Cowboys metropolitani
Le leggi ci sono, ma non chi le vuole applicare. Se la politica non è la risposta, bisogna organizzarsi come a Firenze e obbligare i padroni a fare i contratti.
Chi dice che siamo autonomi?
Secondo Elisa Pagliarani il rider è un cow boy che porta il bestiame al pascolo in una terra senza legge. “In Italia la normativa in merito alle tutele dei collaboratori presenta alcune lacune”, diceva in groppa al suo cavallo il capo di Glovo Italia alla Stampa, a fine aprile. Giulia Druetta risponde: “Non esiste un vuoto normativo, perché gli strumenti per inquadrare il lavoratore autonomo con delle tutele ci sono: c’è il contratto di lavoro intermittente, c’è l’articolo 2 del Jobs Act sulla eterorganizzazione. I contratti a collaborazione occasionale sono applicati per mera volontà padronale per sfruttare la manodopera e risparmiare”.
Lei è l’avvocata che ha difeso i cinque riders di Torino contro Foodora: dice che non siamo nel vecchio west, Clint Eastwood fa altri film e in questo paese i riders hanno già dei diritti. Se non li abbiamo di fatto è perché qualcuno fa finta che non esistono. “Il 15 maggio abbiamo depositato in Cassazione il ricorso alla sentenza di Torino dell’11 gennaio. L’anno prossimo vedremo cosa dice il massimo tribunale” conclude l’avvocata. A Firenze il 10 maggio i sindacati confederati hanno fatto un accordo con una piccola azienda di consegne amministrata dal signor Orlandini Maurizio: “Faremo contratti subordinati, vittoria!” urla il David di Michelangelo al telefono. Ok, poi ci leggiamo l’accordo, adesso prendiamo la mira sul Golia. Che è vivo, respira e per far sapere che ha potere toglie le ore di minimo garantito. “Glovo, Deliveroo, JustEat non sono quattro ragazzi nel garage” dice preoccupato Antonio Prisco, rider di Napoli. Lui è stato il 26 aprile a Barcellona con altri colleghi e colleghe d’Europa e Sud America: “Questi nuovi padroni sono le multinazionali che sostituiscono le loro regole alle leggi dello stato. In Spagna abbiamo parlato di una internazionale dei riders: dobbiamo incontrarci una volta l’anno tutti quanti e capire come lottare insieme. Vedete cosa hanno fatto i danesi, i riders di Nottingham, le cooperative in Francia, Spagna e Germania. Siamo i nuovi invisibili, organizziamoci contro il caporalato digitale”.