Il cuore di Milano
Duecentomila a dire no alla diseguaglianza e al razzismo, ma allegramente, senza chiusure, senza odiare nessuno
Una grande festa in un pomeriggio qualunque: la piazza del due marzo, nel cuore di Milano. Eravamo in duecentomila, da via Palestro a piazza Duomo, fra voci, musica e balli. Romina – dieci anni o poco più – marciava col suo cartello in mano: “SIAMO VENUTI PER VIVERE IN PACE,NON BUTTATECI IN MARE”
– Romina, perché sei qui?
“Sono qui con mia mamma e i miei due fratellini perché siamo contro l’ingiustizia di una legge che potrebbe mandarci via dall’Italia. Siamo arrivati quattro anni fa sperando una vita migliore e non vogliamo andare via”.
– E tu, Rita:
“Bhe, io sono stata volontaria della Croce Rossa per tanti anni, sono nelle associazioni umanitarie e credo che al mondo siamo tutti uguali. Questa scritta che vedi “CIAO FRATELLO DI COLORE” dà fastidio a tanta persone e io la porto per far smuovere i pensieri. Non è una marcia contro qualcosa che non ci piace, è un grido pacifico per non essere divisi”.
* * *
Qualcuno marciava tenendo un lembo di una bandiera pacifista grandissima, qualcuno l’aveva al collo come un mantello da supereroe; chi aveva un palloncino, chi stava sopra un trenino, chi cantava e mandava musica da un carro, Simon dj; c’era una nave di nove metri per ricordare tutti i migranti morti in mare. C’erano anche dei politici, da Zingaretti a Pisapia, e volti dello spettacolo e tutti dicevano no alle disuguaglianze e ai compromessi.
Un paese diviso in due, ben oltre la politica: “siete buonisti”, ci hanno detto, “siete proprio insensati”. Ma proprio questa “insensatezza” ha portato le idee nuove: abbiamo detto no pacatamente, senza inveire, senza chiuderci agli altri. Nessun ideale può vincere senza ascoltare chi ci sta vicino. Odiare non serve a migliorare le cose.