giovedì, Novembre 21, 2024
-mensile-Editoriali

La meglio gioventù

Gran parte della società italiana ap­pare oggi impaurita, sconcertata, in­quieta. Incerta di fronte al futuro, che teme in­dirizzato verso derive pericolo­se. Ed ecco che masse imponenti di giovani sempre più frequentemente invadono le strade e le piazze delle città italiane: per esprimere disagio, protestare con­tro la situazione disa­strosa della scuo­la e del paese in ge­nerale, per comuni­care forte preoccu­pazione e timore per il proprio futuro.

Tutte ragioni legittime e sacrosante per manifestare, esercitan­do l’inalie­nabile diritto costituzionale di riunirsi per far valere pubblicamente e libera­mente le proprie idee.

Sono la “meglio gioventù”. Ragazzi che vogliono vivere il presente con ra­dicalità. Dove radicalità significa re­spingere la tentazione di adagiarsi su logiche meramente difensive. Non con­solarsi pensando che tanto non ne vale la pena: perché i giochi sono or­mai ir­reversibilmente fatti e le cose – gira e rigira – vanno e finiscono sem­pre allo stesso modo.

Sono giovani che pensano al futuro non come ad un domani esterno, ma come ad un qualcosa che è dentro di noi e ci corre incontro. Un qualcosa che è preparato proprio dalle scelte che fac­ciamo oggi.

Giovani quindi che non concedono spazi alla rassegnazione, all’indiffe­renza, al disimpegno e al riflusso – se non addirittura al trasformismo e all’oppor­tunismo, mali che nel nostro paese sono purtroppo assai diffusi. Giovani che manifestando sono anche capaci di cri­tiche argomentate ed in­telligenti. Tanto più intelligenti quanto più impermeabili agli idoli della se­duzione e capaci di allontanare da sé ciò che appare appun­to suggestivo ma di fatto distrae e può portare fuori strada ( come vorrebbero certi oscuri interessi).

Rischiano di portare rovinosamente fuori strada le suggestioni che erutta il mondo parallelo e cupo in cui si na­scondono personaggi ambigui che teo­rizzano e alimentano la violenza, sem­pre pronti a mescolarsi alle mani­festazioni pacifiche per trasformarle in altro, con progressiva escalation verso forme di guerriglia urbana. Un mondo che può contare sull’alleanza della miope e vile sottovalutazione (quando non compiaciuta indifferenza) di forze politiche e culturali che rifiutano sistematicamente di condannare la violenza con la determinazione e la chiarezza che sono invece necessarie. Soprattutto in un paese come il nostro che ha già vissuto la tragica esperienza di una violenza cominciata per le strade in coda a qualche corteo e poi via via cresciuta fino a pratiche terroristiche.

Se si vuole che il nastro non si riav­volga intorno alla violenza, fino ad un nuovo, inesorabile imbarbarimento del­la vita civile e ad una progressiva invo­luzione del sistema, occorre op­porsi ai tentativi di bieca strumentaliz­zazione della “meglio gioventù” da parte di chi vorrebbe piegarla a logi­che devastanti per la democrazia. An­cora una volta il silenzio su questi temi è complice.

 

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