Quando Diego brindava coi camorristi
La foto è saltata fuori dopo 26 anni dall’ album segreto del clan. Nel calcio scommesse la cosca di Forcella aveva il suo business
Questo scatto – fin ad ora ignoto – farebbe parte di un book di settanta foto, molte delle quali dedicate alle feste private, organizzate a Forcella, tra i padrini del clan e il fuoriclasse Diego Armando Maradona, sequestrate il 27 febbraio 1987, dalla Squadra mobile di Napoli, nel corso di un controllo nell’appartamento di Carmine Giuliano, ‘o Lione all’epoca latitante.
La cosca di Forcella fu il “socio di maggioranza” della Nf (nuova famiglia), un’alleanza che condusse una guerra spietata contro la Nco di Raffaele Cutolo disseminando le strade della città di morti ammazzati. I Giuliano a cavallo degli anni Ottanta e Novanta comandavano a Napoli come in provincia.
L’attività illegale più lucrosa della cosca era il calcio scommesse, il traffico di droga, il contrabbando senza dimenticare il lotto clandestino, la merce taroccata, il racket e l’usura. Il ricordo corre a quegli anni e di come il Napoli perse clamorosamente – contro tutti i pronostici – il suo secondo scudetto – dato già per vinto – e strappato “inspiegabilmente” dal modesto Milan di Arrigo Sacchi.
Diego Armando Maradona era di casa al rione Forcella. Frequentava i Giuliano, era in rapporti con loro, riceveva favori, faceva favori. Una pagina giudiziaria che non è stata mai davvero approfondita fino in fondo.
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Impressiona la foto che pubblichiamo, altro che “cattive amicizie”. Partendo da destra dietro il Pibe de oro c’è Luigi Giuliano, cugino omonimo del boss Lovigino ma più noto per essere il padre di quel Salvatore, che il 27 marzo del 2004, uccise nel corso di un conflitto a fuoco la 14enne Annalisa Durante.
Si vedono Carmine ‘o Lione e Raffaele ‘o Ziu Giuliano. Poi c’è un altro Luigi Giuliano detto Giggino ‘a Zecchetella, figlio di Giuseppe (ammazzato in un agguato in vico Carbonari) e fratello di Pio Vittorio, padre di Lovigino e fratelli che costituirono l’architrave del clan. Infine c’è Enzo Guida, cognome altisonante e personaggio di spessore.
Dalla foto – in modo postumo – si capisce che Diego conosceva bene i vertici del clan e li frequentava con disinvoltura e senza imbarazzo. La domanda è scontata: queste amicizie influirono, condizionarono sui risultati del Napoli di quegli anni? E Maradona cosa ricorda?
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Un’attrazione fatale quella dei boss con i campioni del calcio. Del resto si farebbero cose da pazzi per farsi immortalare in una foto con il proprio beniamino.
Non è sempre tutt’oro quello che luccica. Fa davvero una certa impressione venire a sapere che gente osannata come Ezequiel Iván Lavezzi, Marek Hamsik, Fabio Cannavaro, Roberto Carlos, Mario Balotelli e altri per curiosità, per superficialità, per casualità vengono a contatto con padrini, affiliati, latitanti, pregiudicati.
Insomma ormai non ci si meraviglia più di nulla se escono fuori scatti compromettenti e storie che fanno davvero accapponare la pelle.
Diego Armando Maradona ha fatto scuola. Dopo di lui, gli altri. Chi ha vissuto e visto da vicino le frequentazione de El Pibe de oro negli anni del suo interregno a Napoli adesso non si meraviglia più di nulla.
Se il calciatore Hamsik è ritratto in un ristorante napoletano accanto al boss scissionista Domenico Pagano appare quasi come una fatto normale. Si sa poi a Napoli c’è la camorra e bisogna pur conviverci. E’ la giustificazione che all’occorrenza si tira fuori dal cassetto delle scemenze per autoassolversi.
Non fa notizia neppure se nel corso di una perquisizione in un covo di Scampia gli investigatori trovano un paio di foto fatte in Spagna dove sono ritratti il campione del mondo Fabio Cannavaro con un malavitoso e il calciatore Roberto Carlos con un personaggio di rango della camorra quando entrambi i campioni militavano nel Real Madrid.
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L’obiezione è immediata: anche i camorristi sono dei tifosi. Nulla da eccepire. Ma ciò che inquieta è l’attrazione fatale tra mondi solo apparentemente distanti. Una prova è lo strano tour di Mario Balotelli nelle Vele di Scampìa con annesso incontro con i capi-piazza e sguardo alla mercanzia.
Non colpisce neppure l’ex fuoriclasse del Napoli Lavezzi che durante un interrogatorio attinente il processo sul riciclaggio ammette di conoscere il latitante Antonio Lo Russo, figlio dell’ex boss e adesso collaboratore di giustizia Antonio O’ capitone. Anzi si scopre che i due si frequentavano assiduamente.
“Non sapevo che fosse un camorrista. Veniva da me perchè sapevo essere un tifoso ultrà del Napoli. Con Antonio Lo Russo giocavo spesso con la play station”. Verità parziali. A volte agganciare ultrà estremisti e personaggi contigui alla camorra, serve agli stessi calciatori per giocare con minore pressione. A volte poi possono tornare utile certe frequentazioni ad esempio quando bisogna andare a ridiscutere i contratti con la società.