L’imprenditore bifronte
Domenico Costanzo aveva – secondo il sindaco Bianco – tutti i requisiti per rappresentare il volto nuovo dell’imprenditoria catanese. Eppure…
1.500 dipendenti, 380 milioni di fatturato annuo è il biglietto da visita di un gruppo imprenditoriale siciliano che opera nel settore delle imprese di costruzioni generali e di general contracting, nell’area delle grandi infrastrutture a livello nazionale ed internazionale.
A capo del gruppo, che comprende le società Tecnis e Cogip, vi è un brillante cinquantenne catanese, Domenico Costanzo, rampollo di imprenditori nel settore della commercializzazione di prodotti e servizi energetici. Dopo la sua nomina a Presidente dei Giovani industriali della Confindustria di Catania, nel 1993 l’allora Sindaco di Catania, Enzo Bianco, chiama il trentunenne imprenditore nella Giunta Comunale etnea per affidargli la carica di assessore al Bilancio, Commercio e Sviluppo Economico.
In quegli anni Bianco, l’assessore Costanzo e la formazione politica che li sosteneva apparivano i salvatori di Catania dal baratro di illegalità in cui la città era caduta: erano gli anni della “primavera Catanese”. La Procura Antimafia e il pool di magistrati creato dal Procuratore Alicata per combattere il malaffare amministrativo sembravano aver sconfitto le collusioni tra imprenditori, politici e mafia. Un’ intera classe politica ed imprenditoriale corrotta era stata allontanata e sostituita da volti nuovi, privi di collusioni con la famiglia mafiosa catanese.
E’ in quegli anni che Mimmo Costanzo rileva una piccola azienda di famiglia in difficoltà economiche: in soli 4 anni la risana e insieme ad un vecchio amico, Concetto Bosco, decide di entrare nel settore costruzioni e infrastrutture. Nel 1999 nasce la Tecnis e di seguito la CoGip.
Da allora è un’escalation di successi: il gruppo Costanzo-Bosco in 10 anni ottiene ed esegue lavori su tutto il territorio nazionale, nell’Est europeo e anche nell’area del Maghreb per la realizzazione di opere di viabilità, opere marittime, edilizia specialistica, energie rinnovabili. Non mancano il consenso della stampa italiana ed estera e l’appoggio di Confindustria nazionale. Finalmente un industriale catanese, a differenza degli storici “Cavalieri dell’Apocalisse “ catanesi, si distingue non solo per capacità imprenditoriale ma per pulizia morale e rettitudine.
Ma Costanzo non è solo, in questo panorama di rinascita. Anche altri imprenditori siciliani, come Antonello Montante o Vincenzo Conticello si sono opposti al pizzo ed alle collusioni con “Cosa Nostra”. Gli imprenditori siciliani onesti hanno anche votato un codice etico che impone l’esclusione dall’associazione degli aderenti che non denuncino le richieste estorsive o collaborano con la Mafia.
“La rivolta di sei anni fa ha cambiato il mondo – dice Mimmo Costanzo nel settembre 2011 in una intervista ad un settimanale tedesco – abbiamo capito che senza una liberazione dalla mafia, in Sicilia non ci sarà mai un vero sviluppo economico”. L’ imprenditore fa anche parte, unitamente al Presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, del Consiglio di Territorio Sicilia di Unicredit Sicilia.
L’11 aprile 2012 Mimmo Costanzo viene ricevuto al Quirinale dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, cui presenta le opere che il suo gruppo realizzerà nell’isola di Mozia, in provincia di Trapani. Né manca la partecipazione a Catania, lo scorso 23 maggio, in occasione della commemorazione della strage di Capaci nel corso della quale si è trattato il tema della legalità ed il ruolo dell’imprenditoria sana.
Sin qui l’ immagine ufficiale del gruppo imprenditoriale catanese retto da Mimmo Costanzo e Concetto Bosco. Esiste tuttavia anche una diversa prospettiva. che ci fornisce una più variegata realtà, non riportata dai giornali, raccontata nelle aule giudiziarie.
Catania – anni 1993-2000. Alfio Castro è un imprenditore di Acireale che si occupa di movimento terra. Agli inizi appunto degli anni ’90, per decisione del vertice della famiglia mafiosa Santapaola, egli diviene il collettore dei proventi estorsivi derivanti dai lavori pubblici controllati nella Sicilia orientale, con il compito di consegnarli alla famiglia catanese di Cosa Nostra.
Castro è utilizzato dal gruppo mafioso catanese anche per effettuare la sovrafatturazione delle forniture, che consente l’emersione e la “legalizzazione “ del pizzo che le imprese pagano. Per tali fatti, a seguito delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Chiavetta, nell’aprile 2000 Alfio Castro viene arrestato nell’ambito dell’operazione “Orione” in cui sono coinvolti i massimi esponenti del gruppo Santapaola. Castro sarà condannato nel corso del 2003 per il reato di associazione mafiosa, condanna poi divenuta irrevocabile. Altre inchieste giudiziarie portano alla luce rapporti diretti tra Concetto Bosco e Alfio Castro, che dalla fine degli anni ’90 ha eseguito lavori per conto di Tecnis. Le relazioni di economiche con Tecnis spa continuano anche successivamente all’arresto ed alla condanna per associazione mafiosa di Castro.
Marzo 2005. La Tecnis e la CoGip, inserite nella Consortile “Scianina”, sono incaricate di realizzare la galleria Scianina – Tracoccia ed un tratto del doppio binario della nuova linea Messina – Palermo. Si tratta di un’opera del valore di circa 40 milioni di euro che interessa l’area tra i Comuni di Rometta Marea e Pace del Mela, territorio in cui esercita il controllo mafioso il gruppo del barcellonesi collegato al clan santapaoliano.
Veramente un bell’esempio di imprenditoria Siciliana……….ci sarebbero altri articoli da scrivere. Intanto queste persone sono ancora a piede libero……liberi di rovinare imprenditori onesti che impegnano tutte le loro forze per andare avanti e dare lavoro a tanti giovani Siciliani! Mi chiedo quando finira’ questo schifo e dove sono i veri politici e non solo mafiosi…………………..sono delusa:-(
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E la gente continua ad opporsi. Vi pare strano? Propaganda martellante e grandi interessi sono elementi che condizionano la vicenda, ma il cittadino attento dovrebbe accorgersi che c’è un’altro fattore fuori misura: l’uso della forza, sproporzionato, utilizzata da anni per portare avanti quel poco di sondaggi così inutili per l’opera quanto basilari per la propaganda. Uso della forza e propaganda, due pilastri della vicenda TAV, che si sostengono a vicenda. A beneficiarne i burocrati che vivono a sbafo da anni grazie alla cortina di fumo e di parole. Parolai interessati, da non confondere con i fanfaroni grandi e piccoli della politica nazionale, regionale e locale che ad ogni occasione alzano il becco e starnazzano dandosi ragione reciprocamente. Gente con poca fantasia, che ripete da anni le stesse bugie: l’opera è essenziale, i No Tav sono criminali, i finanziamenti sono europei. Balle raccontate sperando di mantenere la poltroncina (e forse qualche prebenda).