Processo Lea Garofalo: la requisitoria del Pm
Il Procuratore della Repubblica Marcello Tatangelo ha chiesto l’assoluzione per Giuseppe Cosco e Massimo Sabatino. Confermati gli ergastoli per Carlo Cosco, Vito Cosco e Rosario Curcio. Per il collaboratore di giustizia Carmine Venturino chiesti 27 anni con attenuanti generiche.
Di fronte ai sei giudici popolari fasciati dal tricolore e ai giudici della Corte d’Assise d’Appello del Tribunale di Milano, il Pm Marcello Tatangelo ha formulato la sua lunga requisitoria, costruita intorno al progetto criminoso di Carlo Cosco: “La volontà di Carlo Cosco era una sola, uccidere l’ex compagna Lea Garofalo e far sparire il corpo; il fatto che cambi modalità operative non significa che siano diversi progetti criminali”. Con queste parole il Pm ha voluto dimostrare l’assoluta premeditazione dell’omicidio della donna, rapita, uccisa e bruciata tra Milano e hinterland la notte del 24 Novembre 2009, per quei codici di onore e disonore che vigono all’interno della ‘ndrangheta.
La colpa di Lea Garofalo è stata quella di aver lasciato un uomo violento quando lui era in prigione; “privarlo della figlia e lasciarlo durante il suo periodo di detenzione in carcere equivale a un grandissimo disonore per chi ha una mentalità criminale”. Nessun raptus omicida, come sostenuto dalla difesa di Carlo Cosco, ma un piano premeditato adattato alle circostanze; prima in Calabria, poi l’aggressione a Campobasso con il finto tecnico della lavatrice Massimo Sabatino e infine a Milano; “Carlo Cosco è stato l’organizzatore di tutto e grazie alla sua perspicacia criminale, ha sfruttato ciclicamente le debolezze di Lea Garofalo e della figlia Denise; ha confessato parzialmente solo per scagionare gli altri e questo è inquinamento delle prove”.
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