Processo finito, tutti assolti
“Per anni ci hanno raccontato che la festa era sotto il gioco delle cosche. E’ stata infamata Agata e Catania”; “Lo sanno anche i bambini che la festa è sempre stata sotto il dominio della mafia…”
Così si possono sintetizzare le reazioni dei cittadini catanesi alla pronuncia della IV sezione del Tribunale di Catania, presieduta dal giudice Michele Fichera, che giorno 8 febbraio 2013 ha posto la parola fine su un procedimento che durava dal 2008.
Il processo era stato incardinato per l’accertamento delle presunte infiltrazioni mafiose nell’organizzazione della festa di Sant’Agata.
Erano imputati nel procedimento l’ex presidente del Circolo Cittadino per le festività agatine, Pietro Diolosà, ma anche Francesco Santapaola, Antonino Santapaola, Vincenzo Mangion, Giuseppe Mangion, Alfio Mangion, Agatino Mangion e Salvatore Copia. Tutti sono stati assolti dal Tribunale perché il fatto non sussiste.
Ad ogni modo, ad eccezione per Diolosà, il Pubblico Ministero aveva chiesto il proscioglimento per gli altri imputati perché, per lo stesso reato, erano già stati condannati. In forza del principio giuridico del ne bis in idem, nessuno può essere condannato due volte per lo stesso fatto. Gli imputati, infatti, erano già stati condannati per il reato di associazione mafiosa nel processo Dionisio.
La pubblica accusa ha cercato di dimostrare il controllo della festa da parte delle cosche. Ciò non è stato ma, ferma la verità giudiziaria, i dubbi sulle infiltrazioni mafiose nella festa restano. Rimangono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, che, lungi dal configurarsi come verità assoluta, sollevano interrogativi.
Natale Di Raimondo, reggente a metà degli anni ’90 del gruppo di Monte Po, riferisce che, dietro pagamento di una somma di denaro, riuscì a far arrivare la candelora nel quartiere di Monte Po. Giustifica l’operazione con l’intento di acquisire maggiore prestigio come “mafioso” e per senso di devozione. La somma pagata si aggirava intorno ai 30 milioni; Di Raimondo smentisce uno sfruttamento da parte delle cosche della festa per fini economici. Occorre chiedersi, però, a chi siano stati dati quei soldi e come siano stati utilizzati.
Questi interrogativi si fanno più pressanti con le dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia, Daniele Giuffrida, membro del clan D’Emanuele. Giuffrida afferma che l’interesse a gestire un cero era di natura esclusivamente economica e che ogni settimana si raccoglievano somme dai commercianti. Tali somme erano utilizzate per pagare i portatori, il fuochista, ma anche per acquistare cocaina o armi. Riferisce anche delle scommesse fatte al momento della salita di San Giuliano e ai profitti derivanti dalla gestione della cera.
I fatti che i collaboratori riferiscono risalgono agli anni tra il 1992 e il 1998. Dal 1998 sono passati 15 anni! In questi 15 anni, si sono verificati, annualmente, episodi che gettano ombre e inquietudini sui cittadini catanesi, devoti e non.
Le scommesse documentate sulla durata di alcuni momenti della festa; la gestione non trasparente dei percorsi delle candelore e dei fondi raccolti; episodi, come il sabotaggio di un tombino, realizzato per prolungare i tempi della festa; questo e altro pone la necessità, per amore delle proprie tradizioni e della propria fede, di predisporre una regolamentazione che disciplini l’assunzione dei portatori, la regolamentazione dei percorsi e delle soste, una maggiore trasparenza nella gestione del denaro raccolto dalle candelore.
Queste misure dovrebbero essere ritenute prioritarie sia dai candidati alle prossime elezioni comunali sia dalle associazioni che organizzano la festa che quelle che si auspicano una maggiore legalità della stessa.
Scheda
IN NOME DELLA LEGGE
Inizio del processo: 2008
Organo giudicante: Tribunale di Catania, sez. IV in composizione collegiale composto dai giudici: Michele Fichera, Trapasso e Pivetti
Imputati: Pietro Diolosà, ex presidente del Circolo Cittadino per le festività agatine, imputato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa;
Richiesta del Pubblico Ministero Antonino Favara: 2 anni e 8 mesi di reclusione per
Francesco Santapaola, Antonino Santapaola, Vincenzo Mangion, Giuseppe Mangion, Alfio Mangion, Agatino Mangion e Salvatore Copia imputati per il reato di associazione mafiosa; “non luogo a procedere” perché per il medesimo reato gli imputati erano stati già condannati per tale reato nel processo Dionisio
Decisione del Tribunale: Tutti gli imputati assolti per non aver commesso il fatto