giovedì, Novembre 21, 2024
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A Partanna per Rita

Rita è viva e lotta insieme a noi!Il coraggio e l’impegno: Rita Atria e Piera Aiello! 

Il sole batteva forte quando un fiume di colori si è riversato per le strade della piccola cittadina di Partanna. Il lieve vento scuoteva le bandiere gialle, rosa e arancioni dell’associazione Libera e portava lontano il nome di Rita Atria, invocato a gran voce,  dopo ventun anni, da un enorme corteo di giovani arrivati da tutta Italia. Erano in trecento, venerdì 26 luglio, a ricordare la giovane diciassettenne che decise di denunciare la sua famiglia e l’ambiente mafioso in cui era cresciuta, cambiando irrevocabilmente la sua vita. Con emozione, si ricordava quando morì, lanciandosi da un palazzo di via Amelia a Roma una settimana dopo l’omicidio del giudice Borsellino, l’unico uomo che l’aveva ascoltata, aiutata e protetta, durante la sua testimonianza. Venerdì, con ammirazione, si ricordava il coraggio della sua scelta e a quanto provò a liberare Partanna dalla mafia. Venerdì però le persiane erano sbarrate, le case chiuse, le strade vuote. Pochi i cittadini presenti agli occhi di noi giovani arrivati da  altre città. Sappiamo, però, che anche sotto questo aspetto ci sono novità e percorsi che con fatica stanno nascendo anche a Partanna, anche nella città di Rita Atria. Venerdì, contando tutti quei volti, l’emozione di Piera Aiello è stata grande. Piera, cognata di Atria, fu la prima a denunciare, dando il coraggio e la forza di sopportare il peso di questa scelta anche a Rita: da lì, non l’ha mai abbandonata, neanche dopo la morte. “Io sono qui per portare avanti le idee di Rita, proprio come voleva lei” ha raccontato la sera, dopo lo spettacolo “Picciridda” della compagnia Orme, ai ragazzi di Libera a Villa Genna.  Piera è una donna  giovane, energica e,

nonostante tutto, capace di ridere e ironizzare su se stessa. E’ una donna che ha stupìto tutti con la sua forza: non si è presentata né come vittima, né come testimone di giustizia, né come sopravvissuta, ma come una donna con la voglia di essere semplicemente una madre, una lavoratrice, una cittadina. Attraverso le sue parole semplici e concrete, ha fatto toccar con mano gli anni d’isolamento da parte della famiglia ma anche delle istituzioni, incapaci di proteggere la sua identità, il suo corpo e il suo benessere. Piera ha raccontato di uno Stato carnefice quanto la mafia, tanto incompetente e disattento quanto letale.

Eppure, ciò non ha scalfito la sua coerenza marmorea, che le ha permesso di tappare autonomamente quei buchi e quelle necessità trascurate dallo Stato.  Soprattutto, non le ha impedito, dopo tutti questi anni, di ottenere il permesso di donare.

 

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