La Resistenza è ora
Il fascismo può assumere vari nomi: fascismo, nazismo, razzismo,sovranismo, Azov, Wagner, leghe, trumpismo, wahabismo, Isis e compagnia bella. Hanno tutti in comune l’idea di derubare o uccidere altre persone, per garantire potere a coloro che hanno il coraggio di uccidere e derubare.
Quella che più interessa noi italiani (terroni e nordici) si chiama mafia. Che non è una semplice organizzazione a delinquere ma un potere politico che gestisce un quarto dell’economia, un terzo del territorio, parte della politica e altro ancora. Non sono molti coloro che lo combattono con serietà e determinazione, fra loro – da quarant’ anni – ci siamo noi dei Siciliani.
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Noi pensiamo che il fascismo mafioso vada colpito al centro del suo potere: e cioè nei soldi. Sequestrare non solo i beni ma anche i capitali finanziari mafiosi, e darli ai giovani disoccupati per gestire i beni sequestrati: ecco il nucleo della nostra “politica”, in questo strambo paese in cui i veri partiti sono rimasti soltanto in due: la borghesia mafiosa e l’antimafia sociale.
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D’accordo, caro amico che leggi? Ma del tuo accordo teorico non ce ne facciamo niente. Se sei una ragazza o un ragazzo, segui l’esempio dei Siciliani dei nostri tempi, che non magari erano tanto carini però lottavano mafia e Cavalieri. Se sei uno dei nostri vecchi amici, che stai facendo ora? Alzati, chiamaci, torna spavaldo in campo come prima. Questa è la Resistenza, e si fa ora.
Riccardo Orioles
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MEMORIA
Piero e la banda dei Siciliani giovani
di Fabio D’Urso e Luciano Bruno
I Siciliani giovani, queste donne e questi uomini degli anni ottanta che si sono opposti alla mafia – dopo la morte di Pippo Fava – restando a fianco della redazione dei Siciliani: ma eravamo tutti più o meno ventenni.
I Siciliani giovani sono stati coraggio e amore per la propria città: un corag- gio ridente: Piero e Dante, Massimo e Renata, Gianfranco e Salvo e Gino, Rosalba e Francesco, Maurizio e Cono e Goffredo e Walter, e Sabina e Ester e tanti altri.
I primi numeri del tabloid erano tutti un numero zero in attesa di registrazione; così a volte sopra la testata c’era un “Tutti” – per non ripeterla – oppure un “Noi”. Appunto: noi. I legami – fortissimi – tra noi. Come in ogni gruppo a dita, a petali.
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Pochi giorni fa è morto Piero Cimaglia. Ha vissuto la metà della sua vita con Daniela, morta poco più di un anno fa. Nel 1987, alla chiusura dei primi Siciliani, aveva proposto di continuare a fare i Siciliani giovani. Negli anni a venire era stato sempre presente nel giornalismo civile a Catania.
Piero era un uomo schivo, magro, con la barba a settimane alterne. E a settimane alterne litigava con franchezza su questo o o su quello, su un’idea o su un metodo.
Non era soltanto la sua laurea e i suoi master in economia. Quando bisognava verificare un dato economico era lui che insegnava. Lo ha fatto in occasioni abbastanza precise sul Comune di Catania o sull’inchiesta sull’ acqua pubblica in Sicilia.
Piero, che mi ha sempre sostenuto e fraternamente criticato per tutte le mie scelte. Che è stato vicino a Luciano, a me
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Piero dopo la morte di Daniela era di pochissime parole. La telefonata era stata di silenzi e di riprese.
Eppure noi sappiamo che era un uomo pieno di vita, di vita interiore, di una solitudine grande quanto un tramonto. E come un tramonto, la morte di Piero ci indica un giorno a venire.
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MEMORIA
La sua Daniela
di Giovanni Caruso e Matteo Iannitti
Lo avevamo incontrato il 19 dicembre scorso alla festa antimafia all’Empire confiscato
Era venuto con Maurizio per stare coi ragazzi e le ragazze della festa antimafia, della lotta contro la mafia attraverso l’antimafia sociale.
Il cinque gennaio, come sempre, era in via Fava con noi e sotto la lapide del direttore.
Per anni ha lavorato, in un modo o nell’altro, coi Siciliani. Preciso e puntuale nelle inchieste, capace di leggere “le carte”e gli atti ufficiali.
Dalla scomparsa di Daniela non era piů lo stesso. Quella sera all’Empire si vedeva, riusciva a trasmetterlo.
Ma noi vogliamo ricordarlo col suo sorriso, con la sua forza nel combattere le ingiustizie. Se n’è andato da solo.
Ma forse, così ci piace pensare, tenendo per mano la sua Daniela.
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