Questa generazione
Siamo i figli di una generazione che non ha conosciuto le stragi. Una generazione che ne ha sentito forse il boato, in lontananza, in un’incubatrice d’ospedale.
Siamo figli di una generazione che ascoltava le favole di condottieri valorosi e forti che avevano salvato il proprio popolo dal male. Bimbi che lasciavano le proprie impronte su televisori sporchi di fumo, di urla, di bombe. Siamo figli di una generazione che non ha conosciuto i volti, le parole, le storie. Non le ha viste, né vissute. Figli di una generazione che rappresentava il vuoto allo svincolo per Capaci, i condomini senza finestre in via D’Amelio, le strade ancora troppo sporche da poter lavare. Pagine di storia difficili da scrivere e da digerire. Eravamo il silenzio che viene dopo troppo rumore, dopo le lacrime e dopo la rabbia. Il raccoglimento dopo la speranza, dopo quel 19 luglio. La generazione del sogno interrotto.
Noi siamo quelli del dopo. Quelli che hanno appreso da vecchi ritagli di giornale, da libri regalati nelle scuole, dai video su internet che quel cielo, da bambini, non è mai stato così azzurro. Siamo quelli che la propria storia l’hanno scoperta quasi per caso, che non l’hanno voluta ma l’hanno sentita dentro. Sin dal primo istante.
Siamo quelli che hanno preso le redini di tante vite e di un’unica storia e le hanno strette in pugno. Hanno raccolto il sacrificio di molti e il menefreghismo di tanti per continuare un’unica battaglia. Hanno guardato lo stesso orizzonte per camminare imperterriti sulle stesse strade. Per amore, per giustizia e per libertà.
Siamo anche i figli di chi vorrebbe calpestare la memoria, di chi continua ad infangare una democrazia. Siamo quelli che oggi devono aprire bene gli occhi per difendersi dai falsi cultori della legalità e dagli ipocriti che vestono panni di antimafia. Quelli che devono saper distinguere ciò che di buono c’è e merita di essere rinvigorito affinché ogni lacrima diventi una cascata sempre più grande che inondi tutte le piazze e tutti i paesi d’Italia, e non solo. Siamo quelli del 21 marzo. Quelli dei colori e dell’allegria, quella della solidarietà e della passione.
Siamo figli di una generazione che ha scelto di leggere ciò che spesso non viene scritto. Che prende treni e aerei per raccogliere storie e testimonianze e per donare. Come in un brivido profondo che lega tutta l’Italia. In una storia che per scelta è diventata patrimonio di tutti. Dal ragazzo del nord che in estate va a coltivare i campi di Libera a Gioia Tauro al ragazzo del sud che a Bologna scrive un dossier sulle infiltrazioni mafiose. Regalarsi strumenti di vita e di esperienza per sentirsi uniti e più forti allo stesso tempo. Questa è la generazione nata nel ’92.
Ventenni che hanno voglia di chiedere e di esigere risposte. Che dai paesini di provincia provano a scrivere una storia diversa, che studiano e sperano in nuovi strumenti, seri e reali, per contrastare le mafie.
ho sempre sostenuto che ci sono tanti giovani che dovrebbero insegnare e non imparare e da cui dovremmo apprendere la semplicita’ d’espressione, la cultura, la voglia di fare, di essere,le idee innovative che saranno il loro e il nostro futuro