domenica, Novembre 24, 2024
-rete-PeriferieSocietà

Una testimonianza dai tempi di guerra

C’era la seconda guerra mondiale quando mio nonno andava alle elementari.

Ogni giorno portava a scuola dei fogli di carta, sapeva che nel suo banco legnoso avrebbe trovato la penna con l’inchiostro, quella che io ho visto solo nei film, difficile da maneggiare per la sua grossa piuma: “Era impossibile non tingersi la mano di blu, l’inchiostro si spargeva ovunque. Poi per fortuna sono arrivate le penne biro, un sogno per gli scolari negli anni quaranta” mi racconta al telefono, dall’altra parte della cornetta so che sta sorridendo.

“Durante la guerra non si faceva la spesa come la intendiamo ora, davano cibo razionato in base a quanti eravamo in famiglia. Noi eravamo in sette quindi ci spettavano centocinquanta grammi di pane ciascuno al giorno. Ci mettevamo in fila fuori dal panificio, come si fa oggi, e aspettavamo il nostro turno, si entrava a uno ad uno”- spiega il nonno- “La carne che ci davano in macelleria corrispondeva a duecento grammi ciascuno, sempre per l’intera settimana. Noi siamo stati fortunati: tutto sommato a Noto si stava meglio rispetto a Roma. Mi ricordo che quando i neo romani tornavano nella loro città natale si erano rinsecchiti, lì le quantità di cibo non bastavano per tutti essendo una grande città. Non mangiavano quasi niente per giorni interi.”

“Tra tutti gli alimenti le uova erano le più preziose, se ne trovavano davvero poche, a meno che avevi un pollaio a disposizione. Spesso per cena mia madre ci cucinava i legumi, senza pane per accompagnare” un vero sacrificio per un amante del pane come mio nonno. In ventun’ anni non l’ho mai visto non fare la scarpetta col pane a tavola.

Ieri il presidente Conte ha predisposto la chiusura di tutte le attività, se non quelle di prima necessità.

“L’abbondanza che c’è oggi, noi ce la sognavamo in tempi di guerra. Il pane integrale prima lo mangiavano i poveri, adesso lo mangiano i ricchi che stanno sempre a dieta. Oggi la gente cerca di mangiare sano spendendo un patrimonio per la lattuga biologica o per la marmellata bio.”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *