7 novembre 1980, Domenico Beneventano, il medico che combatteva le speculazioni della camorra
Si chiamava Domenico Beneventano, Mimmo per tutti coloro che lo conoscevano, e aveva una passione, la politica. Una passione che lo aveva condotto, nel corso dei suoi 32 anni, a scagliarsi con sempre maggior vigore contro la criminalità, che in quegli anni vedeva in Raffaele Cutolo e nella sua Nuova camorra organizzata la punta di diamante del mondo del malaffare. Per meglio portare avanti la sua battaglia, Domenico si era fatto eleggere consigliere comunale per il Pci a Ottaviano, il comune in cui viveva.
Intanto si era laureato in medicina e alternava la sua vita professionale tra l’ambulatorio presso cui esercitava come medico di base e il reparto di chirurgia dell’ospedale San Gennaro di Napoli. E ogni volta che gli avanzava un po’ di tempo si dedicava alle altre sue due passioni, la poesia e la musica. Ma la denuncia politica rimaneva in testa ai suoi impegni extralavorativi. Come quando, da consigliere, non si fece timori nel puntare il dito contro le speculazioni che avrebbero riguardato il parco del Vesuvio.
Speculazioni che, ovviamente, chiamavano in causa la camorra e che vennero ostacolate da Mimmo. Il quale fu atteso nelle prime ore del mattino del 7 novembre 1980 a pochi passi dalla sua auto, una Simca 1000. Nel momento in cui uscì dall’abitazione che condivideva con i genitori, diventò nel giro di una manciata di secondi bersaglio dei colpi d’arma da fuoco dei killer e la madre, che lo guardava come ogni giorno dalla finestra, assistette alla scena senza poter far nulla per salvare il figlio.
Quando si diffuse la notizia del suo omicidio, furono in tanti a dimostrare il proprio cordoglio per la morte del medico dei poveri, come Mimmo Beneventano veniva chiamato. Ma sembrò che nessuno potesse più fermarle, quelle speculazioni, che crebbero a dismisura dopo un evento di poco successivo, il terremoto dell’Irpinia, quello che il 23 novembre 1980, meno di tre settimane dopo il delitto, avrebbe dato il via a nuove voracità e a una trasformazione che avrebbe condotto i boss a farsi sempre più imprenditori del mattone.