18 maggio: la Fiom in piazza
Non solo una manifestazione sindacale
Il 18 maggio la Fiom giocherà tutte le sue carte sia sul piano strettamente sindacale ed economico sia su quello politico. Perché la Fiom, oggi, sembra essere l’unica organizzazione a sinistra che abbia tenuto dritto il timone davanti alla crisi economica e politico-istituzionale che sta attraversando il paese. E davanti alle conseguenze dell’implosione del Partito Democratico. La Fiom, in questa fase, è l’unica organizzazione che chiede e progetta un cambiamento anche dopo le ultime aperture da parte di settori ampi della produzione a trovare con le forze sindacali formule di proposte comuni chiudendo la stagione dei veti e dei blocchi ideologici degli ultimi anni.
“Il lavoro al centro, un piano straordinario di investimenti, il reddito di cittadinanza, l’incentivazione alla riduzione di orario, la cancellazione dell’articolo 8. Piani per i trasporti, la mobilità. Lotta all’evasione fiscale, alla corruzione e alla criminalità. Una legge per la rappresentanza e la democrazia”, ecco quello che il segretario del primo sindacato dei metalmeccanici italiani propone. E questi saranno i punti della manifestazione del 18 e della mobilitazione che seguirà che pure essendo nata “su una piattaforma sindacale, si rivolge a tutti i cittadini che vogliono un vero cambiamento” – ha spiegato nei giorni scorsi a il manifesto Landini annunciando la partecipazione di “studenti, precari, giovani, movimenti e associazioni che non vogliono più aspettare e chiedono un nuovo corso”.
In questa fase la piattaforma della Fiom sembra la cosa più seria e concreta messa in gioco a sinistra. Il Pd ormai non riesce a guardare al paese travolto da una lotta interna fra le troppe personalità e anime di un partito mai nato. Rivalità insanabili, giochi di potere interni, che cancellano l’azione e le idee delle persone per bene presenti nel partito che sono state travolte e marginalizzate dalle lotte interne. Altrettanto insufficiente sembra delinearsi il tentativo di Rodotà di far dialogare alcuni pezzi della sinistra e il M5S: non basta il prestigio dell’intellettuale a creare connessioni, soprattutto quando la linea di una delle parti che si vorrebbe coinvolgere viene dettata da strategie di marketing come quelle disegnate dalla Casaleggio Associati per Grillo. E ancora, Sel, nonostante la buona volontà, sta mettendo in campo un’iniziativa fondata sul vecchio metodo (dall’Arcobaleno in poi assolutamente fallimentare) di unire ceti politici e organizzazioni e non puntando alla riorganizzazione dal basso di una sinistra diffusa che non trova più un riferimento nelle organizzazioni politiche in campo.
Per questo la mobilitazione della Fiom assume ancora più importanza. Perché è evidente che un sindacato non si può fare partito, ma è altrettanto chiaro che un’organizzazione come quella guidata da Landini che ha resistito e tenuto il campo nonostante gli attacchi e l’isolamento degli ultimi anni ha una capacità e una credibilità che nessun’altro ha di progetto e azione politica. Ricordiamoceli quei tentativi ossessivi di cancellare la radicalità della Fiom portati avanti dai governi Berlusconi e Monti e dalla Confindustria e in particolare dalla direzione della Fiat targata Marchionne e da quelle due aziende ex pubbliche come Fincantieri e Finmeccanica al centro oggi di inchieste giudiziarie. Sono stati anni terribili. Ma il sindacato ha retto – nonostante gli auspici dei presunti rivoluzionari Grillo e Casaleggio che il sindacato lo vorrebbero cancellare – e la Fiom in particolare ha fatto passi enormi sul piano della coerenza e della credibilità.
Per queste ragioni l’iniziativa del 18 maggio ha un’importanza enorme. Per il paese e per la sinistra. Perché è l’unico luogo dove si potrà cercare un sentire comune fra sindacato, movimenti, persone e perfino pezzi della politica per avviare un tentativo difficile e lungo di ricostruzione di un’area progressista che oggi i partiti tradizionali – e anche la nuova politica – non rappresentano.