Gens de voyage
Parigi. Louis de Gouyon Matignon ha ventuno anni appena compiuti, sangue blu da nipote di marchesi, una carriera universitaria in giurisprudenza, un’estate – quella appena passata – passata al Senato come assistente del deputato Ump Pierre Hérisson, presidente della commissione per i gens du voyage, ma soprattutto una passione per la musica manouche che lo ha portato fino agli accampamenti nomadi di tutto il paese.
“Non appartengo a nessun partito – dice lui – se la persona incaricata a livello statale della causa degli zigani fosse stata di estrema sinistra, avrei comunque fatto lo stage. Detto tra di noi, sono vicino all’Ump. Ma non voglio iscrivermi perché non voglio che la mia causa diventi un dibatto politico”.
La sua causa è dunque quella dei gens du voyage, una categoria giuridica che indica i nomadi, tra le 400mila a 600mila persone presenti sul territorio francese.
Anche se la maggior parte di loro ha nazionalità francese, il loro status è una deroga al diritto comune e la loro cittadinanza è limitata. Una legge del 16 luglio 1912 prevede infatti che i “nomadi”, i “senza domicilio fisso o residenza” e i “viaggiatori” debbano tenere un libretto di circolazione da far validare ogni tre mesi negli uffici competenti.
Il documento non sostituisce la carta d’identità nazionale, ma a causa della disinformazione, molti di loro non ne hanno una. Sono passati cent’anni dalla pubblicazione della legge, e i libretti sono ancora lì. Inoltre, la registrazione nelle liste elettorali può essere fatta solo al termine di tre anni di residenza ininterrotta nella stessa città, un periodo che pochi passano nello stesso luogo. La maggioranza dei nomadi, quindi, non può esercitare il diritto di voto.
Tuttavia il dibattito in parlamento è aperto, e de Gouyon Matignon prevede una imminente abolizione dei libretti. Tiene talmente tanto ai suoi amici nomadi, che questa giovane promessa della politica francese ha fondato un’associazione in difesa della cultura zigana.
Le sue campagne hanno poco a che vedere con le polemiche suscitate dalla politica dell’ex presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy, che si era occupato dell’allontanamento dal suolo nazionale dei Rom non francesi, cittadini rumeni o bulgari, quindi comunitari, aventi diritto alla libertà di circolazione in Europa. De Gouyon Matignon ne è cosciente. “Bisognerebbe accoglierli – commenta – non tanto come cittadini comunitari, quanto richiedenti asilo politico”, e si riferisce alle condizioni discriminatorie nell’Est Europa.
“I gens du voyage sono francesi con stile di vita nomade riconosciuto. I Rom sono cittadini comunitari che vengono dall’est dell’Europa, e gli Zigani sono costituiti da 3 gruppi di origine indo-greca che sono partiti nell’undicesimo secolo dall’India, e oggi li chiamiamo Rom se vengono dall’Est Europa, manouche se vengono dall’Europa occidentale e gitani se vengono dalla penisola iberica. Tra i gens du voyage, abbiamo gli zigani-manouche in Europa occidentale. L’altra comunità importante è quella dei Jenish, di origine tedesca, partita nel XVII secolo a seguito della Guerra dei Trent’anni”.
A 16 anni, chitarrista appassionato di jazz manouche, ha cominciato a cercare i musicisti nomadi ai quattro angoli della Francia. Oggi, per contattarli, ha i loro numeri di telefono anche se “dopo cinque anni, appena arrivo in un posto nuovo – tiene a precisare – percepisco subito se ci sono gens du voyage nei paraggi”. Sul suo Iphone mostra la mappa dei luoghi dove è stato e dove ha fotografato volti segnati dal sole e antiche carrozze tirate ancora dai cavalli. Ha trovato una famiglia che lo ha “adottato” e ha imparato la loro lingua.
“A dicembre esce il primo dizionario Manouche-Francese, l’ho sto scrivendo io”, dice con fierezza. Da cinque anni, quindi, lascia la sua casa nel sedicesimo arrondissement, uno dei più eleganti e ricchi di Parigi, e parte alla ricerca delle giostre itineranti – luoghi spesso associati alla cultura nomade – e dei gens du voyages.
“Due volte al mese dormo da loro – dice – e l’estate scorsa ho viaggiato per tre mesi e mezzo”. Dalla musica alla religione, l’interesse per questa gente lo ha anche portato alla conversione al culto evangelico.
Li conosce bene e pensa che il mescolamento coi francesi “sedentari” possa causare la perdita della lingua e delle tradizioni. E anche, dubita che obbligare i bambini di queste comunità ad andare a scuola possa essere di beneficio alla loro cultura.
L’intervista è finita e lui tiene a spiegare cos’è quella spilletta che ha attaccato alla giacca e che non è sfuggita all’attenzione dal primo momento. Una specie di fiore rosso su uno sfondo di due bande blu e verde. Il simbolo degli zigani. Cosa altrimenti?