Peppe, Librino e lo stadio che non c’è
Due uomini dello stesso quartiere ma di due generazioni diverse si parlano; uno è un muratore sessantenne, l’altro è un trentenne precario che vuol fare il giornalista
Sono diversi ma si sanno comprendere, perchè si riconoscono nell’unico linguaggio comune: quello degli sfruttati. E discutono della città, del loro quartiere costruito con quella speculazione e quei giochi di potere che partono dalla fine degli anni settanta e arrivano fino ad oggi. E per domani? Case popolari? Diritti? Lavoro? Neanche a parlarne! Nel frattempo la gente comune a Librino aspetta il Polisportivo San Teodoro da trent’anni e la cementificazione della città continua ad aumentare.
Carmelo abita nel vecchio borgo di Librino, a Catania; ha gli occhi castani, i capelli brizzolati, è un uomo di una sessantina d’anni. Alto, un corpo robusto, e con le mani ruvide. Un muratore.
L’incontro mentre faccio una passeggiata nel vecchio borgo, a ridosso di questo quartiere moderno costruito a sud ovest della città, dagli anni settanta.
– Scusi, si ricorda di me, io qui ci venivo a giocare da bambino; lei ci abita ancora, qui?
“Sì, cettu, comu no?”.
– Posso farle una domanda?
“Ci mancassi, ma certo”.
Allora continuo a domandare, guardandomi bene attorno, tra le case basse e le strade, guardando da qui la parte moderna del quartiere, e i suoi palazzoni. Così diversa da questa borgata.
– Ma com’era Librino tempo fa?
“Era un grandissimo territorio con qualche casa sparsa qua e là. Era bello, fino agli anni settanta, quando hanno cominciato a costruire. Io ero carusu, cominciavo a lavorare nella muratura e guidavo la ruspa. Allora si guadagnava molto bene nel settore dell’edilizia. Eravamo tutti entusiasti di costruire il quartiere. Ma, a pinsarici ora, abbiamo fatto molto danno a questo posto”.
– Che cosa è stato fatto di grave?
“Caro mio, chi ti pozzu diri, io ho aiutato a trasformare tutte queste zone agricole, a fare questo quartiere così come u’ sta virennnu ora. Sugnu uno dei tanti che ha mantenuto la famiglia così, travaghiannu. Capisci?”
– Che cosa si diceva fra gli operai giorno dopo giorno, quando costruivate tutti questi palazzi?
“E che dovevamo dirci? Quannu si travagghia non si parra. Ma alcune volte passavamo dalla contentezza alla tristezza. Ni taliavumu na l’occhi muti muti, mentre gli ingegneri ci dicevano che questa costruzione della città satellite era una gran cosa, ci fa mangiare a tutti: che Kenzo Tange , quello che l’ha progettata era un grande architetto giapponese.”
– Perciò che cosa ha fatto lei, in particolare?
“Ma niente di particolare, per costruire il quartiere abbiamo dovuto distruggere interi agrumeti, uliveti e vigneti.”
– Erano belli vero?
“Qualcosa di molto bello che non ci sarebbe più stato. Come ad esempio, talía ‘ddá – e mi indica un viale – sulla strada che costeggia borgo Librino c’era un ruscello d’acqua, poi un bel giorno una colata di cemento e il ruscello non c’è cchiù.”
– La tua famiglia ha sempre lavorato qui?
“Mio padre lavorava in un vigneto di fronte alla strada che oggi si chiama viale San Teodoro.
– In questo terreno dovrebbe nascere San Teodoro, lo sa?
“Si, è vero, ne ho sentito parlare. Ma tu come lo sai, perchè t’interessano queste cose?”
– Io mi interesso del quartiere perché, lo sa, ci sono cresciuto, e mi occupo delle cose che lo riguardano.
“Ti conoscevo di picciriddu, e sei cresciuto, tu cchí pensi di tutti ‘sti cosi ca ‘sti putenti vonu fari ora?”.
– La struttura doveva essere composta: da uno stadio di trenta mila posti, campi da calcio, palestre attrezzate.
“Mii, troppu bellu, ma ‘a fanu a piddaveru?”
– Purtroppo nel 2003 è stata consegnata incompleta, non fu mai assegnata a nessuno; più volte distrutta con sperpero di soldi pubblici, lasciata completamente abbandonata sia dalla sinistra che dalla destra.
Nel 2009 venne data in gestione al Calcio Catania da allora tutto è fermo, l’unico spazio fruibile il campo di calcio a 5 in erba sintetica. Proprio vicino al San Teodoro nascerà il nuovo stadio di Catania.
“Ma allura di quello ca c’era no progettu non ficiru nenti?”
– No signor Carmelo, nulla.
“Cunnuti”.
Morire a Librino
INDAGINI SENZA RISULTATI PER IL TREDICENNE INVESTITO E UCCISO
Il 28 gennaio in Viale Castagnola a Librino è stato trovato in mezzo alla carreggiata il corpo di Peppe Cunsolo; nessun segno di frenate, nessuna traccia di sangue, solo una strana targa d’automobile, sul presunto luogo d’impatto. Il vero luogo dell’impatto non è stato possibile saperlo perché sull’asfalto non vi erano tracce di frenate, la targa poteva essere lì per qualsiasi motivo. In quella via che è la più trafficata del quartiere, fra macchine in doppia fila, signore con i pacchi della spesa, la banca, i vari negoz,i non era possibile che nessuno non vedesse nulla.
Dal 2006 nella città satellite esiste l’associazione sportiva A.S.I. Briganti Librino, che col rugby aiuta i ragazzi del quartiere ad andare avanti non solo nello sport ma anche nella vita. “Peppe era uno di loro – dicono ora i Briganti – L’abbiamo agganciato nel 2007 dopo un avvio difficile siamo riusciti ad integrarlo nel gruppo portandolo in un torneo nazionale under 11 a Treviso. L’abbiamo perso quando nel 2009 ci hanno tolto il San Teodoro per darlo in gestione al calcio Catania per una scuola Calcio mai partita”.
Il magistrato di sorveglianza a gennaio ha negato al padre Orazio Cunsolo e al fratello Vito Cunsolo il permesso di partecipare ai funerali. Quando morì Carmela Minniti, moglie di Nitto Santapaola, a lui fu concesso di partecipare ai funerali. Perchè a Santapaola si e ai Cunsolo no? Forse perché allora come oggi il nome del boss in questa città ha un altro peso.