L’antimafia non ha confini
Morire di mafia in Irlanda? Si può. Come la coraggiosa Veronica Guerin, giornalista
Nel cuore di Dublino, all’interno della sede del governo irlandese, vi è la statua di un gentile volto di donna. Quel sorriso su bronzo appartiene a Veronica Guerin, e se cammini per le strade della città, non trovi un solo cittadino che non sappia dirti chi sia, cos’abbia fatto, perché è morta.
Veronica Guerin era una giornalista. Assassinata nel 1996 a causa delle sue indagini sul narcotraffico della criminalità organizzata irlandese, era una di quei straordinari reporter che sanno fiutare la notizia prima degli altri. Nel 1995 Dublino, su una popolazione che non arrivava al milione, contava circa 15mila tossicodipendenti. L’attività investigativa di Veronica si accompagnava ad una costante denuncia delle carenze presenti nell’apparato giudiziario irlandese e della pavidità dei suoi rappresentanti che non osavano indagare sui proventi delle ricchezze illecite quando queste portavano ad importanti uomini d’affari.
Madre e moglie, non si fermò neppure davanti ad un tentativo di gambizzazione e alle percosse ricevute dal suo presunto assassino, John Gilligan, boss della malavita irlandese dal quale la Guerin andò allo scopo di porgli quelle domande che nessuno osava pronunciare.
Il 26 Giugno del 1996 questa coraggiosa donna fu uccisa mentre si recava in auto verso la sua abitazione.
Imparare e preservare la memoria: questo è il modo che gli irlandesi hanno per commemorare chi è morto per la patria, chi si è battuto contro il crimine organizzato per il bene di centinaia di persone. “La sua morte non è avvenuta invano” recita una targa commemorativa in suo ricordo. E la morte di Veronica Guerin sembra davvero non essere stata vana. Se la sua storia è, infatti, così simile a quelle dei nostri giornalisti che hanno sacrificato la loro vita per amore della verità e giustizia, quel che ne è seguito non lo è affatto.
Al suo assassinio, nella Repubblica Irlandese, si scatenò un’ondata di emozione popolare senza precedenti. Migliaia di persone si riversarono per le strade in decisa richiesta di protezione e giustizia.
Il governo approvò le modifiche alla costituzione utili per poter stilare la prima legge di confisca dei beni di origine criminale grazie alla creazione del braccio speciale di polizia del CAB (Criminal Assets Bureau) che ogni anno riesce a recuperare una ricchezza pari a circa 5,2 milioni di euro. L’anno dopo la morte di Veronica il tasso di criminalità nell’isola scese del 15% e non esiste irlandese che non sappia chi questa donna coraggiosa sia e abbia fatto per il suo paese.
Torniamo a casa nostra. Provate a chiedere ad un milanese chi era Pippo Fava, con buona probabilità forse ne conoscerà appena il nome, ma ben poco sulla storia e l’operato.
In Irlanda, come in Italia, il letargo sociale e istituzionale hanno avuto bisogno di morti eccellenti per far sì che molte coraggiose leggi antimafia fossero approvate.
Una comunità può definirsi civile e democratica solo quando protegge i suoi cittadini quotidianamente, senza la necessità di farlo a morti avvenute. Ma a dieci anni dall’istituzione del CAB, i poteri di cui esso fruisce son stati estesi e migliorati, mentre nel nostro paese c’è una continua tendenza a depotenziare le leggi parlando di rivendita dei beni confiscati e di norme meno severe per i regimi a carcere duro.
La storia di Veronica Guerin ci fa capire come la cooperazione fra gli Stati e i cittadini è fondamentale per un contrasto serio alle mafie e come il problema della criminalità organizzata esuli dalla sola realtà sociale italiana. La recente istituzione di un organo europeo antimafia, la commissione CRIM è il primo passo per una sensibilizzazione europea al problema. Se infatti il racket di casa nostra si chiama “pizzo”, il racket anglosassone si chiama “protection money”, ma la piaga sociale è la medesima. La speranza che l’Europa inizi a parlare un linguaggio unico in tema di criminalità organizzata, apre uno spiraglio ad un contrasto che possa essere efficace e rende vero omaggio a tutte quelle vittime che in ogni parte del mondo si son battute affinché fossimo un po’ più liberi.
Parlare di mafia, davanti alla generale indifferenza e il diffuso timore, non è facile. Parlare di mafie, probabilmente, lo è ancor meno. Ma il dovere morale e civile di farlo deve toccare ognuno di noi: solo così le tutte le morti innocenti, da quella di Veronica Guerin a quella di Beppe Alfano, in tutte le parti del mondo, non saranno state vane, e avremo il diritto di porre fiori sulle tombe di chi ha amato così tanto la vita da difenderla anche a costo di donarci la propria.
La mafia ora è un po’ dappertutto ma molti anni fa in America come ben sappiamo c’erano due grossi gruppi mafiosi che si sono combattuti anche ferocemente e a tal proposito ricordo la strage del giorno di San Valentino.
I due grossi gruppi mafiosi erano quello siciliano e quello irlandese e questo conferma il grave fatto del barbaro assassinio della giornalista irlandese Veronica Guerin avvenuto in Irlanda con la stessa tecnica e le stesse modalità dei molti barbari assassini avvenuti in Sicilia!
Questo per far capire meglio la mafia ed i suoi vari collegamenti nel mondo!
Cordiali saluti.