No all’inceneritore, sì al biometano. Valle del Mela: la lotta paga
Buone notizie dalla Sicilia: vittoria ambientalista dopo anni di mobilitazioni
A2A, la società italiana che si occupa di energia, ha cambiato idea. A San Filippo del Mela, Messina, al posto della centrale termoelettrica sorgerà un impianto per produrre biometano e compost di qualità, non un termovalorizzatore per bruciare rifiuti.
È una buona notizia per l’economia siciliana, è una vittoria del movimento NO CSS, è una speranza per il futuro della Valle. Non è un regalo dell’azienda, il cui interesse primo è aumentare i profitti e il valore dei titoli. È il risultato della lotta del movimento NO CSS che ha riportato migliaia di persone in piazza, spinto per l’approvazione di mozioni in decine di consigli comunali, vinto un referendum popolare e convinto i politici a cambiare opinione. Col tempo, e col cambio dei governi, si sono alternate anche le posizioni politiche. Il PD dei governi regionali e nazionali aveva avuto posizioni tra l’ambiguo e il pro-CSS; il M5S, privo di un’idea di sviluppo per il Mezzogiorno, ha assunto una posizione anti-inceneritore, che alla fine ha contribuito a convincere l’azienda a rivedere i suoi piani per salvare il capitale. La vittoria è quindi tutta del movimento NO CSS, dei suoi lenzuoli, di padre Peppe Trifiro’.
Il nuovo impianto, per il quale A2A Energiefuture investirà 35 milioni di euro, ripropone il bivio tra sviluppo e progresso, individuato da Pasolini nei suoi scritti corsari. Stavolta può vincere il progresso, ovvero la crescita economica insieme al miglioramento delle condizioni sociali, ambientali e civili; contro uno sviluppo basato in un aumento dell’attività economica senza curarsi delle conseguenze, come le malformazioni genitali osservate nei bambini della valle, esposti ai metalli pesanti prodotti dalle industrie. Si tratta di una buona occasione per cambiare il modello di sviluppo del territorio. Il risultato non è scontato.
Innanzitutto, bisogna assicurarsi che la trasformazione non abbia effetti negativi sull’occupazione. Al momento, tra dipendenti e indotto della centrale Edipower-A2A, lavorano circa 260 persone. Quale sarà l’impatto in termini di occupazione? Sarebbe bene poter leggere il progetto dell’azienda, coinvolgendo magari l’Università e i Comuni del territorio nell’implementazione e nella gestione dei possibili problemi di viabilità e stoccaggio dei materiali.
L’impianto può trasformare fino a 75mila tonnellate di rifiuti organici, al momento in provincia di Messina se ne raccolgono solo 23mila. Perché’ l’effetto del nuovo impianto sia davvero positivo per il territorio serve più che triplicare la quantità di rifiuti organici raccolti. La raccolta differenziata in provincia è ferma al 20.8%, circa la metà del sud Italia, al 41.9% (Rapporto ISPRA 2018).
Qualità e quantità della raccolta dipendono dai sindaci e dai cittadini. Le amministrazioni devono creare le condizioni perché’ sia agevole fare la raccolta, economicamente conveniente e sopratutto non ci siano alternative, la raccolta deve essere regolare e senza interruzioni. I cittadini fanno il resto, beneficiando anche di tasse sui rifiuti più basse.
E le buone notizie, in quanto a presa di coscienza cittadina, non mancano: in questi mesi fioriscono le iniziative ambientaliste, promosse dalle scuole, dalla capitaneria di porto, dalle associazioni. I ragazzi di #Fridaysforfuture, che lo scorso 15 marzo hanno colorato le piazze siciliane rispondendo all’appello di Greta Thunberg, hanno un compito concreto. Tocca a loro fare pressione perché’ l’occasione dell’impianto a biometano sia vero progresso, perché i Comuni si facciano trovare pronti per fornire la frazione organica necessaria per far funzionare l’impianto solo con rifiuti organici messinesi.
L’impianto può essere la spinta per dar vita a nuove attività economiche, generare incatenamenti produttivi, in un territorio martoriato dalla crisi economica, con la disoccupazione giovanile al 44%, meno 5300 aziende dal 2014 al 2017 (CISL) e la migrazione ininterrotta verso il nord e l’estero, che ha portato via 185mila persone dal 2002 al 2017. Circa 1/3 dell’attuale popolazione residente, in gran parte giovani che hanno studiato e sono costretti ad emigrare per trovare un lavoro all’altezza del loro investimento formativo.
L’impianto, secondo i dati di A2A, produrrà 6 milioni di metri cubi di biometano, equivalenti al fabbisogno di gas di circa 5.000 famiglie e 15.000 tonnellate di compost certificato per l’uso biologico. Il compost potrebbe essere uno stimolo per il settore agricolo della provincia, che disporrebbe di input produttivi per la produzione del biologico. Si tratta certo di nicchie economiche, ma in un contesto economico depresso come quello messinese potrebbe costituire una eccellenza, come quella del florovivaismo o dell’uva da vino e della melanzana, che costituiscono i punti forti del settore agricolo messinese, altrimenti di poca importanza (Messina in cifre. Edizione 2010).
Messina e la Valle del Mela potrebbero diventare concretamente un modello di green economy. Non è retorica vuota, si tratta di disegnare oggi il sentiero di sviluppo di un territorio che 60 anni fa ha puntato su petrolio e industrie pesanti e oggi è un deserto industriale. Le attività economiche si concentrano attorno ai monopoli dei traghetti del gruppo Franza, della raffinazione di petrolio della RAM e della grande distribuzione alimentare. Si tratta di settori che hanno un potenziale produttivo limitato, con pochi investimenti e scarsa innovazione tecnologica.
Immaginare un modello di sviluppo non solo è possibile, ma necessario. Le opportunità non mancano: le ZES Zone economiche speciali sono un’occasione da riempire di contenuti, a partire dalla promozione dell’export dei prodotti agricoli di punta. Il turismo è l’occasione non pienamente sfruttata: dal 2009 infatti gli arrivi sono fermi a un milione di turisti per anno. Il settore ha due eccellenze, Eolie e Taormina, manca un circuito organizzato e diffuso sul territorio. Una raccolta differenziata efficiente che fornisca la materia prima per produrre biometano e creare nuove attività collegate al ciclo dei rifiuti riciclati. Servono idee innovative e molta costanza, come insegna l’esperienza del movimento NO CSS.