lunedì, Novembre 25, 2024
-mensile-Società

La primavera di Messina

Abbandonato in vista della speculazione: il destino, da anni, del Teatro Fiera. Finché un bel giorno una folla di ragazzi l’ha occupa­to, e ne ha fatto il nuovo cuore della città

A fine novembre apprendemmo che Forza Nuova intendeva sfilare per le strade di Messina. Si decise di indire un corteo antifascista, consapevoli del rischio che comportava. Ma decidemmo di farlo comunque. Perchè il fascismo non è solo un fatto storico ma un rischio permanente in cui qualunque paese può incorrere, maggiormente in periodi di crisi come quello che stiamo attraversando.

Così il 15 dicembre 2012 ci siamo ripresi le strade. Decidemmo di dare un segnale forte: contro l’ignoranza fascista, riprendiamoci la cultura. Attivisti, lavoratori precari e intermittenti, artisti e studenti, donne e uomini che sceglievano di non subordinarsi al sistema dei più forti contro i più deboli, tutti insieme decidemmo di restituire alla città uno spazio da tempo sequestrato dall’incompetenza e dall’incuria delle istituzioni.

Il Teatro in Fiera, da quel giorno, rappresenta il luogo in cui è possibile abitare questa crisi (non solo economica e finanziaria ma di vita individuale e collettiva) provando a tenersi, a stare insieme, a riscoprire un “senso” mentre tutti intorno sembrano averlo smarrito.

Il “senso” per noi è risieduto, dal 15 dicembre in poi, nella gratuità del dono, nel recupero del patrimonio culturale e artistico della nostra città. Risiede nella forza che ci ha permesso di non terrorizzarci quando, appena saliti sul palco, il nostro sguardo si è affacciato sulle macerie della platea: un cratere senza fondo nel quale non abbiamo voluto sprofondare ma che abbiamo deciso di esporre agli avventori di questo luogo.

Abbiamo provato ad aprire una “finestra sulla realtà”. E da quel momento le nostre ragioni acquisivano autoevidenza, splendevano sullo sfondo di una catastrofe. “L’arte rinata”, dice l’istallazione che a lettere cubitali separa oggi il palco dalla realtà.

Visto che la platea era inagibile abbiamo deciso di prenderci il palco. Non più spettatori delle nostre vite ma tutti attori protagonisti. Dal 15 dicembre, a Messina, sembra iniziata una fase nuova. Si sono intrecciate esperienze, storie, vite personali. Da quel giorno s’è capito che la strada da percorrere era quella rivitalizzare la cultura, decretandola come non-neutrale, motore di trasformazione della storia mediante le lotte. Una cultura che scende sul terreno di battaglia, che comprende che non c’è liberazione individuale ma solo collettiva; che esonda dalle mura accademiche e si fa della società, del cambiamento.

Il Teatro in Fiera, ribattezzato “Pinelli”da noi occupanti, era stato costruito nel cuore di una città sventrata da anni e anni di politiche privatistiche. Noi abbiamo scelto di riportare alla luce quelle esperienze che rappresentano un baluardo di resistenza: ci siamo connessi con le vertenze dei lavoratori in lotta,cercando di affiancare alla ricostruzione fisica di un teatro la ricostruzione di una trama di brandelli di società; elaborando di politiche dal basso, riprendendoci e gestendo insieme spazi fin qui negati.

Questi spazi debbono diventare beni comuni, luoghi attraversabili da tutte e tutti, luoghi aperti al confronto; non solo il teatro ma l’intera cittadella fieristica non possono più essere concepiti come oggetto di meccanismi speculativi nell’interesse di pochi privati.

E’ una battaglia aperta, che da qualche giorno vede l’ex Irrera a mare – un altro spazio ri-aperto e restituito – minacciato di sgombero. Il volto ambiguo che le autorità avevano assunto in questo mese riacquista la sua più propria attitudine repressiva. Ma questo non ci spaventa. Sentiamo che s’è iniziato a costruire un percorso comune, che nasce da un territorio preciso ma tiene uno sguardo cosmopolita sul mondo. Sento già forte – e lo leggo anche nei volti delle mie compagne e dei miei compagni – il senso di appartenenza ad una comunità larga, che vuole la liberazione degli spazi ma che non dipende da essa, che ha deciso di tenersi e di lottare insieme. “Possono tentare di recidere tutti i fiori – direbbe Brecht – ma non possono fermare la primavera”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *