giovedì, Novembre 21, 2024
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Abruzzo, l’Alexander Dumas del malaffare?

In Abruzzo non si fa in tempo a chiudere una vicenda giudiziaria che subito se ne apre un’altra: nei giorni in cui l’attenzione era rivolta verso la conclusione del processo “Sanitopoli” un nuovo ciclone giudiziario ha investito ACA, Ater Chieti e persino un colonello dell’esercito. Una successione che dura ininterrotta da anni e che fa apparire l’Abruzzo quasi come un novello Dumas padre, capace di scrivere svariati libri contemporaneamente grazie ad una schiera di collaboratori a cui, dopo aver elaborato la trama, affidava la stesura dei singoli capitoli dei suoi libri.

E’ di queste ore la conclusione del processo che vedeva come imputato apicale l’ex Presidente della Regione Ottaviano Del Turco(PD, ex PSI, dirigente sindacale ai tempi della CGIL di Luciano Lama) per la vicenda “Sanitopoli”. Un’inchiesta che nel 2008 portò al suo arresto, la fine anticipata della legislatura regionale e  la Procura di Pescara ad accusarlo, insieme a vari esponenti del PD e del PDL che hanno avuto negli responsabilità di governo regionale, di “associazione a delinquere”, corruzione e altri gravissimi reati. Il quadro che la Procura portò in tribunale disegnava una mappa di potere nella Sanità basata sulla corruzione, anche tramite operazioni finanziarie finite nel mirino. Alle ore 13.51 del 22 Luglio 2013 il Tribunale di Pescara ha scritto la parola fine sul processo di primo grado, condannando Ottaviano Del Turco e quasi tutti gli altri imputati. Certamente, non è mai superfluo ricordarlo, fino alla sentenza definitiva vale la presunzione d’innocenza. Ma sicuramente la durissima sentenza peserà come un macigno nella storia dell’Abruzzo, e rappresenta una prima conferma che ad inizio Anni Duemila ai vertici della Regione Abruzzo la Sanità non era propriamente uno strumento per perseguire il “bene comune” della collettività. E, anche se la vicenda giudiziaria proseguirà, si è chiuso un capitolo importantissimo(anzi, vista l’importanza e la consistenza, un vero e proprio libro) di vicende considerate di malaffare in Abruzzo.

Ma, lo si scriveva all’inizio, per un libro che si chiude, ce n’è sempre un altro che si apre prontamente. Mercoledì scorso un nuovo ciclone giudiziario ha investito l’ACA(l’Azienda che si occupa del servizio idrico integrato in Provincia di Pescara), il cui presidente Ezio Di Cristoforo è stato posto agli arresti domiciliari, e l’ATER di Chieti(l’Azienda di edilizia popolare), di cui il presidente Marcello Lancia e altri due dipendenti sono stati posti agli arresti domiciliari, insieme ad un dirigente del Comune di Montesilvano e persino ad un colonnello dell’esercito. I reati contestati sono, a vario titolo, quelli di corruzione, concussione,  turbata libertà degli incanti, falso e truffa relativi agli appalti per manutenzione della rete fognaria di Pescara, riparazione dei danni provocati dal terremoto del 6 aprile 2009 di una palazzina di Chieti, lavori di completamento di una scuola e di  una strada a Montesilvano e lavori per una caserma di Ancona e una di Ascoli Piceno. Tutti appalti che si è aggiudicato l’imprenditore Claudio D’Alessandro, secondo le accuse grazie al pagamento di tangenti (che ammontavano ad una somma che oscillava tra il 5% e il 10% del valore dell’appalto) agli arrestati.  La stampa abruzzese riporta che una “confessione fiume” di D’Alessandro avrebbe portato a scoprire quest’intricata reti di tangenti e appalti truccati, definita dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara Luca De Niniis un “radicale metodo d’inquinamento della procedura concorsuale” e “quadro desolante di sistemico mercimonio delle funzioni pubbliche”. La polemica politica successiva agli arresti ha rimarcato che Di Cristoforo è già coinvolto nell’inchiesta “Storni selvaggi” (nell’ambito della quale il presidente dell’ACA è accusato anche di essersi fatto realizzare un “allaccio abusivo” in un’abitazione di sua proprietà e di aver imposto di mantenere l’erogazione idrica ad alcuni utenti morosi) ma è stato lo stesso riconfermato nell’assemblea dei sindaci presidente della società.

L’odierno ciclone giudiziario è figlio di un’inchiesta del dicembre scorso, che aveva già portato agli arresti D’Alessandro e il vicesindaco di Cepagatti Cesare Leone. Secondo il gip De Niniis le intercettazioni di quell’inchiesta evidenziavano “la gestione domestica degli appalti da parte di Leone in stretta collaborazione con i due imprenditori”(Claudio D’Alessandro e il fratello Antonio), che vengono definiti “soggetti adusi anche alla frode ed al falso, come dimostrano i precedenti penali specifici a loro carico”. Il dispositivo del gip accusava il vicesindaco di Cepagatti e l’imprenditore anche di aver fatto pressioni su un altro imprenditore perché non partecipasse alla gara per il completamento della pubblica illuminazione di Cepagatti, così da poterne pilotare l’aggiudicazione(che vedrà coinvolto un’intricata rete di società che porterebbero anche all’imprenditore abruzzese, ma con larga parte dei suoi interessi nella Capitale, a Lucio e Maurizio Luciani) e nell’ambito della quale sarebbe stata pattuita anche una sospensione dei lavori, stabilita da un dirigente comunale, per impedire il pagamento di una penale da parte della ditta per ritardi nel completamento dei lavori. Nel dispositivo del gip finì anche l’appalto per lavori in un liceo di Avezzano che, riporta il sito PrimaDaNoi, fu “ampiamente contestata all’inizio dell’anno e per la quale fu denunciata la sparizione di alcuni documenti della selezione pubblica”.

Già è stato sottolineato all’inizio dell’articolo per quanto riguarda la vicenda giudiziaria relativa a “Sanitopoli” e non è superfluo ricordarlo ancora: tutti i cittadini, per la legge italiana, sono innocenti “fino a prova contraria” e le inchieste degli inquirenti non condannano nessuno. Le inchieste relative a Cepagatti e al recente ciclone ACA-ATER sono risultanze della sola fase inquirente. E non s’intende certamente condannare in questa sede coloro che ancora non lo sono per la legge italiana. Ma le accuse delineate, che ovviamente non sono mere opinioni personali del giudice De Niniis o di suoi colleghi, ma appunto la risultanza di indagini accurate, documentate (ricordiamo, anche da una “confessione fiume” – come è stata definita sulla stampa e di svariate intercettazioni telefoniche) e approfondite, disegnano desolanti quadri di quel che la lingua italiana non può definire in maniera diversa da malaffare. Un malaffare che periodicamente ritorna nella cronaca dell’Abruzzo e che apre quasi periodicamente nuovi libri di una saga infinita. Per dirla con Francesco Guccini, appunto, “quasi come Dumas”(anche perché non son passati molti mesi dal ventennale del ciclone giudiziario che investì, negli anni di Tangentopoli, anche l’allora amministrazione regionale).

salvatore.ognibene

Nato a Livorno e cresciuto a Menfi, in Sicilia. Ho studiato Giurisprudenza a Bologna e scritto "L'eucaristia mafiosa - La voce dei preti" (ed. Navarra Editore).

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