venerdì, Novembre 22, 2024
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“Qui Lombardo non è gradito”

Siamo nelle ore con­vulse fra Brindisi e Pa­lermo. La strage di vent’anni fa, la strage di ora. Ci si prepara a ricordare Falcone: ma come? Autorità (anche inquisite) e notabili, o giovani e movimento popolare?

Vent’anni fa: 17:58, 23 maggio 1992. E’ stato quel giorno, nell’istante stesso che separa l’ordine elettronico dato ad un detonatore e l’esplosione dell’ordi­gno, che qualcosa si è interrotto: l’omertà. Il rispetto. L’innocenza. La vita di Giovan­ni Falcone, Francesca Morvillo, e di tre uomini della loro scorta. E qualcos’altro invece è comin­ciato: le bombe. Le stragi. La caccia all’uomo. La Seconda Repub­blica. Quante cose può distruggere mez­za tonnellata di tritolo? Tante, trop­pe.

La vita di Maria Falcone è finita quel giorno. E poi – lentamente, nonostante tutto – è ricominciata. All’epoca insegna­va economia e diritto nei licei. È stata lei, la sorella di Giovanni, a volere fortemen­te la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, nata a Palermo il 10 dicembre di quello stesso anno maledetto: il ‘92. Quattro anni dopo la Fondazione ha otte­nuto un importantissimo (ed ambitissi­mo) riconoscimento dall’ONU, che ha concesso lo status di ONG, organizzazio­ne non governativa, al Consiglio Econo­mico e Sociale delle Nazioni Unite.

Ogni anno, da vent’anni a questa parte, la Fondazione organizza una serie di eventi per commemorare quella strage. Ma non solo, perché l’organizzazione si occupa della promozione di attività cul­turali, di ricerca e di studio; rappresenta, come ha detto più volte la stessa Maria Falcone, “tutti i morti per mafia”, ed è impegnata nello “sviluppo di una cultura antimafiosa nella società, e nei giovani in particolare”.

Il 23 maggio le celebrazioni dell’anni­versario, in occasione del ventennale, hanno un significato particolare. È notiz­ia di qualche giorno fa che il Presiden­te della Regione Siciliana, Raffaele Lom­bardo, non ha ricevuto l’invito alla com­memorazione, a differenza di altre im­portanti cariche. “Non è persona gradita”. Maria Falcone, interrogata dai giornalisti sul motivo del gesto, ha com­mentato:

“La fondazione Giovanni e Francesca Falcone che rappresenta tutti i morti per mafia non può permettersi d’ invitare per­sone che sono sospettate di avere avuto contatti con Cosa nostra. A prescindere da come vada a finire l’udienza prelimi­nare in cui il giudice deciderà se rinviare a giudizio Lombardo non possiamo avere tra gli invitati una persona per cui una procura ha chiesto il rinvio a giudizio per mafia. Sarebbe stato un bel gesto da par­te di Lombardo dimettersi dalla carica che ricopre”.

Lombardo è indagato dalla procura di Catania nell’inchiesta Iblis (“Diavolo” in arabo). Tutto ha inizio il 29 marzo 2010, quando un articolo de La Repubblica ri­vela: “Lombardo sotto inchiesta a Cata­nia. Concorso esterno con la mafia”. Il fascicolo aperto dal procuratore Salvato­re D’Agata si basa su un rapporto di tre­mila pagine redatto dai carabinieri del Ros, frutto di oltre due anni di indagini. Raffaele Lombardo e suo fratello Ange­lo, deputato Mpa, sono indagati per con­corso esterno in associazione mafiosa.

L’indagine procede finché il procurato­re Michelangelo Patanè e l’aggiunto Car­melo Zuccaro decidono di esautorare i quattro pm titolari dell’inchiesta; stral­ciano la posizione dei fratelli Lombardo (derubricando il reato a “voto di scam­bio”) e chiedono l’archiviazione. Richie­sta che il Gip di Catania Luigi Barone ha respinto, disponendo invece l’imputazio­ne coatta.

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