Unict, per Maggio proroga e superstipendio
Esposto Uil: «Anomalie nella scelta»
Uno stipendio da quasi 164mila euro all’anno e un iter di assegnazione dell’incarico (che sarà prorogato per 4 anni) giudicato “anomalo”. La Uil Rua ha presentato un esposto alla Corte dei conti e alla Procura sulla nomina di Lucio Maggio a direttore generale dell’Università di Catania. «Da tre anni non ci sono contrattazioni né relazioni sindacali, non ci restano altre strade». L’Ateneo replica: «Tutto regolare»
Un incarico pesante, di grande responsabilità e a tratti poco invidiabile visti gli ultimi mesi di intense polemiche. Quello di Lucio Maggio – ex direttore amministrativo dal 2009 e adesso direttore generale dell’Università di Catania, secondo la nuova denominazione assunta con il nuovo statuto – è anche un lavoro ben remunerato. Uno stipendio lordo da quasi 164mila euro – 163.914,54 per la precisione – più un possibile bonus del 20 per cento complessivo. «Con 14 lavoratori a rischio e in tempi del genere, non è una cosa moralmente normale», afferma Nino Gatto, segretario generale della Uil Rua di Catania. Lo stipendio del dirigente era già stato al centro delle polemiche in passato, quando noi di Ctzen lo avevamo confrontato a quello del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo. Adesso la polemica si estende alle modalità di scelta del prof. Maggio.
Un esposto presentato alla Corte dei conti e alla Procura della Repubblica ripercorre l’iter che ha portato alla nomina di Maggio – che fino a poco prima del suo incarico era ricercatore di Diritto romano dell’ex facoltà di Giurisprudenza – prima a direttore amministrativo (nel giugno 2009) e poi, dopo l’entrata in vigore dello statuto, a direttore generale. Un ruolo affidato in maniera anomala – sostiene il sindacalista – senza una selezione che tenesse conto delle altre figure che potevano potenzialmente ambire al posto. Viene ritenuta strana – visti i tempi di revisione di spesa e ristrettezze nella pubblica amministrazione – anche la clausola che lega per altri quattro anni Maggio al suo posto, nonostante a febbraio si debba votare per il nuovo rettore. «Un po’ di allegria in questa gestione c’è», afferma Nino Gatto. La replica di palazzo Centrale non si è fatta attendere molto. «L’Ateneo conferma che le procedure per tali nomine sono state eseguite nel più rigoroso rispetto delle leggi, dei regolamenti e dello statuto vigenti – si legge in una nota inviata alla stampa – Nelle ultime sedute del Consiglio di amministrazione (venerdì 26 ottobre) e del Senato accademico (lunedì 29 ottobre), inoltre, il rettore Antonino Recca ha comunicato di aver conferito pieno mandato ad uno studio legale “al fine di predisporre una relazione con la quale si chiarisca alle autorità interessate l’iter procedurale seguito dagli organi di questo Ateneo per il conferimento dei superiori incarichi, nonché di vagliare ogni altra opportuna azione a tutela degli interessi dell’Ateneo”».
Una nuova guerra di carte bollate, come quella che ha contraddistinto l’approvazione del tribolato statuto, giunto perfino davanti al Tar? «Da tre anni non ci sono contrattazioni né relazioni sindacali – afferma con decisione Gatto – non ci restano altre strade». I rapporti tra il rettore Antonino Recca e i rappresentanti sindacali sono sempre più tesi, come risulta dall’ultimo scontro in merito alle nuove linee comportamentali da tenere in caso di provvedimento disciplinare. Nel corso dell’assemblea pubblica di venerdì 26 ottobre c’era stata l’apertura del Magnifico al dialogo. Poi la marcia indietro di lunedì, quando il Senato accademico ha approvato la mozione che obbliga il Rettore ad occuparsi solo dell’attività ordinaria fino alla scadenza del mandato. Una tensione che si riflette su tutta la comunità accademica, ma che sembra tramutarsi in uno strano status quo. «Mi intristisce questo silenzio – spiega il sindacalista – Dove sono i docenti e il personale? E i candidati rettore?», si chiede. Insomma, a parte qualche eccezione, sembra che il dialogo all’interno del Siculorum Gymnasium sia temporaneamente sospeso. Anche su temi che avrebbero dovuto infiammare un dibattito. «Manca la coscienza civica della comunità», conclude pensieroso Nino Gatto.
(“Ctzen”, 3 novembre 2012)