I due piatti della bilancia
L’avvocato Rosario Cattafi, imputato a Messina per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e calunnia, “minaccia” in aula l’avvocato Fabio Repici, difensore di molti familiari di vittime di Cosa nostra
Entrambi hanno studiato legge all’università e sono poi diventati avvocati, ma mentre uno ha deciso di mettersi al servizio della mafia, l’altro ne è diventato uno dei più strenui combattenti.
Uno si chiama Rosario Pio Cattafi considerato dalla procura di Messina – secondo molte e convergenti risultanze investigative, raccolte nell’arco di oltre vent’anni – il capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto e il trait d’union tra la famiglia catanese di Nitto Santapaola, la politica, la massoneria coperta e gli ambienti dei servizi segreti.
Le vittime della mafia
L’altro è Fabio Repici, difensore di Sonia Alfano (figlia del giornalista Beppe assassinato dalla mafia), di Piero Campagna (fratello di Graziella, ammazzata per un’agendina compromettente), di Adolfo Parmaliana (lo scienziato messinese che ha sacrificato se stesso per la lotta all’illegalità), della famiglia dell’urologo Attilio Manca (la cui morte rimane avvolta nel mistero, a dispetto della “verità” processuale e ufficiale), del collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano, di Salvatore Borsellino (fratello del giudice Paolo) e dei figli di Bruno Caccia (procuratore della Repubblica di Torino ucciso il 26 giugno 1983).
Nomi eccellenti – invertendo diametralmente il punto di vista – si riscontrano anche nel “curriculum vitae” dell’avvocato Cattafi.
I rapporti col Gotha mafioso
Pregiudicato per i reati di lesioni (è stato riconosciuto colpevole di aver aggredito brutalmente a Messina nel dicembre 1971 cinque studenti universitari in concorso con Pietro Rampulla (l’artificiere della strage di Capaci), porto e detenzione abusivi di arma (condannato per aver detenuto un mitra Sten dal quale venne esplosa una sventagliata all’interno della Casa dello studente di Messina nella notte tra il 27 ed il 28 aprile 1973), di cessione di sostanze stupefacenti e di calunnia, Cattafi è stato testimone di nozze del boss barcellonese Giuseppe Gullotti (condannato a trent’anni di reclusione come mandante dell’omicidio Alfano e, secondo il pentito Giovanni Brusca, colui che ha fornito, il telecomando della strage di Capaci).
Hanno fatto il nome di Cattafi diversi collaboratori di giustizia come Maurizio Avola, Angelo Epaminonda, Federico Corniglia, Giuseppe Chiofalo, Angelo Siino, Carmelo Bisognano, Umberto Di Fazio, Eugenio Sturiale e Giuseppe Mirabile, rilasciando numerose dichiarazioni sui rapporti intercorsi nel tempo tra l’avvocato barcellonese e Nitto Santapaola, Stefano Bontate, Piddu Madonia e Totò Riina.
Il primo a denunciarne lo spessore
Lo conosce bene, Saro Cattafi, Fabio Repici. È stato fra i primi, oltre a Sonia Alfano e Beppe Lumia, a denunciarne lo spessore criminale analizzando e approfondendo le dinamiche della famiglia mafiosa barcellonese e la sua centralità all’interno dell’organizzazione criminale Cosa nostra.
Più volte le loro strade si sono incrociate nelle aule dei tribunali. Come nella vicenda relativa all’omicidio del procuratore torinese Bruno Caccia. Il legale della famiglia del magistrato ha chiesto la revisione del processo anche in base ad alcuni documenti ritrovati proprio in casa di Cattafi.
E durante una delle ultime udienze del processo – iniziato a Messina il 17 ottobre – con rito abbreviato ai vertici della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto scaturito dall’indagine “Gotha III” rilasciando dichiarazioni spontanee Cattafi ha pronunciato queste affermazioni: «Avrei dovuto prendere a schiaffi l’avvocato Fabio Repici, mi pento di non averlo fatto…auguro con tutto il cuore all’avvocato Repici di subire tutto quello che ha fatto subire ad altri». Frasi che ci riportano, secondo Salvatore Borsellino, “al clima gelido del maxi-processo”.
Le calunnie di Cattafi
Già in precedenza Cattafi aveva espressamente accusato Repici di essere il promotore di un ipotetico complotto ai suoi danni ma, ad eccezione di quelle di Sonia Alfano e Beppe Lumia, nessuna voce istituzionale ha difeso Repici di fronte a queste affermazioni per cui Cattafi viene processato per calunnia.
“Altro che complotto”
Sul presunto “complotto” denunciato dall’imputato, il Gip messinese Micali ha ritenuto però : «Priva di verosimiglianza si atteggia, allo stato delle risultanze, la proposta interpretativa offerta dall’indagato (Rosario Cattafi ndr). Che le propalazioni accusatorie mosse dal collaboratore (Carmelo Bisognano, ndr) costituiscano, cioè, un momento di un più articolato complotto ispirato da bieche finalità di ordine politico rappresenta, allo stato, mera allegazione rimessa al dato labiale dell’indagato, non priva di conclamati profili di inverosimiglianza e, come tale, persino di carente capacità suggestiva».
SCHEDA
Processo Cattafi: il figlio del boss difensore del Centro Pio La Torre
Nell’udienza del 18 ottobre del processo a Rosario Cattafi, è accaduto l’incredibile. Il figlio dell’uomo accusato dei essere il “capo dei capi” della famiglia barcellonese, l’avvocato Alessandro Cattafi, si è presentato in aula come sostituto dell’avvocato Ettore Barcellona, difensore del Centro Pio La Torre, parte civile nel processo.
«Si è trattato di un gravissimo oltraggio alla memoria di Pio La Torre e di un fatto davvero sconcertante: il figlio del boss recluso al 41bis ha potuto rappresentare per delega il difensore del Centro Pio La Torre, parte civile contro il padre – ha riferito Sonia Alfano, Presidente Crim (la Commissione antimafia europea, ndr) e parte civile nel processo in qualità di Presidente dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia –. Succede anche questo a Messina. Tutto ciò – ha prodeguito la Alfano – avveniva mentre il vertice della mafia barcellonese, Rosario Pio Cattafi, calunniava me, mio padre, il mio legale e altri». Il giudice ha rilevato l’incompatibilità dell’avvocato Cattafi, già difensore di un altro imputato nello stesso processo.
Il Centro Pio La Torre ha comunicato che la delega in bianco sarebbe stata illecitamente sottratta in udienza da Cattafi e da questi riempita e consegnata al cancelliere.
C.C.