Fase due fai da te
In Calabria i cittadini si affidano al buon senso e non alla Regione.
“Non si è registrato in Calabria un numero elevato di contagi, ieri soltanto un nuovo caso, solo ed esclusivamente perché i cittadini calabresi hanno rispettato le norme, non di certo per altro.” racconta Chiara Fazio, giornalista del Quotidiano del Sud di Cosenza. “Il contenuto dell’ordinanza della Regione Calabria non ha avuto il consenso nemmeno da parte dei sindaci. Ha aderito, infatti, una percentuale davvero esigua su un totale di quattrocento Comuni, e nelle stesse città che hanno dato il via libera all’apertura di bar e ristoranti, in molti hanno preferito tenere le saracinesche abbassate.” La salute pubblica, insomma, è prevalsa sugli interessi personali, nonostante al momento il settore della ristorazione sia gravemente in crisi, con una perdita stimata attorno al 100% negli ultimi due mesi.
Pochi hanno ascoltato le dichiarazioni della presidente della Regione Santelli sulla riapertura anticipata di bar e ristoranti all’aperto, mentre gli altri si sono attenuti alle disposizioni governative sulla fase due: “È prevalso il buon senso. Questo vuol dire responsabilità, soprattutto in una fase delicata come questa in cui oltre tremila persone faranno rientro in Calabria e per le quali il tampone sarà del tutto facoltativo.” – continua Chiara – “L’uso della mascherina qui è obbligatorio, malgrado la Santelli abbia affermato il contrario in diretta da Fazio, ma non sono distribuite gratuitamente, mentre quelle a prezzi calmierati sono praticamente introvabili. È con tutta evidenza una mossa politica studiata per mettere in crisi il governo, perché se è consentito ora l’asporto, bar e ristoranti potevano riaprire in sicurezza, sollevandosi poco alla volta. Non era necessaria quindi questa ordinanza; anche perché i problemi in Calabria sono altri.”
“Dire che le condizioni della sanità in Calabria sono “disastrose” è un eufemismo; con il Quotidiano conduciamo tutti i giorni una battaglia proprio su questo. La nostra sanità è commissariata da dieci anni e spesso i funzionari delle varie Asp sono in contrasto con la Regione.” – prosegue Chiara impetuosamente – “I posti letto in terapia intensiva sono solo centocinquantacinque; non voglio nemmeno immaginare cosa potrebbe accadere qui con un’emergenza delle stesse proporzioni della Lombardia o del Veneto. Ma c’è anche una lunghissima serie di reparti chiusi, ospedali nati sulla carta e mai realizzati, tende per il pre-triage che non funzionano, carenza di personale e difficoltà nel reperire i dispositivi di protezione individuale, come guanti e mascherine. Per non parlare, poi, di quanto accaduto nelle Rsa di Torano e Chiaravalle, veri e propri focolai di coronavirus tra contagiati e deceduti, sulle quali ancora si sta indagando.”