Stazione di Bologna. Trentadue anni
“E’ nel cuore torbido delle istituzioni che vanno ricercati i mandanti”
Stazione di Bologna, 2 agosto 1980, ore 10:25. Nella sala d’aspetto di 2ª classe della stazione di Bologna esplode un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata. Un boato, 85 morti, 200 feriti e le lancette di quell’orologio che si fermano.
Per la strage politica di Bologna esiste una verità giudiziaria. Condannati come autori materiali della strage i terroristi di destra Giuseppe Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, che ad ogni modo continuano a dichiararsi innocenti. Sui mandanti invece non ci sono certezze.
“È nel cuore torbido delle istituzioni che vanno ricercati i mandanti” dice il manifesto dell’associazione dei parenti delle vittime della strage per quest’ennesimo anniversario senza verità.
DIECIeVENTICINQUE a Bologna vuol dire qualcosa.
È un simbolo, un orologio interrotto con quelle lancette ferme che stiamo provando a rimettere in moto. Quell’orologio è il simbolo di una storia, che ci unisce e che da nord a sud ci rende uguali.
Bologna come Palermo. Palermo come Bologna.
Intervista a Paolo Bolognesi
Presidente dell’associazione delle vittime della strage di Bologna
La domanda che tutti si sono fatti ripensando al 2 Agosto è “perché?”. Tutti gli atti, anche i più brutali, hanno uno scopo o una logica seppur orribile. Qual è il senso di quella bomba?
Creare una situazione di tensione, affinché l’opinione pubblica fosse orientata verso un blocco moderato. Noi abbiamo avuto un periodo piuttosto lungo in cui il regolare corso democratico del nostro paese è stato condizionato da stragi e terrorismo.
Prima c’è stata la strategia della guerra rivoluzionaria promossa dall’istituto Pollio, quella che considerava qualsiasi metodo, anche il più riprovevole, lecito e giusto purché il partito comunista non andasse al governo.
Poi c’è stata la strategia della loggia P2 che prevedeva lo svuotamento dall’interno delle istituzioni attraverso il controllo di quest’ultime: il cosiddetto “piano di rinascita”. Non è un caso che nel periodo della strage di Bologna, tutti i vertici dei servizi fossero iscritti alla P2.
Chi è stato?
Facciamo un discordo molto chiaro. In Italia ci sono state tredici stragi, escluse quelle di mafia.
In tutte non si è arrivati ai mandanti, in tutte abbiamo avuto i servizi segreti che hanno cercato di depistare, proteggendo gli esecutori materiali. In alcuni casi si è arrivati a trovare gli autori materiali attraverso i collaboratori di giustizia. Una sola volta per via giudiziaria: nel caso della strage di Bologna.
Ora, i vertici dei servizi sono nominati dalla presidenza del consiglio, quindi è lì che bisogna cercare i mandanti, quelli che hanno la responsabilità politica delle stragi. Una prova che non si sta parlando di fantapolitica ne è la trattativa tra Stato e mafia nei primi anni novanta, che oggi è ormai un fatto indiscutibile.
Da allora la fiducia nello Stato nel corso degli anni è diminuita o aumentata?
Per quanto riguarda noi, senza fiducia nelle istituzioni non avremmo nemmeno un senso da dare a quest’associazione.
Con la nostra presenza e la nostra ricerca noi vogliamo dare una mano alle istituzioni. Un conto è lo Stato, fare valutazioni su chi ne ricopre le cariche è un altro.
Qualcuno dice cinicamente che lo Stato non può condannare se stesso. Lei è d’accordo con questa affermazione?
Questa è un’affermazione generica che semplifica troppo le cose. Io credo nelle istituzioni, la valutazione su chi ricopre le cariche è un altro conto.