La strage degli innocenti
Si chiamava Nicola Campolongo, aveva solo tre anni. Il suo corpo è stato trovato carbonizzato in un’auto. Con lui c’era anche il nonno e la sua giovane compagna. È successo in Calabria, nelle campagne di Cassano allo Ionio e pare che di mezzo ci siano gli interessi della ‘ndrangheta, uno sgarro del nonno di Cocò, cosi lo chiamavano questo bambino. Aveva gli occhi nerissimi e la faccia simpatica il piccolo Cocò, il piglio di un ometto che ora non riderà più.
Forse è innegabile che la bestia più feroce sia proprio l’uomo. Non ho parole per definire un uomo che decide di uccidere persino un bambino di tre anni.
No, coloro che hanno prima ucciso e poi bruciato questo bambino non sono uomini, non sono neanche delinquenti, non li definirei neanche criminali e neanche mafiosi o ‘ndraghetisti. Sono semplicemente bestie, con tutto il rispetto per il mondo animale, ma non bestie normali, di quelle definite genericamente, che secondo me hanno persino un’anima e una sensibilità. Sono bestie feroci, carnivore, di quelle che si divorano tra di loro, serpenti, topi di fogna.
Ecco, noi da quasi trent’anni facciamo manifestazioni, riempiamo navi di giovani che vanno a Palermo il giorno della commemorazione di Giovanni Falcone, andiamo nelle scuole a parlare con i ragazzi, riempiamo teatri, facciamo viaggi della legalità, scriviamo libri e articoli contro questo veleno che uccide l’Italia. E questi che fanno? Complici molti insospettabili, trafficano, lucrano negli affari con i colletti bianchi, spacciano droga, armi ed esseri umani e uccidono, continuano ad uccidere. E uccidono anche i bambini. Francamente tutto ciò che facciamo è molto importante ed occorre continuare a farlo. Forse occorrerà farlo meglio, con molta più semplicità e meno protagonismi o monopoli, ma occorrerà farlo e in tutta onestà avverto che tutto ciò stride con la quantità di violenza che le mafie e non solo riescono a mettere in campo.
Non dobbiamo essere complici delle mafie e continuiamo a parlarne ed a scriverne, anche quando ci mandano qualche messaggio che forse ci dovrebbe indurre ad essere più cauti e l’uccisione di un bambino poi ci deve spingere a parlarne ancora di più e con maggiore forza ed energia.
Dicono che in passato c’erano le mafie buone, con una sorta di codice d’onore, che imponeva al mafioso di non toccare le donne e i bambini. Non è così. Questa è una bugia, una mistificazione della realtà. Non è mai esistita la “buona mafia”. Chi lo sostiene è in cattiva fede. La strage degli innocenti le mafie l’hanno sempre portata avanti senza porsi nessuno scrupolo se chi doveva essere ammazzato in quel momento si trovava con il figlioletto in braccio o seduto sul sedile dell’auto sulla quale viaggiava.
Giorgio Buongiovanni di recente su Antimafia ci ha fatto un lungo elenco dei bambini crudelmente uccisi dalle mafie. Buongiovanni ci ricorda che Totò Riina (da qualche parte, inopportunamente, rappresentato persino come umano), rivolto ad un altro degli animali, che con lui predisponeva una bomba, faceva notare che: di bambini a Sarajevo ne muoiono tanti, perché ci dobbiamo preoccupare proprio noi di Corleone?
Cito solo i nomi e non le storie dei bambini (per leggere l’articolo di Antimafia, basta collegarsi al link http://www.antimafiaduemila.com/2014012047349/giorgio-bongiovanni/riina-uccidiamo-i-bambini-come-a-sarajevo.html) uccisi dalle mafie in esso riportati: Giuseppe Letizia (1948), Paolino Riccobono (1961), Giovanni La Greca, Riccardo Cristaldi, Lorenzo Pace, Benedetto Zuccaio (1976), Giuseppe e Salvatore Asta (1985), Letterio Nettuno (1991), Claudio Domino (1986), Andrea Savoca (1991), la figlia mai nata di Antonella Bonomo (1992), Nadia e Caterina Nencioni (1993), Giuseppe Di Matteo (1996), Domenico Gabriele (2009). Ottimo lavoro quello di Antimafia, ma incompleto, mancante di almeno altri quindici nomi. Eccoli qua, per completezza e per dare dignità alla loro memoria, a cui è sempre difficile rendere il giusto rispetto ed onore.
Anna (9 anni)e Giovanni (4 anni) De Simone e Federica Taglialatela (12 anni) uccisi la sera del 23 dicembre 1984 da una bomba esplosa, nei pressi della galleria di San Benedetto Val di Sambro, su un vagone del Treno Rapido n. 904, partito da Napoli e diretto a Milano. Con i piccoli Anna, Giovanni e Federica morirono altre quattordici persone, mentre duecentosessantasei furono i feriti. Per la strage, definita dalla Commissione stragi del Parlamento come il punto di collegamento tra gli anni di piombo e l’epoca del terrorismo di matrice mafiosa, nel maggio del 2013 la procura di Firenze ha richiesto il rinvio a giudizio per Totò Riina quale mandante, determinatore e istigatore della strage, inquadrando l’attentato nell’ambito di quella strategia che cercava di distogliere l’attenzione dello Stato dalle attività di Cosa Nostra in Sicilia.
Luigi Cangiano (10 anni), ucciso da un proiettile vagante, mentre giocava con un gruppetto di amici, il 15 dicembre del 1983 a Napoli, nel corso di un conflitto a fuoco tra una banda di spacciatori e la polizia.
Gioacchino Costanzo (18 mesi), ucciso a Pollena Trocchia (NA) il 15 ottobre del 1995 in un agguato di camorra volto a colpire il compagno di sua nonna, un contrabbandiere che non si faceva scrupolo di circolare spesso insieme al bambino convinto che gli avversari non lo avrebbero colpito per evitare di colpire anche il bambino. Non andò così. Morirono entrambi.
Silvestro Delle Cave (9 anni), ucciso e dato alle fiamme da tre pedofili che avevano abusato di lui, per paura di essere scoperti. Il bambino era scomparso da Cicciano, un paese nell’hinterland napoletano, il 18 novembre del 1997. Il suo corpo, straziato e fatto a pezzi, fu ritrovato in una valigetta il 12 aprile del 2005.
Fabio De Pandi (11 anni), ucciso a Soccavo, un quartiere periferico di Napoli, il 21 luglio del 1991, tra le braccia del padre Gaetano, mentre entravano nella propria auto. Fu colpito a morte dai proiettili esplosi da due bande camorristiche che si fronteggiavano per il controllo dello spaccio della droga nel quartiere.
Simonetta Lamberti (10 anni), uccisa il 29 maggio del 1982 dai killer della camorra nel corso di un attentato, il cui obiettivo era il padre, il giudice Alfonso Lamberti, procuratore di Sala Consilina, con il quale stava rincasando a Cava de’ Tirreni.
Sofia Muccillo (3 anni), sgozzata con un coltello da cucina dallo zio infermo di mente
Nunzia Munizzi (10 anni) e Barbara Sellini (7 anni), violentate, pugnalate e date alle fiamme a Ponticelli (NA) il 3 luglio 1983. Una vicenda molto complessa per la quale sono stati condannati tre giovani, mentre l’ex Magistrato Ferdinando Imposimato, sulla base di nuovi elementi, ha richiesto la riapertura del processo.
Nunzio Pandolfi (2 anni), ucciso a Napoli, nel quartiere Sanità, mentre era in braccio al padre, che era il vero obiettivo dei killer. L’orribile omicidio si consumò nell’ambito della faida tra il clan Giuliano di Forcella (al quale era affiliato il padre del piccolo Nunzio) e quello di Secondigliano.
Raimond Ionnit (11 anni), strangolato, insieme alla madre Carla Radu, dal padre in preda ad un raptus di gelosia la sera del 23 luglio 2011 a Buccino in provincia di Salerno.
Salvatore Richiello (12 anni), ucciso a Castel Volturno (CE) il 18 aprile del 1991, mentre si trovava in auto con il padre, obiettivo di un agguato di camorra, voluto e condotto dal boss Michele Zagaria, Luigi Diana e Pasquale Apicella.
Valentina Terracciano (2 anni), colpita da diverse pallottole alla testa, a Pollena Trocchia il 12 novembre del 2000, nel corso di un agguato di camorra che aveva per obiettivo il fratellastro di un suo zio, proprietario di un negozio nel quale al momento dell’agguato la bambina si trovava.
Annalisa Durante, 14 anni e morire a Forcella nel corso di un agguato ad uno degli ultimi eredi del clan Giuliano il 27 marzo del 2004.
La strage degli innocenti è un’offesa all’umanità ancora più grave di tutte le altre, perché quando al centro della tragedia criminale vengono posti i bambini si commette un delitto più grave ed imperdonabile. Senza passare per giustizialista, penso che non ci possa essere pena che un uomo possa pensare per condannare simili crimini.
C’è una bella Cantata, scritta da Luciano Violante nel 1994, per Bollati Boringhieri. Si chiama Cantata per la festa dei bambini morti di mafia. Essa è definita, dallo stesso autore, un modo non rituale per richiamare l’attenzione sui bambini uccisi dalle mafie e sulla necessità di un impegno civile che abbatta l’orrore e ripristini i valori umani. Sfogliandola il mio sguardo si sofferma su una parte, il paragrafo n. 15, dove l’autore, dando voce ai bambini uccisi, domanda:
[ … ] di quanti altri morti avete bisogno voi
uomini onesti
che ancora vivete
e quanti funerali dovete ancora seguire
e quante messe cantate
e quante lapidi dovete ancora inchiodare
e quante candele volete ancora accendere
e quanti cortei volete ancora snodare
[ … ]
quanti bambini farete ancora ammazzare voi
uomini onesti
prima di alzare la fronte
prima di combattere uniti [ … ].