venerdì, Novembre 22, 2024
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La costituente dei beni comuni

Roma, L’Aquila, Pisa, Ancona, Padova, Sicilia, Valdisusa, Napoli e tante altre comunità di cittadini sono le protagoniste della costituente dei beni comuni.

 

Il percorso della commissione Rodotà riparte con la società civile, su proposta dei movimenti che in questi anni hanno portato avanti lotte di riappropriazione e liberazione di beni comuni, a partire dalla vittoria del referendum sull’acqua e dalle occupazioni dei teatri e degli spazi culturali, alle lotte per il diritto all’abitare e il diritto alla città.

Ma cosa sono i beni comuni? Se per l’acqua, l’aria, la cultura sembra una categoria abbastanza condivisa il dibattito si accende su tutto il resto e su come si possano gestire i beni comuni. Una cosa è certa: i beni comuni emergono attraverso le lotte, attraverso l’uso, la riappropriazione di una ricchezza che è stata sottratta, ed è percepito dalla collettività come necessario per la comunità e per le generazioni future.

I beni comuni si oppongono alla sterile dicotomia tra pubblico e privato, sono un superamento che tiene conto dei processi di partecipazione reale alla gestione di tali beni.

Questa inedita alleanza tra movimenti e giuristi della ex commissione Rodotà si propone l’arduo obbiettivo di raccontare e “normare” i beni comuni, partendo proprio dalle pratiche di lotta e non da un mera catalogazione dei beni. è il momento in cui le vecchie istituzioni implodono mentre proliferano occupazioni, si sperimentano pratiche di autogoverno.

In molti hanno deciso di non essere più sudditi di pochi notabili che detengono il potere portando avanti interessi di privati privanti della ricchezza collettiva. È il momento in cui attraversando insieme l’Italia migliaia di cittadini la ricostruiscono per permanere, per rafforzare relazioni, creare le condizioni per la vita delle generazioni future.

La costituente è frutto del lavoro di chi pensa al diritto come qualcosa di vivo, che sgorga attraverso le lotte dei cittadini e non come un organismo repressivo a servizio di chi detiene il potere. Ogni giorno una larga parte della società civile contribuisce a far vivere i beni comuni, le istituzioni troppo impegnate a dismettere beni e privatizzare servizi provano a reprimere riducendo conflitti politici a questioni di ordine pubblico, da qui emerge la necessità di avere un riconoscimento anche giuridico per i beni comuni e delle leggi che tutelino i cittadini che se ne prendono cura (anche il diritto penale deve essere riformato). I beni comuni sono beni inalienabili, indisponibili al mercato, ma fruibili a tutti, partendo dalla valorizzazione delle comunità che li fanno vivere.

Le lotte per beni comuni aprono un mondo di di diritti, ma anche di conflitti: puntano il faro sulle speculazioni, sugli interessi della mafia, su i soprusi di chi pratica il saccheggio delle risorse collettive per trarre profitti. Vengono fatti molti attacchi ideologici ai beni comuni: sono frutto di anni di individualismo spietato per cui i diritti della persona vengono prima dei diritti della comunità. Ma il problema è: i diritti di quali persone? Nel mondo neocapitalista vengono tutelati solo gli interessi di pochi, mentre i più poveri, i migranti non sono riconosciuti, i più fragili spesso sono torturati ed emarginati dalla vita sociale. L’individuo può essere libero nell’essere, ma limitato nell’accumulo. È il momento di mettere al centro la comunità, come ha dichiarato il giurista Ugo Mattei nel corso dell’assemblea costituente a L’Aquila. Ed è proprio in questa città distrutta che si apre il discorso del diritto alla città: lo spazio urbano è un bene comune della collettività che se ne prende cura, non può essere sottratto da uno stato-catastrofe che interviene portando avanti distruzione dei legami sociali, speculazione, privatizzazione e mercificazione dei beni.

Come difendere i beni comuni dal mercato, come affrontare la questione della proprietà, come garantire l’accesso all’abitare, sono molte le domande aperte che però sono forti di pratiche che resistono e ogni giorno si diffondono sempre su tutto il territorio, dal cinema palazzo al colorificio di Pisa, dal teatro Pinelli di Messina all’ex asilo Filangieri di Napoli, dal teatro Valle alle case occupate a Tor di Nona, dalla lotta contro la Tav, ai comitati No muos, alla lotta contro le grandi opere e le grandi navi: tanti laboratori culturali e politici esplodono e contagiano pratiche che forniscono risposte creative a questa crisi.

salvatore.ognibene

Nato a Livorno e cresciuto a Menfi, in Sicilia. Ho studiato Giurisprudenza a Bologna e scritto "L'eucaristia mafiosa - La voce dei preti" (ed. Navarra Editore).

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