I senatori cavalli
Un voto con il paraocchi, ordine di scuderia, come se i senatori fossero equini, discendenti diretti del loro leggendario collega, il senatore Incitatus, il cavallo di Caligola
È il voto che il Pd ha espresso in Senato a sostegno delle pensioni d’oro dei top manager del settore pubblico ai primi di maggio, dicendo no all’emendamento dell’Italia dei valori e della Lega che si opponevano alla riparametrazione delle pensioni degli alti burocrati di Stato (non tagli dunque, perché tagli e sacrifici sono richiesti soltanto a chi già guadagna una miseria, ma un vero e proprio aumento).
E così hanno votato per l’incremento delle pensioni d’oro del presidente dell’Inps o di quello di Equitalia, ad esempio, la “leonessa televisiva” dalemiana, Anna Finocchiaro, come il giuslavorista Tiziano Treu, che per primo diede il via alla flessibilità del mercato del lavoro, il suo collega Pietro Ichino, notoriamente più aguzzino con i precari dello stesso Treu, l’economista Nicola Rossi, che forse aspira a un posto da supermanager pubblico (si portava avanti), l’intramontabile Vincenzo Vita, noto a Trastevere per il gran numero di mani che riesce a stringere in una sola giornata.
Ma il nome che colpiva maggiormente, proprio come un pugno, come lo scalciare di un cavallo, era quello del senatore Achille Passoni. Qualcuno si chiederà: Passoni, chi era costui?
Ecco, Passoni era il braccio destro di Cofferati nella segreteria generale della Cgil, colui che per anni i cronisti sindacali hanno celebrato come l’Organizzatore, “l’uomo che è riuscito a portare tre milioni di manifestanti in piazza”, quell’indimenticabile 23 marzo 2002, quando sei immensi cortei confluirono al Circo Massimo per la più grande manifestazione di sempre.
Era in ballo, anche allora, l’articolo 18, ma quante battaglie la Cgil di Cofferati e del “fido” Passoni avevano combattuto fino a quel momento contro le numerose riforme delle pensioni, a tutela dei trattamenti previdenziali delle fasce meno abbienti, a sostegno di una previdenza più equa? Tante, tantissime.
Durante il voto per il benessere a lunga scadenza dei top manager statali Passoni le rinnegava tutte. L’ordine di scuderia era: sostenete il governo Monti! Poteva disobbedire Passoni? Sì, poteva. Tanto è vero che sette senatori del Pd hanno votato con l’opposizione.
Faremo in modo che la cosa non si ripeta alla Camera, hanno pigolato Finocchiaro e “compagni” dopo che i nomi dei senatori-cavalli sono usciti. “Il governo non ripresenterà la norma sulle pensioni d’oro dei top manager”, ha aggiunto il sottosegretario Giarda. Ma quella macchia non si cancella e la più nera resterà per sempre sulla coscienza di un ex sindacalista che in un solo istante è riuscito a prendere a calci con i suoi zoccoli ferrati tre milioni di persone.