Quattro domande ai nostri amici
Grillo, Bersani, Vendola, Ingroia: non sono il massimo, ma c’è chi si fida di loro. Pertanto…
Grillo: ma davvero Alemanno e Vassallo sono la stessa cosa?
Bersani: ma insomma, fra Marchionne e la Fiom, chi dei due ha ragione?
Vendola: perché il mio partitino è sempre l’unico buono e tutti gli altri no?
Ingroia: un’idea: ma perché non fa una bella lista della società civile? Magari funzionerebbe…
D’accordo, Bersani non è Berlinguer, Grillo non è Totò, e Ingroia e Vendola… beh, lasciamo andare. Ma quasi tutti quelli che conosco, che hanno una qualche voglia di “mettere a posto le cose”, votano per uno di loro: questo passa il convento. Il bello è che quasi tutti i miei amici del bar vogliono, con poche varianti, le stesse cose: a sentirli non si direbbe mai che i loro Lìder (grandissimi, s’intende, uno più napoleonico dell’altro) si accapiglino così tanto. Certo, è tempo d’elezioni.
Il brutto è che purtroppo le cose da volere (o non volere) ormai non sono molto complicate. Siamo arrivati al termine, non c’è più tempo per grandi strategie. L’Italia non sopravviverà fino al 2015, se non si cura. Non è solo il fallimento economico, è che proprio non sappiamo più chi siamo. Abbiamo lasciato la democrazia ormai da vent’anni, e non ci ricordiamo più neanche come funzionava.
La democrazia eravamo noi, non chi ci governava. Sapevamo di avere dei diritti (lavorare, votare, scegliere qualche cosa) e persino, alla nostra maniera, dei doveri. Adesso aspettiamo i lìder, Padre Pio o qualcun altro (Monti, come taumaturgo, non ha funzionato) che ci tirino su per il colletto dal pantano. Ma questo non è mai successo.
L’Italia, in tutta la sua lunga storia, non ha mai avuto dei salvatori. Ogni volta, quasi all’osso del collo, s’è salvata da sé.
Il tenente Innocenzi, il compagno Peppone, Salvo che occupò il suo liceo nel Sessantotto: questi sono stati l’Italia. I lìder sono venuti sempre dopo, a cose fatte.