domenica, Novembre 24, 2024
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L’euro, il dollaro e il bitcoin

E intanto la crisi avan­za: Cipro, oramai si ca­pisce, non è poi così lontana. “Torniamo alla lira!” urla qualcuno. “No, senza euro va tut­to a fondo!”. Il dolla­ro dal canto suo, non sta troppo bene. Eppu­re, c’è una moneta che va crescendo. Ma nes­suno ne parla…

Sopravviverà l’euro fino al 2015? Probabilmente sì, anche se metà dei paesi che lo adottano non ne sono del tutto convinti. Sopravviverà il dollaro fino al 2015? Probabilmente sì, nonostante la catastrofe del debito pubblico e privato. Sopravviveranno le grandi banche fino al 2015? Sicuramente sì, visto che drenano soldi sia dall’area del dollaro che da quella dell’euro, e non si vedono controtendenze.

E infine: sopravviveremo noi, semplici cittadini, in questo scontro titanico fra monete e banche? Cosa potremo comprare coi nostri (pochi) dollari o euro, nel 2015? C’è una via d’uscita?

E se la moneta fosse indipendente dalle banche? Se fosse, o tornasse a essere, semplicemente una quantità di un qualche bene, riconosciuto dai cittadini? Se questo bene fosse non più il “vecchio” oro o argento ma una merce moderna, la potenza di calcolo per esempio? Se una moneta del genere non nascesse per decisione di qualche multinazionale o governo, ma direttamente – come per Wikipedia e per Linux – dall’incontro di tante volontà e competenze, senza obiettivi diversi, nella rete?

Un sistema economico in cui i soggetti principali non siano le grandi banche e i governi ma un gran numero di cittadini connessi in rete, liberamente. Utopia? Certo. Ma anche Linux, una volta, era un’utopia: oggi fa funzionare la maggior parte di internet. Libero, senza grandi poteri, open source e basato sul web: il mondo del futuro tutto sommato potrebbe anche essere così.

Gavin Andresen spiegava, in un video di due anni fa il ruolo dei cypherpunks (termine ufficializzato dal libro omonimo di Julian Assange del 2012): attivisti che utilizzano le loro conoscenze crittografiche per contribuire a un cambiamento politico e sociale. Chi sono? Oltre allo stesso Assange di Wikileaks, John Gilmore de l’Electronic Frontier Foundation (Eff) e Bram Cohen creatore di Bittorrent e, sempre con maggiore evidenza, Satoshi Nakamoto (nome dietro il quale si cela un gruppo di crittografi di altissimo livello), creatore di Bitcoin.

Poco più di tre anni fa, un utente del forum Bitcoin, che abitava in Florida, chiedeva dove compare una pizza pagandola in Bitcoin. Pagò per due pizze maxi il conto di quarantuno dollari: 10 mila Bitcoin. Il valore di quelle monete oggi supera il mezzo milione di dollari. Qualche giorno fa un canadese ha messo in vendita la propria casa in cambio di Bitcoin.

Bitcoin diventa sempre più diffuso e accettato, quando non apertamente richiesto. I dipendenti di Archive.org hanno chiesto di essere pagati in Bitcoin. La principale piattaforma di blog WordPress e il forum social network Reddit lo utilizzano con successo da mesi

Un Bitcoin oggi (marzo 2013) vale 77 dollari, (59 euro, 51 sterline). Più di un’oncia d’argento, più di un’azione Facebook. La capitalizzazione di mercato di Bitcoin, il valore cioè di tutti gli undici milioni di monete, pari a 800 milioni di dollari, supera il totale del valore della moneta circolante di diversi piccoli Stati.

Una delle caratteristica di Bitcoin tra le meno comprese tra le persone che sono nuove a Bitcoin, e forse la più difficile da mettere in testa è che Bitcoin non ha un’organizzazione o un’autorità centrale.

Persino il gruppo Occupy (Occupy Corporatism) si è imbattuto in questa difficoltà, dicendo cose del tipo: “Bitcoin ha ottenuto lo status di provider di servizi a pagamento (payment service provider)” e “Bitcoin ora ha un numero identificativo di banca internazionale (International Bank ID)”. Anche se la comunità Bitcoin include organizzazioni che si chiamano “Bitcoin Foundation” e Bitcoin Central, nessuna di queste sono qualcosa di simile alle autorità centrali per Bitcoin, non avendo nessun potere nelle caratteristiche del suo funzionamento. Bitcoin Central è solo uno dei cambiavalute Bitcoin tra molti altri – e neanche il più grande. La fondazione Bitcoin è semplicemente un’ organizzazione composta da membri altamente rispettati nella comunità Bitcoin e dagli sviluppatori di un particolarmente popolare software client Bitcoin. Chiunque può potenzialmente creare il proprio servizio cambiavalute e fondazione.

Piuttosto che pensare a Bitcoin come prodotto rilasciato da una tradizionale multinazionale, è più appropriato pensarlo come una merce digitale che si autosostiene, simile all’oro. Ha una sana industria satellitare che fornisce prodotti e servizi basati su di esso, e ha il proprio business e organizzazioni di difesa, ma non esiste una centrale Gold Corporation. I database che mostrano a che indirizzo Bitcoin corrisponde un certo saldo sono tutti salvati collettivamente nella rete usando un network peer-to-peer simile alle reti utilizzate da servizi di filesharing, come BitTorrent.

 

Bitcoin e la stampa italiana

La stampa mainstream italiana (quotidiani e settimanali, anche economici) ha finora trattato Bitcoin in maniera superficiale e a volte apertamente disinformata. Su questo argomento finora fanno informazione –il che è solo apparentemente paradossale– i blog di utenti più o meno e specializzati, il forum BitcoinTalk, il Bitcoin Magazine o anche le poche righe in cui Jeff Garzik, sviluppatore Linux e Bitcoin, rispondendo sul portale Gawker chiarisce ciò che paginate d’inchiostro mal tradotto avevano reso confuso.

Bitcoin è anonimo nel senso che non vengono chiesti dati d’identità, nome e cognome ma le transazioni, contrariamente alle banche con il loro segreto bancario, sono pubbliche e consultabili. Per essere più precisi, l’intero storico delle transazioni viene scaricato da ogni singolo utente Bitcoin prima di poter utilizzare il programma. Con mezzi sofisticati e competenze adeguate ogni buon hacker – compresi quelli dell’Fbi – può risalire a transazioni e utenti. Le contromisure possibili sono quelle comuni al tutto internet (non solo a Bitcoin), come la rete Tor.

Si possono distinguere tre fasi nel rapporto Bitcoin-stampa italiana. Se la prima è basata su stupore e grossolanità -“Se Osama Bin Laden avesse avuto a disposizione un computer in grado di creare Bitcoin velocemente, avrebbe potuto comprare qualunque arma”-, la seconda riesce ad andare oltre. I pericoli e i timori evocati nella prima fase sono affascinanti: banche che crollano, Osama Bin Laden, Cia, hacker, Wikileaks. Nella seconda fase la falsificazione assume connotati pratici ma tirati dentro a forza. La Stampa: “L’Internet segreto delle mafie dove si paga con soldi virtuali”. La Repubblica: “Sesso, droga e armi la faccia cattiva del web”

Ma non è solo in Italia che Bitcoin viene osteggiato in maniera grossolana e a un certo punto – alla prima fluttuazione di valore verso il basso – dato per morto. La stampa italiana si è spesso accodata con traduzioni dei peggiori articoli. (Independent, Wired). In positivo è Forbes il più attento, con lo specialista di monete elettroniche Jon Matonis; e anche l’Economist o il Guardian (questo con tanto di guide pratiche all’uso) hanno fatto informazione accurata.

Il passaggio dalla seconda alla terza fase, nell’approccio della stampa italiana su Bitcoin, è tra ottobre e dicembre 2012. L’articolo de Il sole 24 ore “Baratto2.0 alternativa anti-crisi” appartiene ancora alla seconda fase, ma è arrivata una carta di credito Mastercard compatibile anche con Bitcoin, che di lì a poco verrà utilizzato anche dalla più diffusa piattaforma di blog WordPress, e Bitcoin viene definito “una delle più ingegnose monete virtuali”.

La terza fase psicologica è l’accettazione degli eventi. Un nuovo articolo de Il sole 24 ore del dicembre scorso, “Il Bitcoin ha aperto il conto”, a parte l’inizio sui punti Esselunga e le Millemiglia Alitalia (pubblicità?) fa finalmente autocritica: “Le implicazioni stanno affascinando gli economisti: c’è chi critica e chi invece magnifica le sorti progressive di questa moneta differente dalle altre, che finora solo pochi la prendevano sul serio, nonostante alcune aziende avessero deciso di offrire servizi di cambio con dollari ed euro (oggi attorno ai 13,6 dollari e 10,4 euro). «Eppure – dice l’economista dell’università Bocconi Carlo Alberto Carnevale Maffé – è evidente che il monopolio della moneta per diritto sovrano come lo conosciamo dagli ultimi secoli è messo in discussione e che i mezzi di scambio informativo a disposizione delle persone sono sufficienti a chiudere le transazioni anche in presenza di scarsa liquidità. Questa è una progressiva crepa nel grande muro della moneta così come la conosciamo»”.

È con l’articolo di Carola Frediani per l’Espresso, “Addio Euro pago in Bitcoin”, che riusciamo a leggere un buon pezzo divulgativo; viene anche contattato il moderatore della sezione italiana del forum semiufficiale BitcoinTalk, HostFat.

Un pensiero su “L’euro, il dollaro e il bitcoin

  • Articolo interessante, d’altronde tratta di BTC eheh
    Scopro solo oggi questo sito e spero vivamente che l’argomento sia trattato nuovamente.

    I migliori auguri.

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