venerdì, Novembre 22, 2024
Come fosse oggi

3 novembre 1999, Enzo e Salvatore Vaccaro Notte, i fratelli siciliani che credevano nella libera impresa

Vincenzo morì il 3 novembre 1999 mentre suo fratello Enzo sopravvisse fino al successivo 5 febbraio. Vivevano a Sant’Angelo Muxaro, poco più di 1500 abitanti in provincia di Agrigento, e avevano anche tentato di vivere una vita diversa da quella dei propri genitori e nonni. Ci avevano provato andando a fare i pizzaioli in Germania. Anzi, in quella nazione ci avevano trascorso un pezzo di vita fatto di anni in cui erano riusciti a mettere da parte un po’ di soldi.

Poi erano tornati al paese e con quanto messo da parte avevano deciso di aprire una ditta di pompe funebri. Non pensano, quando avviano la loro attività, che ci sono degli equilibri da cui, in Sicilia, non si può prescindere. E dunque non si curano della concorrenza che iniziano a fare a un’altra azienda i cui soci sono ritenuti vicini a una cosca mafiosa locale. I fratelli Vaccaro Notte giocano pulito, come in ogni sistema economico dovrebbe accadere, e così i clienti iniziano ad arrivare sempre più numerosi.

“Per i vostri funerali rivolgetevi a noi, siamo gli unici autorizzati, prezzi convenienti, un milione di lire per ogni funerale bara compresa”, si legge sui manifesti pubblicitari che fanno affiggere in spazi legali pagando quando dovuto per il servizio. E a quel punto le pressioni, trasformate in minacce, diventano sempre più pesanti. Non per questo i due fratelli si fanno intimidire e proseguono nel loro lavoro. La paura, quella, c’è, ma vanno avanti.

Lo fanno fino alla sera inoltrata del 3 novembre 1999, quando vengono assaliti a colpi di lupara alla testa. E nonostante ci sia chi ha visto, nessuno sembra disponibile a dire quanto sa, cosa ha registrato dell’agguato. Se Vincenzo viene ucciso quel giorno, suo fratello Enzo, che si mettere a indagare sull’omicidio insieme a un altro fratello arruotalo nella forestale, Angelo, va avanti con l’attività di famiglia. Ma il 5 febbraio 2000 anche lui è costretto a fermarsi sotto i colpi di cosa nostra.

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