“Cara compagna Camusso…”
Lettera aperta dalla Sicilia alla segretaria della più antica organizzazione sindacale
Cara compagna, ho appreso, nel corso di una riunione alla CGIL, che saresti venuta domenica 14 ottobre all’hotel Excelsior di Catania.
Per un momento ho collegato l’evento alla drammatica crisi del lavoro che domina le nostre comunità ed alla necessità di preparare la manifestazione del 20, premessa, forse, di uno sciopero generale. Un’azione di lotta molte volte promessa, deliberata, minacciata e sempre rinviata in ossequio alla politica di unità nazionale che, Monti duce, il PD persegue ed impone.
Una grave ingenuità la mia.
Si tratta soltanto di una manifestazione elettorale di sostegno alla Segretaria Generale della CGIL Sicilia ed al suo candidato presidente Rosario Crocetta; ammetterai che si tratta di una scelta pesante, alcuni dicono sconcertante. Certo, nel tempo non sono mancate iniziative simili. Basterà ricordare, alle ultime amministrative, il tonfo della segretaria di Agrigento e, prima ancora, di Italo Tripi. Non sappiamo se analoga sorte colpirà Mariella Maggio.
Il problema vero è che è in atto da anni, in forma pubblica o sotterranea, la tendenza a trasformare la CGIL in un comitato elettorale del PD e che questa tendenza è tanto più grande quanto minore è l’insediamento sociale delle due organizzazioni.
Ricordiamo l’esito infelice di Faraone a Palermo nonostante il visibile appoggio della SLC. Un caso di familismo sindacale che articola la più vasta categoria del familismo amorale.
Ora il problema è questo: posto che la CGIL ha dichiarato l’incompatibilità tra cariche sindacali e mandato elettorale, e conseguentemente l’indisponibilità delle strutture nella competizione, cosa deve intendersi per struttura? La/il Segretaria/o è una struttura.
È naturalmente del tutto legittimo che la compagna Camusso si batta per le sue idee, ma è del tutto inopportuno che entri così pesantemente in campo. Il problema è ulteriormente complicato dalla natura della coalizione che viene a sostenere e che è in assoluta continuità con la devastante esperienza Lombardo e dalla manifesta volontà, al di là della concorrenza elettorale, di ricongiungersi, nel governo, delle due frazioni in cui si sono divisi i lombardiani: Crocetta e Micciché.
E che di unità, sotto l’egida della Confindustria Sicilia, si tratti è mostrato dal reciproco riferimento alla manifestazione interclassista, di unità sicilianista, del 1° marzo, unica originale iniziativa del sindacato siciliano.
Che l’esperienza Lombardo sia stata disastrosa ci è stato detto chiaramente dalla Corte dei Conti, dalla UE, da tutti. È facile, è ragionevole, chiunque lo capisce, ma è una semplicità che è difficile da fare. Così è stato per il PD siciliano che, dopo lacerazioni interne, ha minacciato, a dimissioni di Lombardo già annunziate, una mozione di sfiducia, ma non ha avuto il coraggio di presentarla. Come diceva don Abbondio, non c’è nulla da fare: se uno il coraggio non ce l’ha non se lo può dare.
È stato difficile trovare nella CGIL siciliana qualcuno che abbia dato un giudizio positivo su Lombardo. Mariella Maggio ha sempre dosato i suoi commenti, spesso analiticamente acuti, ma non ha mai mosso un muscolo per interrompere quell’esperienza. Solo tu, in un’intervista alla Sicilia, quando già incombeva sul Presidente l’inchiesta Iblis, hai dato una valutazione moderatamente ottimista: avevamo sorvolato pensando “viene dal continente, non sa di che cosa parla, cu sapi chi ci ‘ncucchiaru”.
Ora comunque, se Crocetta ti sta bene, bene!
Ognuno porta su di sé la croce delle proprie responsabilità.
Ma se non possiamo convenire su questo giudizio, almeno possiamo condividere valutazioni, diciamo, di natura estetica:
Crocetta è impresentabile.
Nelle sue lunghe dichiarazioni alla stampa, nelle decine e decine di pagine a pagamento sui quotidiani e settimanali, il suo è un linguaggio violento verso gli avversari, o, più semplicemente, verso quelli che non condividono il suo percorso. A questi spettano o gli appellativi di checche isteriche o di terroristi (Renato Curcio sarebbe l’unico più a sinistra di lui).
Naturalmente, verso le donne, il tono è più leggero. Così Giovanna Marano è soltanto “scema” e comunque si può sanare la gaffe inviandole un cesto di rose. Il peggiore maschilismo siculo. Ci saremmo aspettati da te, da Mariella Maggio, un sia pur timido distinguo. Ad una prestigiosa dirigente sindacale, così come ad ogni compagna/o è dovuta quella solidarietà che costituisce il filo che dovrebbe unirci nella CGIL. Al di là del vincolo associativo avrebbe dovuto muoverti quella forte solidarietà di genere che pure, con forza, e più volte, hai evocato anche in occasione dello SNOQ.
Per questo non verrò ad ascoltarti. Raccoglierò firme per i referendum 8×18 che tu così irragionevolmente osteggi.
Con immenso rammarico
Un vecchio compagno della CGIL