Via del Fucilatore, Catania
Il sindaco cancella i partigiani e dà una strada a Almirante
La Commissione Toponomastica del Comune di Catania si riunisce presso il Palazzo di Città, in piazza Duomo. E’ costituita dal sindaco Raffaele Stancanelli, dai consiglieri Saro D’Agata, Antonio Sciuto e Giovanni Marletta, dai professori Giuseppe Giarrizzo e Sarah Zappulla Muscarà e dall’on.Enzo Trantino. All’o.d.g. l’intitolazione di una via a Giorgio Almirante, proposta da Trantino per conto del “Centro Studi Energie”.
Nel chiostro del palazzo c’è una grande lapide “All’imperitura memoria” coi nomi di trentacinque partigiani morti lottando contro i nazifascisti. Sono solo alcuni dei tanti patrioti catanesi che contribuirono con la vita alla nascita della nuova Italia. Due sono stati onorati con la medaglia d’oro, due d’argento, altri due col bronzo.
Ci sono anche due donne, Graziella Giuffrida, 21 anni, e Beatrice Benincasa, 20 anni – torturate, seviziate e straziate prima dell’uccisione, Graziella a Genova nel marzo del 1945. Beatrice a Monza nel dicembre del 1944. Tutti, donando la vita, hanno contribuito a riscattare la Patria dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista che, con l’aiuto dei fascisti della Rsi, fece stragi di innocenti e alimentò le fornaci dei campi di sterminio.
In quella drammatica fase storica Giorgio Almirante stava dalla parte degli occupanti e dei fucilatori, con un ruolo di primo piano. Fu Capo di Gabinetto del Ministro della Cultura Popolare, in prima fila nella repressione. Dal 1938 al 43, fu segretario di redazione de “La Difesa della razza”, la rivista ufficiale del razzismo italiano. “Esclusivamente e gelosamente fascisti – scrisse nel ’42 – noi siamo nella teoria e nella pratica del razzismo”.
Poi, in due fasi, per lunghi anni fu segretario dei “nuovi fascisti” dell’Msi; prima fino al 1950, poi dal 1969 al 1987. Glorificazione della dittatura, revisionismo storico, maniere “forti”, appoggio al golpe militare greco e a quelli cileno e argentino…
Le freddi lapidi non hanno voce umana ma chi, in questi giorni, stazionando nel chiostro, vi posasse l’orecchio, sentirebbe uno strano ronzio, un alito sommesso, come un grido di dolore. Quasi nessuno di quei nomi, oggi a Catania, ha una strada che lo ricordi.
La Commissione Toponomastica e l’Amministrazione comunale hanno l’obbligo di rispettare il postulato fondamentale previsto nel Regolamento di “rispettare l’identità culturale e civile, antica e moderna della città”. Questa si configura pienamente nei valori e nei principi fondativi della Repubblica, negli uomini e nelle donne che con pensiero e azione hanno direttamente contribuito alla realizzazione. Intitolare una strada a Giorgio Almirante serve solo a chi non ha rispetto delle memorie patrie democratiche, ai vecchi e nuovi fascisti.
Negli anni costoro qui non sono mai mancati. Non tanto per le “glorie” elettorali del Msi, quanto per le numerose e continue pratiche di violenza. Aggressioni, bastoni, catene, e bombe; con forte recrudescenza nel periodo “nero”, specie nel ‘72. Assalti ed attentati a decine: l’esplosione nei servizi dell’Università (aprile 1969), l’accoltellamento del giovane Mimmo Rapisarda (stesso mese), la bomba alla sezione del Pci Grimau ( novembre 1970), , quella alla federazione del Pci (giugno 72), quelle alle due sedi del Pci di Adrano (luglio), e poi alla libreria Feltrinelli e alla cooperativa Camst (settembre); l’accoltellamento del giovane Roberto Pecoraio (gennaio 1972), l’aggressione a Benito Cerra, candidato Pci (maggio 1972).
“Ecco le prove – Titolava L’Ora 30 luglio 1972 – sui campi militari organizzati dai fascisti in Sicilia”. Per vari anni la città fu area di transito per uomini e mezzi vari dell’estremismo eversivo neofascista.
Negli ultimi dodici anni, i rappresentanti delle amministrazioni della destra, i sindaci Scapagnini e Stancanelli non hanno mai preso iniziative per celebrare il 25 aprile, né mai hanno onorato la lapide dei martiri nel chiostro del Comune. Nel 2002 l’amministrazione comunale, pur con forti opposizioni titolò tre strade della città a esponenti del fascismo vecchio e nuovo: il gerarca Anfuso (ambasciatore della Rsi presso Hitler) e i missini Pecorino e Santagti. La moglie di Almirante dal sindaco Scapagnini (ormai ex, condannato al carcere per reato elettorale con l’interdizione dai pubblici uffici) fu ricevuta in Comune in forma quasi “istituzionale”. Nacque lì la promessa dell’intitolazione della strada?
Un dato è certo. In città la “memoria è viva”. E’ con questo spirito che è nato il “Comitato antifascista catanese NO alla strada Almirante” . A pochi giorni dalla sua determinazione aderiscono già oltre trentacinque strutture associative, sociali, sindacali e politiche.
Non sarà facile per lorsignori oltraggiare i valori della memoria civile e democratica, radice dell’oggi e faro del domani, nella formazione dei valori fondamentali della cittadinanza e dell’insegnamento per le nuove generazioni.
Si onori, tra i tanti catanesi che si opposero al fascismo, il prof. Carmelo Salanitro, condannato a diciott’anni per attività antifasciste poiché ”sobillava” i ragazzi della scuola contro la guerra scatenata dai nazifascisti, gasato nel Lager di Mauthausen il 24 aprile 1945. E non chi, in quelle tragiche giornate, come scandito dal manifesto pubblicato il 17 maggio 1944 a Grosseto, a firma di Giorgio Almirante (in nome del gerarca Mezzasoma) sanzionava la pena di morte per gli “sbandati” che non intendevano “collaborare” con i nazisti e il loro progetto sterminatore.