All’estero in tempo di virus
La situazione in Spagna, Germania, Francia e Belgio.
“Prima era colpa dei cinesi, ora degli italiani. Io sono incazzata e preoccupata perché qui stanno sottovalutando il problema, pensando che la colpa sia solo nostra. Purtroppo è la mia parola contro quella di tutti” dice Valentina che adesso si trova a Barcellona per un tirocinio Erasmus.
“Ad esempio venerdì, in metro, se non avessi avuto la mascherina una signora mi avrebbe tossito addosso” – continua Valentina al telefono mentre cammina per la Rambla, a tratti coperta dall’ombra degli alberi, affollata come se niente fosse fino a giorno tredici – “I casi in Catalogna ci sono, ma meno rispetto a Madrid. Hanno chiuso qui dei paesini, come è successo a Codogno, non si può più entrare ed uscire, anche se fino a venerdì i bar erano aperti.”
Ieri il presidente Sanchez ha reso noto lo stato di emergenza, seguendo il modello italiano.
Timbrato a fine giornata il cartellino, Valentina deve fare una scelta: “Io come Erasmus avevo la possibilità di spostarmi a Madrid per essere rimpatriata a Ciampino, per poi essere messa in quarantena. Non me la sono sentita e sono rimasta qui per il bene della mia famiglia.”
Eppure il virus non è sottovalutato solo in Spagna: “Quello che sta avvenendo in Italia i tedeschi non lo capiscono: ci vedono come una nazione esagerata e quasi la colpa è nostra perché siamo un popolo “caloroso”, d’altronde noi ci salutiamo con i baci sulla guancia” racconta Luana che vive col marito a Norimberga.
“È pesante per un’italiana vivere qui ora perché non stanno facendo nulla. L’altro giorno hanno chiuso un istituto a causa di due studenti risultati positivi al tampone, a quel punto hanno lasciato gli studenti casa e hanno chiuso la scuola per la disinfestazione, ma dopo due giorni, tutti sono rientrati a scuola, ad eccezione dei due studenti” afferma Luana.
“Di chiudere o perlomeno fare delle restrizioni qui non se ne parla, ma nemmeno informare come è stato fatto in Italia con le raccomandazioni in televisione. La popolazione è tranquilla, sono pochi quelli realmente preoccupati” spiega Luana venerdì.
Ma quando sabato Luana va a fare la spesa gli scaffali di frutta, verdura e pasta sono vuoti. I tedeschi ora hanno paura del virus.
Oltre i confini tedeschi, Francia e Belgio si mostrano solidali alle famiglie.
Yoran studia a Parigi e racconta: “Mia madre, maestra elementare, mi ha detto che lei farà compagnia, a scuola, ai bambini dei genitori che lavorano in ospedale. Ci saranno gruppi di dieci o dodici persone al massimo.”
La psicosi si fa sentire anche in Francia: “I miei amici non mi stringono più la mano e tutti comprano amuchina” conclude Yoran dispiaciuto, ma per niente preoccupato.
Marcella da Bruxelles spiega: “Le scuole qui sono chiuse, però per le famiglie che non possono permettersi una baby sitter è stato pensato il garderiè, infatti a scuola il personale insegnanti rimane a disposizione.”