L’Europa civile denuncia il governo razzista greco
La destra greca scatenata contro i poveri
“Abbiamo fermato 40mila, no 50mila, anzi 60mila persone al confine! Abbiamo protetto le frontiere! La Grecia è salva e l’Europa pure!” Così il governo greco ha introdotto la discussione alla Commissione sulle libertà civili (LIBE) con tema il confine greco-turco e i diritti fondamentali.
La quasi totalità degli europarlamentari della Commissione, se escludiamo i filogovernativi e l’unico del gruppo ID (il gruppo di Salvini e Le Pen), ha accusato il governo greco di violare i diritti umani alle frontiere. “I Ministri greci utilizzano un linguaggio che non appartiene alla famiglia democratica-cristiana ma alla ultra destra!” ha detto Devesa dell’S&D, la seconda grande famiglia politica al Parlamento Europeo. Una reazione indignata nei toni e nelle parole da parte dei parlamentari europei: tantissime domande circostanziate da testimonianze, video e le denunce sugli abusi alla frontiera, detenzioni arbitrarie, respingimenti in mare.
“Non è vero! Tutte fake news! Propaganda turca!”: queste le uniche reazioni degli uomini di Mitsotakis nel secondo giro di consultazioni. La Commissaria agli Affari Interni Ylva Johansonn di fronte a al muro di gomma dei greci governativi, ha dovuto ribadire che i respingimenti sono illegali e che si rivolgerà anche alla Agenzia dei diritti fondamentali. Il Presidente della Commissione Aguilar chiude la discussione: “Il governo greco non risponde”.
Giorni prima l’europarlamentare di Syriza Kostas Arvanitis era stato attaccato con comunicato ufficiale del partito di Governo, Nea Demokratia, per avere depositato una interrogazione in cui chiedeva alla Commissione chiarimenti in ordine ai respingimenti nel mare Egeo. Denuncia che già avevano fatto le Organizzazioni internazionali che collaborano con l’attuale governo greco. Nel comunicato il partito di Mitzotakis accusava il deputato di Syriza di veicolare la propaganda turca. Il giorno seguente nei social media greci, gruppi neonazisti minacciavano Arvanitis apostrofandolo come traditore della patria. Questo il clima che oggi si respira in Grecia. E quale sarebbe la differenza con i metodi e il regime di Erdogan? Squadristi che rilasciano interviste ai quotidiani esteri, fieri di avere picchiato i disperati e di aiutare così il governo. Le sedi delle ONG bruciate, testimonianze agghiaccianti di torture ai migranti. Respingimenti in mare. Profughi, donne e bambini, sfrattati e lasciati marcire per strada senza neppure assistenza sanitaria, in barba anche alla salute pubblica.
Questa non è la stessa Grecia che nel 2015 aveva visto un milione di profughi varcare i propri confini in piena crisi economica umanitaria. I greci allora reagirono con la solidarietà: tutti ricordiamo le donne di Lesbo che accoglievano nelle loro case i profughi siriani e afgani scampati alle guerre. Allora il governo Tsipras premeva per la condivisione delle responsabilità in Europa, chiedeva un sistema europeo di asilo, e la riforma del Regolamento di Dublino che incastra i paesi di primo approdo.
Oggi il governo di destra chiede la sospensione del diritto internazionale, accodandosi alle richieste dei paesi Visegrad. Quella era la Grecia degna dei suoi valori e della sua storia: la dignità, l’immagine e la stessa millenaria cultura elleniche erano salve. Questa invece è una Grecia anti-ellenica e feroce, non in condizione di pretendere sostegno e ricevere solidarietà dall’Europa.