“Se la sinistra si unisce Belaid vivrà ancora”
Non è solo il fragile assetto politico tunisino ad essere spaccato dall’omicidio del leader del Fronte Popolare Chokri Belaid, ucciso a Tunisi il 6 febbraio, ma l’intero Paese
Mentre le opposizioni abbandonano l’Assemblea Costituente accusando il Governo di incapacità a guidare la Repubblica e Rached Gannouchi, capo carismatico del partito di maggioranza Ennhada, scende in piazza insieme a decine di migliaia di sostenitori di fronte all’intenzione del premier Hamadi Jebali di sciogliere l’esecutivo, avenue Bourghiba si infiamma, seguita dalle capitali della rivolta del 2011: Sibouzid, Mezzouna, Kala Keebira e Gafsa.
Perché? Cosa succede ancora in Tunisia? E chi era Chokri Belaid?
A rispondere due delle più impegnate e censurate attiviste e blogger della Rivoluzione dei gelsomini: Lina Ben Mhenni e Henda Chennaoui.
“Dopo l’assassinio di Belaid – spiega Lina Ben Mhenni – Tunisi è sconvolta e i tunisini sono confusi. Da quando Ennhada è al potere le armi in Tunisia circolano liberamente e si assiste ad un crescendo di violenza e omicidi a cui non siamo abituati. Quando Belaid è morto siamo scesi in piazza per esprimere la nostra rabbia contro il ministero degli Interni che ha fallito nel fare il suo lavoro e si è appropriato della rivoluzione popolare.”
“Chokri Belaid – prosegue Henda Chennaoui- era un militante politico, presidente del Movimento dei Patrioti Democratici. Prima del suo assassinio è riuscito, con l’aiuto dell’amico Hamma Hammami, presidente del Partito degli Operai Tunisini, a formare il Fronte Popolare che riunisce diverse forze della sinistra tunisina. Per questo Chokri Belaid è diventato un vero oppositore degli estremisti islamici, smarcandosi dagli altri partiti appartenenti al regime del deposto Ben Ali. Ha spesso criticato il partito al potere Ennahdha per la sua politica che condurrebbe il paese al caos.
In seguito al suo assassinio, è divenuto un’icona, un simbolo della resistenza alla violenza politica. E’ riuscito a riunire più di un milione di tunisini durante i suoi funerali l’8 febbraio scorso. Il suo assassinio è insomma un evento di portata storica, al punto da poter parlare oggi di un prima e di un dopo la morte di Chokri Belaid.”
Belaid aveva manifestato il suo rammarico per una sinistra frammentata e limitata, incapace di fermare il pericoloso salto indietro della Tunisia in seguito alla vittoria politica di Ennahda. È davvero così? La Tunisia, con l’estremismo islamico al potere, sta vivendo un ritorno al passato?
Lina: “Ciò che Belaid diceva è proprio vero. Ennahda non ha fatto nulla per realizzare gli obiettivi della rivoluzione e sta spingendo il paese verso un bagno di sangue, dividendo la popolazione sulla base della religione.”
Henda: “E quel che è peggio, i partiti di sinistra pare non abbiano imparato la lezione neanche dopo la sua morte. Sono sempre divisi e si scontrano in una visione limitata che non va al di là dei propri interessi particolari. Utilizzano finanche la morte di Belaid per negoziare con Ennahda, la prima a finire sul banco degli accusati per questo assassinio.
Penso che Belaid abbia avuto ragione a parlare di “salto indietro” della Tunisia sotto il governo di Ennahda. Le libertà sono continuamente minacciate in una transizione politica ancora lontana dall’esser democratica.”
Lina: “Gli islamisti al potere sono un grande pericolo per ogni singolo paese.”
Una delle speranze dello stesso Belaid e della sinistra tunisina è stata la centralità del ruolo della donna. Tuttavia si sente sempre più spesso parlare degli attentati degli uomini di Ennahda e dei salafiti alla dignità e alla libertà delle donne. Si può parlare di vittoria dell’estremismo? E le donne tunisine come stanno reagendo?
Lina: “Purtroppo i diritti delle donne, delle libertà e dei diritti umani in generale, sono in serio pericolo. Abbiamo sentito parlare di casi di violenza, abbiamo sentito parlare di alcuni leader del partito islamico che hanno tentato di modificare gli articoli del Codice di Statuto Personale. Abbiamo avuto un momento di grande dibattito quando i rappresentanti del partito di Ennahda nell’Assemblea Costituente hanno cercato di cambiare la parola “parità” tra uomini e donne con “complementarità”. E abbiamo dovuto manifestare più volte per impedire loro di danneggiare i diritti delle donne…”
Henda: “In effetti, Belaid era fra i rari attivisti politici a scommettere sul ruolo della donna tunisina quale attore principale del progresso e della democrazia della nuova Tunisia. Adesso la questione femminile si trova in un momento molto difficile. La nuova Costituzione, ancora in fase di scrittura, non garantisce l’uguaglianza dei generi e relega la donna soltanto all’interno del nucleo familiare. Ma, quel che è peggio, la discussione si fa sempre più rara e sempre più evidente è la diminuzione della presenza femminile nelle strade e nei media.
Sfortunatamente, non possiamo rimproverare i soli estremisti islamici per tale situazione. Infatti, persino i progressisti partecipano, almeno in parte, all’aumentare dell’ineguaglianza fra i generi e rimandano l’argomento, asserendo che non si tratta di una priorità e che non è comunque il momento di parlarne. Non prendono parte – o vi partecipano poco – alle attività del movimento femminista, non ne sostengono l’attività di pressione verso il Governo e l’Assemblea Nazionale Costituente. In pratica, la questione della donna, malgrado la sua importanza e gravità, è rimasta circostanziale.”
Lina: “Tuttavia -dissente la blogger di A Tunisian Girl- Non credo che l’estremismo riuscirà a rubare i nostri diritti di donne tunisine, poiché siamo molto educate e consapevoli della loro importanza. Le donne tunisine continuano a fare pressione ogni volta che i loro diritti sono minacciati.”
L’omicidio di Belaid si inserisce in un quadro di generale disillusione delle speranza della rivoluzione dei gelsomini, aggravato dall’alto tasso di disoccupazione, che di regione in regione tocca picchi dal 19 al 26%, e dal divario sociale ed economico fra il nord e il sud della nazione. Ci sono reali speranze di rinnovamento per la Tunisia? E ci sono i presupposti per una nuova rivoluzione?
Lina: “Parlare di cambiamento con le persone al potere in questo momento credo sia impossibile. Sono incompetenti e non stanno lavorando al miglioramento della situazione e alla realizzazione degli obiettivi della rivoluzione. Non sentiamo alcuna volontà di farlo da parte loro. Stanno solo lavorando per soddisfare i propri interessi.”
Henda: “La delusione è in realtà iniziata già dai primi mesi successivi al 14 Gennaio 2011. Innanzi tutto, il ministero degli Interni ha proseguito le stesse pratiche di repressione, ha utilizzato ogni volta la forza contro manifestanti pacifici. In secondo luogo, il popolo tunisino sperava in una vera giustizia che desse delle risposte a un popolo per decenni messo a tacere e oppresso. Non è stato così e lo è stato ancor meno con un Governo che si pretende legittimo.
Il ministero della Giustizia rifiuta da mesi le proposte di riforma per affermare una sua reale indipendenza. A tal proposito, occorre ricordare che le famiglie dei Martiri e dei feriti della rivoluzione aspettano ancora un processo equo per gli agenti di polizia coinvolti negli omicidi dei loro figli. I simboli del regime decaduto di Ben Ali beneficiano ancora dell’impunità.
Nel frattempo il tasso di disoccupazione non smette di crescere e siamo oppressi dalle spese surreali del Governo e dal carovita. Per tutto questo la delusione verso gli obiettivi mancati della rivoluzione è generale. E questa delusione si trasforma, poco a poco, in collera che prima o poi condurrà certamente a una nuova rivolta, stavolta contro gli islamici al governo del Paese. Le parole d’ordine e le domande saranno sempre le stesse: lavoro, dignità e libertà.”
Lina: “Da parte mia sono convinta che non abbiamo più scelta: la nostra rivoluzione non ha ancora avuto successo e dobbiamo portarla avanti.”
Come si profila il prossimo futuro della Tunisia? Un Governo tecnico?
Henda: “Nessuno può pensare di vederci chiaro nel futuro della Tunisia. E ancor meno possiamo essere ottimisti. I dirigenti politici non dimostrano una vera volontà di uscire da questo impasse.
La proposta di Jebali di formare un Governo di tecnici al di sopra delle dispute politiche, non sembra essere la soluzione concreta per condurre in porto la transizione, mentre l’Assemblea Costituente non riesce a produrre un qualunque progetto di Costituzione che rappresenti la maggioranza dei tunisini e che salvaguardi i diritti nella loro dimensione universale. Con tali problemi, non credo possiamo parlare di un futuro sereno per il nostro Paese. Dobbiamo attenderci il peggio.”
Lina: “Staremo a vedere giorno per giorno cosa succederà.”