ideologica fra supporter della Procura e del Ros dei Carabinieri e/o della banda Berlusconi.
Quando, alla fine del 2009, la Procura di Palermo depositò nel processo Mori-Obinu i verbali di Ciancimino sulla trattativa ed ebbi la possibilità di leggerli ero sgomento: come avrebbero fatto a gestire in dibattimento un fabbricante di contraddizioni? Ma è possibile che capitino tutti a Di Matteo? L’ho pensato. E l’ho pure detto a qualche amico. Uno di questi m’ha rassicurato: «Lo conosco, è una persona perbene». «Allora vuol dire che è scarso», replicai io. (…)
Capiamoci: quella tra i Ros e don Vito è stata una trattativa. Senza presunta e senza virgolette. E non perché l’abbia “rivelato” Massimo Ciancimino, la cui credibilità ritengo nulla, o perché lo sostengano valenti magistrati bersaglio di furibonde campagne istituzionali, politiche e mediatiche. Nemmeno perché è ormai sancito in diverse sentenze, ma perché emerge indubitabilmente dalle parole degli stessi protagonisti: il prefetto Mario Mori, il tenente colonnello Giuseppe De Donno e il loro interlocutore, l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino. Sono loro a dichiarare che don Vito fece da tramite per dialogare con Totò Riina. (…)
Ma, come dicevo, La confusione non è un libro sulla trattativa, bensì su come non si possa approdare a una verità giudiziaria su quei tragici anni della storia italiana affidandosi a un testimone che sembra un generatore di trattative possibili e a un pubblico ministero che scambia lucciole per lanterne. Ché finché si tratta di farci titoli di giornali o show televisivi, il verosimile lo si può spacciare per vero, ma quando gli stessi elementi li si sottopone al vaglio di un Tribunale è assai improbabile che l’impianto accusatorio regga. Sebbene la vicenda Borsellino (ma non solo quella: i casi di depistaggi giudiziari sono tanti) ci abbia insegnato che anche Tribunali e Corti d’assise possano farsi grandi dormite.
Nei primi due capitoli mi sono limitato a evidenziare svariate contraddizioni di Ciancimino. Nel terzo, partendo da un clamoroso svarione del pm Di Matteo durante la requisitoria conclusiva, svarione che considero metafora dell’intero impianto accusatorio del processo al generale Mori e al colonnello Obinu, ho ricostruito i fatti rendendo evidente il plateale errore del pubblico ministero.
Sebastiano Gulisano, da anni uno dei più esperti cronisti di mafia, è stato redattore dei “Siciliani” di Giuseppe Fava