“I sogni non pagano l’affitto”
Tra crisi e virus, è sempre più difficile trovare un lavoro ben retribuito per i giovani.
“Tre anni fa ho preso la decisione di trasferirmi a Pisa per avere più possibilità lavorative dopo la laurea. A Catania non c’è né una tradizione né una formazione adeguata per i graphic designer, se volevo davvero fare questo mestiere, non avevo altre alternative se non andarmene.” spiega Luigi (nome di fantasia) sul treno di ritorno da Ferrara. “Ho investito tutti i miei risparmi in un’accademia privata di altissimo livello a Pisa pur di garantirmi il futuro che desideravo. Sapevo non sarebbe stato semplice, la vita qui è più cara, ma non mi importava neanche più di tanto.” – continua Luigi fuori dalla stazione – “Ancor prima di finire la specializzazione, ho cominciato ad insegnare: all’inizio venivo mandato solo a Firenze, ma dopo un po’ le ore in treno si sono allungate, sconfinando fuori dalla Toscana.”
“Lo ammetto, sono bravo ed ero contento che anche i miei professori l’avessero notato. Chiudevo un occhio, però, sulla retribuzione; ero solo all’inizio della mia carriera, nemmeno avevo terminato gli studi, e la gavetta è d’obbligo in questo settore.” racconta Luigi. “Adesso la paga è ad ore, non so se avrò mai un contratto con uno stipendio fisso, però è da due e anni e mezzo che su otto ore fuori, di cui sei passate in treno, solo le due di lezione mi vengono riconosciute. È vero, il biglietto è coperto, ma così ho comunque poco tempo da dedicare ad altri progetti pur di arrotondare. Faccio fatica a conciliare più impegni, ma se salto le lezioni non vengo pagato e questo non posso permettermelo.”
Solo il 64,9% di giovani in Italia (Eurostat 2019) trova lavoro a tre anni dalla laurea, la media europea è dell’85%; ma per quei pochi che riescono, la strada è solo in salita e non è detto nemmeno coincida col percorso di studi affrontato: “Lavoro per un call center come operatrice outbound, se sono fortunata propongo l’offerta e due volte su dieci mi porto anche il contratto a casa, se becco una giornata no invece, a parte i vaffanculo di rito, mi sento dire che importuno la gente che lavora, come se io non stessi facendo altrettanto.” spiega Ilaria (nome di fantasia) spostando una ciocca di capelli bionda dietro l’orecchio. “Prima era colpa della crisi, ora del virus, fatto sta che diventa sempre più complicato seguire il lavoro dei sogni e quello che trovi viene pure sottopagato. Non si tratta di accontentarsi, piuttosto di sopravvivere, anche se non mi arrendo. Mi piacerebbe vivere solo dei video che monto, ma al momento non mi è possibile; i sogni non pagano l’affitto.”