I cronisti ragazzini di San Cristoforo
Quando il vicolo prende la parola
Stavolta non leggerete degli articoli scritti da raffinati giornalisti dalle firme famose. Stavolta non leggerete racconti di cronaca nera, giudiziaria e di guerra scritti dai “giornalisti d’assalto” né tantomeno sulla politica estera o sul “super Monti” che salva l’Italia.
Stavolta leggerete racconti veri, molto veri perché scritti prima con gli occhi e con la mente e poi con la penna. Ragazzini e ragazzine che si improvvisano cronisti, per far diventare ciò che vedono parole di carta sulla pagina autogestita offertagli dal giornale di quartiere, I Cordai. Una pagina costruita interamente da loro: l’hanno chiamata News boys, gli strilloni.
“Strillano” l’allegria e i colori di San Cristoforo, ma anche i drammi del quartiere: l’abbandono istituzionale delle strade e delle case, di quella che potrebbe essere una piazza, la sporcizia e la carenza dei servizi, il degrado, la negazione di tutti i diritti anche i più elementari. Ciò che loro scrivono lo leggono in pochi, e ancor meno lo ascoltano gli amministratori: ma tanto i bambini non votano…
Racconti spesse volte disumani, perché descrivono come la droga ha reso insopportabile la loro vita in quei vicoli: non perché ne facciano uso (tutt’altro) ma perché costretti a subire la volontà indiretta dei pusher, pilotati da una mafia che toglie respiro e democrazia, che li costringe, nella semplice azione di recarsi a scuola, ad assistere a scene che altri adolescenti della loro età e in altri luoghi non immaginano.
Questi ragazzi vengono dalla scuola media Andrea Doria, forse l’unico presidio democratico del quartiere, e sono seguiti da quelle brave insegnanti ed insieme a loro resistono con le armi, anche se piccole, della libera informazione.
“Non ne possiamo più di assistere a scene di spaccio”
Giovanna aveva solo 7 anni quando ha assistito alla prima scena di spaccio. La mamma ha preferito non rispondere alle domande su cosa fossero le pasticche bianche che un tizio aveva passato ad un ragazzo in cambio di denaro, proprio davanti a loro che camminavano per una delle strade del quartiere. Oggi Giovanna ha 12 anni e non ha bisogno che la mamma le spieghi cosa significano le scene a cui, di tanto in tanto, assiste.
Maria invece ha una storia più particolare da raccontare: circa un mese fa, di notte, tre ragazzi hanno suonato al citofono di casa sua. La mamma di Maria ha risposto chiedendo chi fosse; uno di loro ha detto di chiamarsi Salvo, un parente stretto, del quale, però, la donna non riconosce la voce e così chiede al marito di controllare dalla finestra.
Il papà di Maria si affaccia e capisce che non si tratta né di Salvo né di conoscenti. Dalle risposte sconnesse e insensate dei tre giovani, l’uomo comprende che sono sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e si guarda bene dall’aprire il portone.
Quando l’indomani mattina Maria viene a sapere dell’accaduto ha una sensazione di paura e preoccupazione: chissà cosa sarebbe successo se la mamma avesse aperto! E che dire dell’esperienza che è stata costretta a vivere Marcella, ragazzina di 12 anni, che in un “tranquillo” pomeriggio, tornando a casa, la trova piena di poliziotti con mitra spianati, che mettono a soqquadro l’intera abitazione solo perché hanno il sospetto che si sia nascosto nella sua casa un ragazzo che era scappato con delle dosi in mano.
Di fronte a quella scena terribile Marcella comincia a tremare, l’ansia e la paura la fanno sbiancare in viso, ma ciò non basta a fermare quella irruzione che per quanto legittima ma incurante di noi ragazzini e violenta lascerà una traccia indelebile nella sua vita.
Ormai sembra che non ci si possa più indignare ed esprimere la propria disapprovazione verso certi comportamenti, come è successo alla nonna di Piera, la quale, affacciatasi dal balcone e visto che in strada c’erano dei ragazzi che spacciavano, li ha invitati a smettere e ad allontanarsi e per questo è stata “richiamata” dagli stessi e le è stato intimato di rientrare immediatamente dentro casa.
Queste storie sono solo alcuni esempi delle tante, troppe situazioni, in cui dei bambini e dei ragazzi si trovano coinvolti, nonostante la loro precoce età. Negli ultimi anni il fenomeno dello spaccio si è intensificato notevolmente, tanto che ormai quando ci capita di sentirne parlare ci sembra che sia “normale”.
Invece non è normale per niente. E sopratutto non è piacevole vedersi additati come delinquenti, solo perché abitanti di San Cristoforo. Noi sappiamo che tanta gente onesta e per bene abita nel nostro quartiere ed è a loro, e all’altra Catania ma anche a tutti gli adulti che chiediamo di pensare di più a quanto possano essere negative certe esperienze per la crescita sana e civile dei loro figli e dei giovani in genere.
La mitica II D
Un quartiere come il mio
Quando si vive in un quartiere come il mio anche se non si vuole avere a che fare con la droga, può capitare, a un povero adolescente come Giuseppe, di incappare in un uomo di mezza età, che gli chiede della “roba” scambiandolo per uno spacciatore, solo perché si trova insieme ad un compagno davanti ad un bar e porta uno zainetto a tracolla.
Inoltre ci sono delle strade e delle piazze in cui non è raccomandabile passeggiare. Se poi una persona, magari perché la strada solita è interrotta, ci si trova a passare, può incappare in una situazione assurda: è costretta a fermarsi perché, in mezzo alla strada, uno spacciatore, senza alcun pudore né timore, ha deciso di vendere le “dosi”ad automobilisti e motociclisti che arrivano da tutta la città con le loro piccole o grandi macchine e di ogni ceto sociale, come per un appuntamento già concordato, a comprare la “roba”, per scomparire subito dopo.
Così, in pochi minuti, la persona ha assistito ad un atto criminale e quando, ripresasi dalla sorpresa, suona il clacson, contrariata, il delinquente la guarda con occhi minacciosi. Lei non sa se reagire o cautamente ignorare la situazione dopo aver, in ogni caso, subìto una violenza psicologica.
In Via Belfiore capita spesso, come è successo ai genitori dei miei compagni, di essere fermati da spacciatori sulle auto che offrono la droga. In piazza Caduti del mare è capitato a un alunno della scuola di incontrare un compagno che vendeva droga. Massimo era andato a comprare le sigarette a papà e ha visto il compagno fermo nella piazza, lo ha salutato e lui gli ha chiesto se voleva uno spinello.
Massimo è rimasto molto sorpreso, ha risposto di no, ma ha anche chiesto perché stava lì a spacciare. Il compagno gli ha detto che dava una mano a sua madre perché il padre era in carcere. Massimo non era convinto che fosse una motivazione giusta e ha pensato che i problemi degli adulti devono essere risolti dagli adulti e che il suo compagno, in quella situazione, poteva rischiare di rovinarsi la vita per sempre,
Io penso che parlare della droga sia utile perché fa capire ai ragazzi i rischi che si corrono quando si fa uso di certe sostanze. Bisogna comprendere che spesso si cade nella trappola senza rendersi conto delle conseguenze. Chi spaccia o fa uso di droghe entra in un tunnel dal quale è difficilissimo, se non impossibile, uscire. Il destino di molti ragazzi del mio quartiere è quello di finire in carcere o, ancora peggio, uccisi in una delle nostre strade come purtroppo è capitato negli ultimi mesi.
Io spero che proprio noi giovani possiamo cambiare questa realtà, facendo molta attenzione a non farci coinvolgere in queste situazioni: come fare? Resistere alla mafia.
Di Lorenzo Nicolosi III C
da NewsBoys, pagina autogestita della scuola Andrea Doria, inserto de i Cordai
Nella foto (di Giovanni Caruso): Via Barcellona, chiamata più comunemente “il supermarket della droga”, e via De Lorenzo. Qui doveva nascere un parco, ma non l’hanno mai fatto. Per cui ci vanno a giocare i ragazzini e i pusher di piazza Don Bonomo ci nascondono la coca.