Un ringhio di dolore
Un nord egoista, un sud disperato. Non semplici elezioni, ma autobiografia della nazione
Le due Sicilie, più Recanati e i sardi, sono tutte per Grillo. Il nord, Caimano e fasciolega. Qualche rosso qua e là, a Modena, a Reggio Emilia, nei Comuni toscani, sul castello di Trento. A terra le biciclette di Bologna. Via il ghisa sorridente di Milano. Facce dure dappertutto. La linea stavolta è netta, non più politica ma antropologica, umana: miseri e benestanti, caldo e gelo; chi ha paura dei poveri, chi dei più poveri ancora. Un grido di dolore, che al nord si fa ringhio impaurito e feroce.
In questo quadro, è futile festeggiare gli uno, i due, i tre per cento. Non dobbiamo distogliere, non dobbiamo rimuovere niente. Questo non è il voto di un giorno di marzo, questo è il voto di vent’anni. Vent’anni di tradimento sociale – a “sinistra” – vent’anni di persecuzione dei poveri – a destra – vent’anni di prostituzione ai potenti del ceto intellettuale e politico di “sinistra” e di destra.
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Noi siamo qui, essenzialmente, per contrastare la mafia. La mafia non è lo scippatore, il “delinquente”, il ragazzaccio di quartiere. La mafia “sta in Parlamento, sono a volte ministri, sono banchieri, sono quelli che sono ai vertici della nazione”, “La mafia è un problema di vertici della nazione che rischia di portare alla rovina, al decadimento culturale definitivo l’Italia” – diceva, inascoltato, Giuseppe Fava. La rovina, coi giovani che vanno via uno dopo l’altro, adesso è in corso. Il decadimento culturale e morale si legge nelle cronache di ogni giorno. Il potere mafioso (ma cinesizzare una fabbrica non è meno mafioso che chiederle il pizzo) è quello che combattiamo, sapendo che combattiamo da minoranza. La nostra antimafia non è antimafia “nobile” o da dibattito, non lo è mai stata; è lotta da strada e da poveri, antimafia sociale.
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Che cosa abbiamo da dirti, a te cui ancora vogliamo dire qualcosa (un giovane cittadino, dunque, o un vecchio militante di Falcone e Borsellino)? Che non t’illudiamo con chiacchiere, come tutti gli altri, che non ti offriamo capri espiatori, che non ti trattiamo da minorenne, che non ti nascondiamo niente. A te, che come noi sei una minoranza, diciamo che le minoranze hanno sempre salvato l’Italia: non gli urlatori, non i persecutori dei poveri, non gli illusi; ma i pochi consapevoli e decisi, per quanto sia lunga la strada e duro il lavoro da fare.