Buongiorno, sono il Virus. Come posso esserle utile?
Il Covid-19 mette in cassa integrazione i lavoratori dei call center.
“La situazione dei call center non è mai stata così incerta” afferma Concetto, segretario della Uilcom Catania. “Da più di quindici anni sono dipendente Almaviva, colosso nel settore delle telecomunicazioni, e questo non è che l’ennesimo momento di difficoltà che stiamo attraversando. Prima lavorare al call center significava avere un’entrata sicura per pagarsi le spese universitarie o fare un lavoro part-time per non pesare più sulle spalle dei propri genitori. Era solo un impegno temporaneo, in attesa di prospettive migliori.”
Eppure, gli universitari si sono laureati, hanno messo su famiglia e cominciano ad avere anche qualche ruga, sparsa qua e là, sul viso incorniciato dalle cuffie: “Le cose sono cambiate o forse è meglio dire che si sono fossilizzate: grazie al call center ora si sfamano famiglie intere e si campa fino a fine mese; per molte coppie è l’unica fonte di reddito.” – continua Concetto – “Però, nonostante sia diventato per tanti, me compreso, il lavoro principale, ancora non ci sono certezze. La delocalizzazione è il cancro dei call center italiani: sottopagano all’estero e chiedono a noi di abbassare il nostro salario se vogliamo continuare a lavorare. La legge sulla delocalizzazione c’è, ma non viene rispettata.”
La precarietà dei lavoratori dei call center in Sicilia ha conosciuto col coronavirus una prevedibile impennata; tutti i dipendenti, infatti, sono stati messi in cassa integrazione: “C’è anche chi lavora in smartworking, ma non sono sempre operativi, questo significa che quando non sono in cuffia, anche loro sono impattati, in percentuale, dalla cassa integrazione.” spiega Concetto. “Chi non può, invece, nemmeno fare smartworking si ritrova in cassa integrazione per tutto il mese, ciò si traduce in una importante riduzione della paga. Come è possibile portare avanti una famiglia con una retribuzione al 60% e il non riconoscimento degli assegni familiari? Già gli stipendi “normali” permettevano a malapena di sopravvivere, considerando che la gran parte dei lavoratori ha un contratto part-time; ma ora siamo davvero al collasso.”
“C’è da dire, tuttavia, che noi ad Almaviva ci possiamo ritenere pure “fortunati”; l’azienda, ad oggi, ha anticipato le somme delle cassa integrazione, nonostante non abbia ancora incassato un euro a causa dei rallentamenti della Regione Sicilia, ma se la situazione non si sblocca, noi non saremo più pagati.” – prosegue Concetto con un velo di amarezza nelle sue parole – “Così come sta già accadendo in altri call center. Dal prossimo mese, infatti, molti lavoratori si ritroveranno in busta paga nemmeno un centesimo, ma le bollette dovranno essere pagate ugualmente e le pance si dovranno riempire, il problema è che non si sa come.”