La meglio gioventù
Gran parte della società italiana appare oggi impaurita, sconcertata, inquieta. Incerta di fronte al futuro, che teme indirizzato verso derive pericolose. Ed ecco che masse imponenti di giovani sempre più frequentemente invadono le strade e le piazze delle città italiane: per esprimere disagio, protestare contro la situazione disastrosa della scuola e del paese in generale, per comunicare forte preoccupazione e timore per il proprio futuro.
Tutte ragioni legittime e sacrosante per manifestare, esercitando l’inalienabile diritto costituzionale di riunirsi per far valere pubblicamente e liberamente le proprie idee.
Sono la “meglio gioventù”. Ragazzi che vogliono vivere il presente con radicalità. Dove radicalità significa respingere la tentazione di adagiarsi su logiche meramente difensive. Non consolarsi pensando che tanto non ne vale la pena: perché i giochi sono ormai irreversibilmente fatti e le cose – gira e rigira – vanno e finiscono sempre allo stesso modo.
Sono giovani che pensano al futuro non come ad un domani esterno, ma come ad un qualcosa che è dentro di noi e ci corre incontro. Un qualcosa che è preparato proprio dalle scelte che facciamo oggi.
Giovani quindi che non concedono spazi alla rassegnazione, all’indifferenza, al disimpegno e al riflusso – se non addirittura al trasformismo e all’opportunismo, mali che nel nostro paese sono purtroppo assai diffusi. Giovani che manifestando sono anche capaci di critiche argomentate ed intelligenti. Tanto più intelligenti quanto più impermeabili agli idoli della seduzione e capaci di allontanare da sé ciò che appare appunto suggestivo ma di fatto distrae e può portare fuori strada ( come vorrebbero certi oscuri interessi).
Rischiano di portare rovinosamente fuori strada le suggestioni che erutta il mondo parallelo e cupo in cui si nascondono personaggi ambigui che teorizzano e alimentano la violenza, sempre pronti a mescolarsi alle manifestazioni pacifiche per trasformarle in altro, con progressiva escalation verso forme di guerriglia urbana. Un mondo che può contare sull’alleanza della miope e vile sottovalutazione (quando non compiaciuta indifferenza) di forze politiche e culturali che rifiutano sistematicamente di condannare la violenza con la determinazione e la chiarezza che sono invece necessarie. Soprattutto in un paese come il nostro che ha già vissuto la tragica esperienza di una violenza cominciata per le strade in coda a qualche corteo e poi via via cresciuta fino a pratiche terroristiche.
Se si vuole che il nastro non si riavvolga intorno alla violenza, fino ad un nuovo, inesorabile imbarbarimento della vita civile e ad una progressiva involuzione del sistema, occorre opporsi ai tentativi di bieca strumentalizzazione della “meglio gioventù” da parte di chi vorrebbe piegarla a logiche devastanti per la democrazia. Ancora una volta il silenzio su questi temi è complice.