Formigoni il mantenuto
Sembra folclore, ma è l’apice della corruzione. Sempre se, come si deve dire in questi casi, sono vere le ipotesi dell’accusa . Ecco la sintesi. Abbiamo un capo di governo, in questo caso il presidente della regione Lombardia, che fa una vita da nababbo senza spendere un euro. Che prende in uso ville di lusso, fa vacanze di lusso (anche se con ridicolo costumino rosso e ancor più ridicolo marsupio), va abitualmente in gruppo a cena in uno dei più costosi ristoranti milanesi pasteggiando a champagne, e lasciandoci conti equivalenti a quattro stipendi annui di un professore universitario, compra perfino cosmetici di lusso, senza intaccare mai il suo conto in banca.
Le uscite dei pasti, dei viaggi, pare anche dei vestiti firmati, le paga un altro. Che non è né uno zio Paperone né un papà affettuosissimo. E’ un signore che prende tangenti da due grandi cliniche-fondazioni private, la Maugeri di Pavia e la San Raffaele di Milano, per i finanziamenti che, grazie ai suoi buoni uffici, quel capo di governo stabilisce d’imperio a loro favore in nome dell’eccellenza della sanità lombarda. Un signore che verosimilmente usa parte della propria tangente per assicurare al capo di governo medesimo quella vita principesca.
Insomma: un capo di governo mantenuto. Che non fa più la spesa, che può andare in giro senza portafogli e senza carta di credito. Paga il Signor Tangente. Oserei dire che la dipendenza quotidiana da quest’ultimo rende il quadro perfino più sconvolgente (e umiliante per le istituzioni) di quanto sarebbe se il capo di governo avesse intascato direttamente la tangente e se la fosse messa in banca.
Colpiscono tante cose in questa storia, che non avendo precedenti è andata oltre ogni nostra fantasia criminale. Una soprattutto: che il capo di governo si riteneva del tutto al di sopra delle leggi. Zeppo e ingordo del suo formalismo leguleio, era convinto che non intascando materialmente soldi nessuno potesse accusarlo di corruzione, quando invece lo indagano addirittura per associazione a delinquere.
Non prendeva nemmeno la precauzione di fare ogni tanto un bancomat, chessò; o di usare una volta a settimana una carta di credito che aveva comunque alla spalle il cospicuo stipendio di un presidente di regione. Giusto per far vedere, per eventualmente potere obiettare. Nulla, un vero signore del cielo e della terra. Sempre pronto a offendersi e a minacciar querele invece di vergognarsi, di dire almeno, in un impeto di pudicizia, “i cosmetici no, erano per la mia amante”.
Quando si racconteranno questi anni di basso impero, bisognerà partire anche da qui, dall’imperatore che non portava il portafogli e dai suoi cosmetici, oltre che dai festini e dalla ricattabilità per incontinenza di B. Ma anche quando bisognerà, più urgentemente, capire la cavalcata trionfale della ‘ndrangheta in Lombardia, bisognerà partire dal senso delle istituzioni di questo imperatore. E dall’idea che si era fatto di come governare la sanità e il pubblico interesse.