Arriva il co-working
Rivoluzione nell’organizzazione del lavoro
Una decina d’anni fa il cosiddetto telelavoro sembrava definitivamente affermato nell’organizzazione economica capitalista. Una rivoluzione post-Keynesiana che avrebbe cambiato radicalmente l’organizzazione del lavoro, svincolando le attività dalla necessità di uno spazio fisico. Venivano portati come valori positivi gli aspetti che consentivano alle aziende di economizzare su infrastrutture e servizi e ai lavoratori di ottimizzare il proprio tempo-vita, grazie alla possibilità di eseguire il proprio lavoro da casa.
Indubbiamente il lavoro a distanza, nel suo complesso, dava notevoli possibilità di ottimizzazione di tempi e spazi, ma senza tenere in conto la necessità per gli individui di stare dentro relazioni importanti che, potenzialmente, possono dare alla vita – e al lavoro che è parte importante di essa – una soddisfazione socio-psicologica.
Contro questa nuova forma di alienazione “a distanza” un decennio fa a San Francisco nasce il Coworking, potenziale risposta all’isolamento del lavoratore freelance, analista, ricercatore, autore, disegnatore, creativo in genere.
Il Coworking è essenzialmente una comunità di lavoratori indipendenti che condividono razionalmente attrezzature, e supporti professionali ma anche opportunità di lavoro, competenze e contatti, per realizzare una crescita professionale in una logica di benessere collettivo e di aggregazione.
La Conferenza Internazionale del 2012 a Parigi sul Coworking Europeo mostra un fenomeno in ascesa, con un raddoppio annuale mondiale degli spazi dedicati: in Europa stime attendibili prevedono che entro il 2020 nel settore privato il 50% degli occupati sarà freelance.
La raccolta dei dati sul Coworking spesso opera, specie su web, dei suoi stessi operatori; ma si può dire,sia pure con cautela, che ne emerge untrend sicuramente più che positivo. La terza indagine sul Coworking di DeskMag (un importante magazine online) a fine del 2012 ha rilevato nel mondo 2.072 spazi di Coworking. L’80% di essi si divide equamente tra Europa e Nord America, con un tasso di crescita medio del 245% fra 2010 e 2012.
Il 79% dei Coworking censiti non appartiene ad un network o ad un franchising, e la media scrivanie offerte nel 2012 supera le 40 unità. A febbraio l’aggiornamento delle rilevazioni dava 2.498 spazi in tutto il mondo, contro i 1.320 del febbraio 2012. Una crescita impressionante che tra novembre 2012 e febbraio 2013 vede l’apertura di oltre uno spazio al giorno.
Non è solo una crescita quantitativa: lo dimostrano la Conferenza mondiale del 5 e 6 marzo scorsi (ad Austin, Texas), e l’interesse crescente di osservatori e soggetti socio-economici e culturali come banche, società immobiliari, università, biblioteche, librerie ed altri interessati alla possibile funzione dei Coworking di catalizzatori dello sviluppo socio-economico.
La scommessa per un futuro prossimo è rappresentata dalla capacità di dimostrare su larga scala la redditività economica del modello senza mortificarne la valenza sociale. Il Coworking rappresenta una galassia di iniziative in rapida trasformazione, influenzate dalle variazioni relative alle dinamiche sociali e al mercato del lavoro.
In riferimento all’Italia, si possono individuare due diversi tipi di Coworking.
Il primo consiste nella condivisione di spazi-lavoro finalizzati ad ottimizzare l’uso delle risorse e abbattere i costi di gestione, in un ambiente di lavoro dinamico e stimolante. Il secondo, pur non escludendo i vantaggi gestionali, punta con più decisione sull’unione di diverse professionalità per stimolare una progettazione condivisa con concrete forme di collaborazione.
E’ significativo che in questo campo la risposta più pronta sia venuta dall’Europa, che (secondo i due ultimi censimenti globali di DeskMag) registrato una crescita del 32% contro il 7/% degli Usa, con uno spazio attivo ogni 402.000 residenti. La Spagna, leader europeo del settore, ha uno spazio di Coworking ogni 236.000 abitanti.
In Italia, per quanto sottostimata (91 spazi ufficialmente censiti) la presenza del Coworking emerge da indizi significativi rilevati nelle reti in franchising, come COWO che già conta 75 sedi in 42 città: il che fa ritenere ragionevole pensare a un doppio di installazioni presenti, con baricantro a Milano. In Sicilia, purtroppo, siamo (anche qui…) in ritardo.
Ma dal 2011 in poi è nata una decina di spazi che (con caratteristiche diverse, ma prevalentemente volte alla copertura dei costi di gestione). operano dinamicamente sul territorio. Nessuno di questi spazi – secondo lo studio del Gruppo Neu-(Nòi) – è di proprietà della società gestore del Coworking: si tratta di immobili in locazione o in comodato d’uso gratuito; di essi solo il 63% ha un accesso diretto su strada. La media, pur considerando due realtà che contano 60 e 40 postazioni, si attesta su 11 postazioni dal costo medio di 163 Euro mensili.
Ma nonostante un evidente gap iniziale la Sicilia, come in altri campi, dimostra una spiccata capacità di farsi laboratorio di evoluzioni originali di modelli già diffusi. Le esperienze palermitane del Re Federico e del Neu-(Nòi) fanno intravvedere in Sicilia un modello di Coworking di terza generazione che si apre agli spazi urbani ed extraurbani, ideando e collaborando con quanti più Coworker possibili in progetti di sviluppo socio-economico sul territorio, anche per beni comuni.
“Condividere, collaborare, fare squadra, ottimizzare, contaminare, creare, trasformare, mettere, in discussione”: sono le parole d’ordine delle esperienze palermitane più innovative, immaginate in progress da giovani protagonisti di un’avventura in un mondo possibile per professionisti e operatori delle nuove progettazioni ed intraprese socio -economiche. E questo ha un particolare significato in una città come Palermo, e in una regione come la Sicilia, eternamente compresse tra retaggi di immobilismo oscurantista e tumultuosa capacità di apertura di nuove vie per le idee che danno il senso del Laboratorio permanente.
Nella indeterminatezza diffusa dei nostri difficili giorni, si può convintamente augurare lunga vita ai Coworking che rappresentano già strumenti vivi e solidali per aggiornare costantemente l’analisi e le prospettive socio-economiche delle società, affrancate da interpretazioni stereotipate.
Questo fenomeno, così fortemente vocato all’innovazione, è forse anche un modo nuovo per contribuire ad attualizzare un’idea positivamente antica del lavoro, inteso come strumento di sviluppo condiviso della qualità della vita delle persone, sul piano della realizzazione esistenziale e dell’affermazione dei diritti personali e collettivi.