“Così ricevevo ordini da Matteo Messina Denaro. Gli ho dato 60.000 euro”. Parla Cimarosa
Quasi un mese fa, il 13 Dicembre scorso, le forze dell’ordine mettevano a segno uno dei colpi più duri mai inflitti al clan di Matteo Messina Denaro, a Castelvetrano. Con l’operazione “Eden” veniva fatta davvero terra bruciata nel primo giro di contatti del boss latitante dal 1993: i suoi parenti, la sua fedelissima sorella Patrizia, il suo erede Ciccio Guttadauro, Filardo, Cimarosa, Lo Sciuto, proprietari e manager delle aziende che sovvenzionano la famiglia mafiosa, e tanti altri. A poco a poco, durante le feste natalizie, sono usciti un po’ tutti. Il Tribunale del Riesame ha disposto la scarcerazione, a cominciare dall’intera famiglia Filardo, padre, madre e due figlie e ad altri soggetti coinvolti. Già c’è chi canta vittoria, a Castelvetrano, i legali degli indagati fanno notare il venir meno “dei gravi indizi di colpevolezza a carico dei nostri assistiti”. E un po’ ci si meraviglia: ma come, tutti dentro e poi subito tutti fuori?
Non è esattamente così. Perché in realtà la Procura di Palermo ha sollevato si un polverone, ma cercava tre risultati, e li ha ottenuti.
Il primo, arrestare Patrizia Messina Denaro, che ormai è ritenuta la persona più vicina, anche fisicamente, a suo fratello Matteo, quella che regge la cosca, riceve i suoi ordini, li smista, mettere a posto le tensioni all’interno della famiglia, fa avere al latitante i soldi necessari per la sua latitanza. Matteo Messina Denaro è in Sicilia, magari nel Belice, più vicino di quanto si pensi. Perchè non potrebbe a lungo vivere al sicuro altrove. E’ la dura legge dei boss, così protetti nella loro terra, ma anche prigionieri.
Il secondo obiettivo era arrestare Francesco Guttadauro, detto “Ciccio”, anzi “Ciccio u ranne”, per non confonderlo con l’omonimo cugino. Il dato è rimasto sottovalutato, ma Guttadauro, va ribadito, è colui che, per età, astuzia, e “discendenza”, potrebbe prendere un giorno il posto di Matteo Messina Denaro al vertice della cosca. Di più, Guttadauro, che è figlio di una Messina Denaro e di un esponente di una importante famiglia mafiosa palermitana potrebbe tentare quello che allo zio Matteo non è mai riuscito: la scalata al cuore di Cosa nostra, a Palermo.
Il terzo obiettivo, era infrangere il muro di omertà che da sempre circonda la famiglia Messina Denaro e chi ha a che fare con essa. Nessun dichiarante, meno che mai nessun pentito. La famiglia Messina Denaro è apparsa sempre come un blocco granitico, chiusa in a se stessa, spietata, pronta a punire chiunque sbagli a parlare o comportarsi, senza guarda in faccia parenti, amici, figliocci. In questo ricorda molto di più una “locale” di ‘ndrangheta che una famiglia di Cosa nostra.
Ma dai e dai, gira che ti rigira, alla fine qualcuno ha parlato. Non è un pentito, non è un collaboratore. E’ uno che risponde alle domande. Anzi, è uno che, per la prima volta nella storia dei Messina Denaro, una volta pescato, non si è avvalso della facoltà di non rispondere.
E’ Lorenzo Cimarosa, cugino di Matteo, incaricato di gestire le aziende della famiglia. Una specie di manager, insomma.
Perchè parla? Sembra che più che altro sia uno sfogo. E’ stanco di essere un burattino nelle mani dei Messina Denaro, è stanco di subire per colpa loro arresti, perquisizioni, accuse: “Io e tutta la mia famiglia siamo stanchi di subire arresti, condanne e sequestri per causa di Matteo Messina Denaro, il quale pensa solo a stesso e a gestire la sua latitanza”.
Il cugino Lorenzo, sta riempiendo pagine e pagine di verbali, fornendo materiale importantissimo alle indagini, rispondendo alle domande di Marzia Sabella e Paolo Guido.
Innanzitutto ha confermato il ruolo di Patrizia. Le comunicazioni di Matteo, di recente, passavano da lei. Lo sa benissimo Cimarosa, che qualche mese fa manifestò l’idea di non occuparsi più dell’azienda di Filardo (che poi è dei Messina Denaro….). Qualche giorno dopo Patrizia lo chiamò: “Ho problemi nel mio bagno, vieni a dare un’occhiata?”. Lui arriva e trova il bagno funzionante, ed una busta gialla per lui. Dentro ci sono due fogli A4: una lettera di Matteo per lui, che lo ringrazia per quanto ha fatto, e lo solleva, come ha desiderato da ogni incarico; ne parlerà con Ciccio Guttadauro. Dopo aver letto il “pizzino”, Cimarosa lo restituisce a Patrizia Messina Denaro, che lo brucia. Accadeva lo scorso Ottobre, tre mesi fa.
Cimarosa voleva rispondere. “Attendi una mia chiamata”, gli dice Patrizia. Passa qualche giorno e c’è il rubinetto del bagno che ha una nuova perdita. Cimarosa stavolta capisce che si tratta di corrispondenza con Matteo. Patrizia questa volta non parla, ma utilizza dei fogli di carta per dare le istruzioni a Cimarosa: “Dammi il pizzino per Matteo entro il 31 Ottobre e non dopo le sedici”. Cimarosa va a casa, scrive al computer una lettera dove ringrazia Matteo e dice che si atterrà alle sue disposizioni, torna a casa di Patrizia e gliela consegna. Fine delle trasmissioni, per quanto riguarda Patrizia.
Cimarosa si considera “posato”, tant’è che viene contattato da un parente di Totò Riina – dice – che vorrebbe incontrare Matteo. Le famiglie Riina e Messina Denaro, oltre ad essere molto vicine, hanno in comune diversi affari e una mutua assistenza negli anni. Ma Cimarosa si rifiuta.
Non può rifiutarsi invece di fronte ad una richiesta di Ciccio Guttadauro: Matteo vuole dei soldi, per la sua latitanza. E qui si incrocia il racconto di Cimarosa con le intercettazioni. Solo che mentre nelle intercettazioni la somma richiesta da Matteo Messina Denaro è di 8000 euro perchè, racconta la Zia Rosa, “deve volare”, per Cimarosa, che risponde ai Pm, la cifra è più alta: “Ho consegnato, in diverse rate, 60.000 euro. Quegli 8000 euro sono solo una parte”. Da dove vengono questi soldi?Dai lavori fatti in subappalto per il parco eolico “Vento di Vino” di Mazara del Vallo. I soldi Cimarosa li consegna direttamente a Guttadauro nel suo negozio all’interno del centro commerciale Belicittà di Castelvetrano.
Il negozio a cui si fa riferimento è o il Blue Spirit o Niceta Oggi. Sono i due negozi dove formalmente Ciccio Guttadauro e la sorella sono impiegati, che appartengono al Gruppo Niceta, da poco sequestrato ( undici società della famiglia Niceta, che gestivano gioiellerie e negozi di abbigliamento fra Palermo e Trapani, sedici auto e numerosi conti correnti. Inoltre sono stati posti i sigilli a dodici fabbricati e ventitré terreni, per un patrimonio complessivo di cinquanta milioni di euro)
Cimarosa ha anche confermato quanto scritto nell’ordinanza “Eden” ed emerso dalle intercettazioni: era Filardo che si occupava, con la sua azienda, delle necessità di Messina Denaro. Quando venne arrestato, intestò tutto alle figlie e alla moglie, ma comandava dal carcere ugualmente. A gestire materialmente l’azienda di calcestruzzi e costruzioni erano Cimarosa e Lo Sciuto, che sapevano che dovevano distribuire i soldi ricavati alla famiglia Messina Denaro, poiché erano dei soci occulti, proprietari anche di alcuni mezzi utilizzati, solo che, come dice la zia Rosa, “non spuntavano”. “La “BF Costruzioni è formalmente di proprietà di Giovanni Filardo, – ha messo a verbale Cimarosa – ma in realtà, per quanto mi consta, vi sono mezzii di fatto di proprietà di Vincenzo Panicola (marito di Patrizia Messina Denaro) e Filippo Guttadauro (padre di Francesco). Filardo ha sempre tenuto i contatti con Cosa nostra trapanese per conto di Matteo Messina Denaro. Filardo – ha proseguito – aveva rapporti con tutti i capimafia della provincia con cui regolava e concordava e metteva a posto lavori e appalti. Ciò mi è stato riferito in più occasioni da Lo Sciuto. Patrizia Messina Denaro, appena arrestato il Filardo si è presentata e ha preteso le percentuali sui lavori della BF. Filardo aveva disposto che dalla BF si consegnasse uno stipendio alla cugina Patrizia per campare la famiglia. Ho personalmente ristrutturato la casa di Patrizia per lavori per circa 60 mila euro”.