Noi ci rappresentiamo da soli
“Contro la svendita del nostro futuro”
Cartelli e striscioni non vanno neanche scritti, si usano quelli della preceente manifestazione, e di quella prima e prima ancora, perché in questo inverno molto caldo, e da un po’ di tempo in qua, si scende spesso in piazza, e a farlo sono sempre più loro, i ragazzi.
A Catania, per esempio, hanno manifestato in diecimila per la scuola pubblica, con un corteo che da piazza Roma ha sfilato per corso Italia e via Umberto fino a villa Bellini. Hanno protestato contro il governo Monti, chiedendo più stanziamenti per l’istruzione e pretendendo garanzie per un futuro ormai difficile anche solo da immaginare.
Si protesta da Firenze – dove i ragazzi hanno bloccato simbolicamente la stazione di Santa Maria Novella – a Napoli con gli operai di Pomigliano che hanno sfilato con gli studenti, a Palermo insieme ai cassaintegrati della Gesip.
A Roma hanno manifestato pure i fascisti di CasaPound, anche se in piazze diverse dagli altri cortei, perché ormai le prospettive per i giovani in Italia sono più nere di qualunque camicia. Non dimentichiamo però come proprio le idee più pericolose hanno trovato sostegno in periodi di grave crisi.
Studenti, Cobas, Flc-Cgil, Unione degli Universitari, lavoratori più o meno precari: sono tante le realtà messe insieme dalla protesta che oltre i tagli alla scuola contesta la proposta del ministro Profumo dell’incremento delle 24 ore lavorative per i professori.
Sono soprattutto gli studenti delle superiori a costituire il corpo dei cortei, i giovanissimi, che di futuro ne avrebbero ancora tanto e potrebbero pensare a divertirsi e non a preoccuparsi di crisi del lavoro, salari insufficienti e austerità.
Questi ragazzi però hanno già imparato ad aprire gli occhi, hanno amici che sono alla università e non li sentono parlare di prospettive dopo la laurea, hanno fratelli e sorelle disoccupati o precari, a volte gli stessi genitori con problemi di lavoro. E non ci stanno. Non vogliono vivere fin da ora la paura di una quotidiana incertezza.
Così si scende in piazza, e mentre alla vigilia delle prossime elezioni politiche “i grandi” ragionano di possibili Monti Bis, tombola delle coalizioni di partito, opportunità di uscire dall’area euro, aspettando di vedere cosa farà l’imminente prossimo governo, i ragazzi si autorappresentano.
Non si riconoscono nei partiti, né nei sindacati, e non intendono riporre la loro fiducia e loro sorti nelle mani di personaggi e organizzazioni cui attribuiscono la responsabilità dei problemi attuali. Sono quelli di “Noi La (vostra) Crisi Non La Paghiamo”.
Forse è una caratteristica dei giovani di non credere ai grandi, o forse è l’inizio della nascita di nuovi movimenti.