Valle del Mela
Promesse, governi e lotta dura
Scusate l’autocitazione:
< 19 febbraio 2018. Valle del Mela. In arrivo il “sì” all’inceneritore. Delusa la fiducia degli ambientalisti in Musumeci >.
Sarebbe praticamente in dirittura d’arrivo l’autorizzazione all’installazione di un mega-inceneritore nella Valle del Mela. L’impianto, contestato a più riprese dalla cittadinanza, desta ulteriori preoccupazioni di carattere ambientale in una zona da anni sottoposta a pesanti livelli di inquinamento industriale.
Esponenti ambientalisti locali, di destra e di sinistra, avevano fiduciosamente sollecitato sul tema un intervento del presidente della Regione Nello Musumeci e di altri politici, mentre i sindaci della zona gli avevano richiesto un incontro. Musumeci non ha risposto e sembra che non intenda farlo. (r.o.).
Oggi, 12 marzo (quasi un mese dopo), la stampa riporta:
< Per l’impianto previsto all’interno della Centrale Edipower[…] da Roma si sostiene che l’iter organizzativo sarebbe in dirittura d’arrivo e che dal ministero sarebbero giunte sollecitazioni […].
La posizione di Musumeci potrebbe avere un significato politico e nulla altro visto che la battaglia il governo regionale avrebbe dovuto intraprenderla molto prima>.
A questo punto, forse è opportuno fare un po’ di riepilogo:
1) La questione dell’inceneritore è certamente politica, industriale, ecologistica ecc., ma è anzitutto una questione di affari. Quante cordate ci sono, pronte a suddividersi gli appalti? Cordate di destra, cordate “di sinistra” o cordate fratelle? Questo è il punto reale. Nessuna forza o soggetto politico ufficiale, “di sinistra o di destra”, ha mai preso in considerazione realmente lo stop all’inceneritore. Il loro unico obiettivo è stato semplicemente di tirare avanti fino alle elezioni. Dopodiché, se la vedrà il “nuovo” governo, a partire dalla distribuzione o redistribuzione degli appalti.
2) In questo quadro, le promesse del presidente (di destra) Musumeci hanno un valore pari a zero, visto che:
– la posizione politica di Musumeci è in sè debolissima (il vero dominus in Sicilia è Miccichè);
– i suoi “impegni” sono sempre stati interlocutori e mai formalmente istituzionali;
– in ogni caso, lo “Salva Italia” esclude di fatto ogni decisione periferica e non romana;
– le promesse di Musumeci hanno dunque avuto (in buonafede o meno) l’unica funzione di cloroformizzare il movimento di protesta, che dura da quattro anni e ha raggiunto ormai livelli di massa.
3) Il movimento:
– è nato con padre Peppe e Olga Nassis, su posizioni chiare e dure (interventi subito, promesse a zero, lotta di massa per la strada);
– s’è mosso su questo terreno per tutta la prima fase, fino al c.d. “referendum” (in realtà consultivo), promosso da sindaci di destra il giorno dopo che erano stati contestati da un’altra grossa manifestazione;
– s’è sviluppato da quel momento in poi in forme più “istituzionali”, guidato ora da esponenti di destra (che era stata emarginata in precedenza) e da benintenzionati ecologisti “di sinistra”;
– ha mantenuto una forte presa di massa (vedi la manifestazione di dicembre),
– ha però rinunciato a radicalizzare la protesta, fidandosi viceversa delle interessate promesse (vedi punto 2) dei politici, soprattutto di destra;
– ha perso l’occasione di far coincidere questa radicalizzazione col momento in cui l’establishment era più vulnerabile, le settimane elettorali.
4) Adesso:
– ogni decisione è rinviata al nuovo governo, che potrà essere assolutamente di destra (in tal caso farà almeno tre inceneritori, fra le impotenti proteste, vere o fasulle, di Musumeci), oppure con la presenza dei grillini i quali – arrivati ora – non sono ancora legati al giro degli appalti;
– in quest’ultimo caso c’è ancora una possibilità di ottenere qualcosa, pagando però un prezzo politico (la subordinazione a un partito politico, l’M5S) che quando il movimento era apartitico avrebbe messo tutti a disagio.
5) Cosa chiedere a Ram per il rinnovo all’autorizzazione?
– meno inquinamento? Boh. Intanto, bisogna stabilire (dopo quarant’anni…) se l’inquinamento c’è o non c’è, e quanto; bisogna quindi creare appositi specialisti e commissioni (agli ordini di Ram e politici, possibilmente di destra); poi bisogna discutere (fra altri quarant’anni?) sui risultati; poi…
– è molto più realistico chiedere soldi e occupazione. Chiederli subito (entro e non oltre un mese), e finalizzati all’inizio della bonifica, per cui Ram deve stanziare subito una cifra e spostare subito alcune decine di lavoratori. Diversamente, niente rinnovo dell’autorizzazione (limitata comunque a uno-due anni) e lotte popolari per bloccare la raffineria.
6) Gli operai.
– la questione degli operai, che pretendono (signora mia) di dare ancora da mangiare alle rispettive famiglie, è stata (tranne che nella prima fase) massicciamente rimossa dal movimento. Si è chiesto loro – in sostanza – di rinunciare al posto di lavoro in cambio del bene pubblico, o di un futuro indistinto e imprecisato.
– bisogna invece impostare, insieme agli operai e ai sindacati, una vera e propria vertenza sindacale. Chiusura progressiva della raffineria (che, come tutti sanno, è ormai comunque fuori mercato) e trasferimento a scaglioni della forza-lavoro sul piano della bonifica, sempre più completa.
7) La lotta.
– qualche vecchio estremista fuori dal mondo insiste che il sistema migliore è la “lotta dura”. “Bruciare i cassonetti”, come teme qualcuno? Ovviamente no. Lotta dura vuol dire bloccare, occupare, restringere i profitti della controparte, mandare “messaggi” ai politici non da un elegante “tavolo” ma dalle finestre. S’è già fatto una volta, tanti anni fa, e con discreti risultati. Si possono fare cose bellissime, senza giocare alla guerra e senza la minima violenza. Però così non si diventa “importanti”, non si va nel palazzo e non si viene lodati dai signori.