Un pezzetto di democrazia
Più diritti ai cittadini, più voce al volontariato. Una piccola “riforma” strappata, a Catania, da un comitato di base, il Noi decidiamo. Ne fa parte Mirko Viola. L’intervista.
Nel 1995 il Consiglio Comunale di Catania sancì lo Statuto Comunale, ma solo da pochi mesi è stato approvato il regolamento attuativo, grazie al “Comitato Noi Decidiamo” di cui fai parte. Quali vantaggi ne avranno i cittadini e le cittadine di Catania?
“Non rimarranno più inascoltati. Potranno finalmente fare sentire in modo forte e chiaro la loro voce, le loro richieste, le loro proposte. Avranno, anzi hanno, la possibilità di contare nella risoluzione dei problemi della città e di contribuire alle decisioni che li riguardano”.
Nello Statuto si parla di diritti esercitabili da cittadine e cittadini; quali sono e che vantaggi danno?
“Il nostro Statuto è stato uno dei primi ad prevedere una gamma molto ampia e diversificata di strumenti attraverso i quali tutti i cittadini possono partecipare attivamente alla vita della città. Dal diritto di udienza (tutti i cittadini hanno il diritto di essere ricevuti dagli amministratori, che sono tenuti a rendere pubblici giorni e orari riservati al pubblico) al diritto di petizione: cinquecento cittadini possono presentare al consiglio comunale una petizione, che va discussa in una seduta apposita entro tre mesi; se il consiglio non l’approva la petizione, lo deve motivare e pubblicizzare.
Poi c’è il più incisivo di tutti, il diritto di referendum. Il Comune ammette referendum abrogativi, consultivi e propositivi in ordine a questioni d’interesse generale e relativamente alle materie di sua esclusiva competenza; il referendum abrogativo è indetto su richiesta di tre consigli di circoscrizione o del tre per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali per l’elezione del consiglio comunale. Il risultato del referendum vincola l’amministrazione”.
Che funzioni hanno con questi diritti le associazioni di volontariato?
“Il nostro Statuto consente l’esercizio di questi diritti non soltanto ai singoli cittadini, ma anche alle associazioni. Tre associazioni possono presentare una petizione al Consiglio direttamente, senza raccogliere firme; cinque associazioni hanno il diritto di proporre uno schema di deliberazione consiliare”.
A parte il valore della partecipazione diretta dei cittadini, il diritto di referendum può cambiare concretamente qualcosa nella vita della gente?
“Il diritto di referendum è importante perché obbliga l’Amministrazione a rispettare la volontà popolare emersa dal referendum. Sono escluse alcune materie: quelle relative ad elezioni, nomine, designazioni, revoche, decadenze ed alla disciplina giuridica del personale; tributi ed espropriazioni per pubblica utilità; i regolamenti interni; bilancio preventivo e conto consuntivo; l’esecuzione di norme statali o regionali; la tutela di minoranze etniche o religiose; e quelle già oggetto di referendandum negli ultimi tre anni.
A parte queste, tutti i provvedimenti dell’Amministrazione (Giunta e Consiglio comunale) possono essere messi in discussione se il tre per cento dei cittadini iscritti nelle liste comunali decide di esercitare il diritto di referendum”.
Formichine e gattopardi
Una piccola storia esemplare: a Catania, una delle città peggio amministrate d’Italia, quattro anni fa un gruppo di giovani decide di sfruttare uno spiraglio legislativo per ottenere il diritto al referendum comunale, uno strumento notevole in mano ai cittadini. Lavoro lungo e minuto, portato avanti con pazienza e serietà da un gruppo di assiciazioni e, al loro interno, di giovani “politici” emergenti. Che ovviamente non sanno d’esser tali: non hanno nulla a che vedere col Palazzo, né appartengono alla casta dei vari, giovani e vecchi, notabili locali.
Eppure politici sono, e molto di più e più seriamente di quelli “ufficiali”. Lavorano per la “polis”, dimostrano competenza, non hanno ambizioni meschine, non ci guadagnano niente.
Pensate a tutta una classe di “politici” così, giovani, disinteressati, appoggiati dai movimenti civili e dal giornalismo di base.
Ce la farebbero a cambiare Catania? Noi pensiamo di sì. Sarebbero un esempio da seguire anche altrove? Noi pensiamo di sì.
Intanto, nei corridoi del Palazzo, altri “giovani” si preparano (dei nomi? Pogliese e Berretta, destra e “sinistra”, uniti con la benedizione di Ciancio) a “rinnovare” tutto per non cambiare niente. Vediamo come andrà a finire, se alla fine vinceranno le formichine o i gattopardi.