Dal letame nascono i fior
Voci e immagini della Catania fantasma
“San Berillo è il quartiere della prostituzione dai tempi del fascismo” racconta Francesco, per gli amici Franchina, un transessuale catanese. Sorride alla vista di un turista ed è disposto a scambiare quattro chiacchere. Lei e le sue amiche popolano San Berillo, un quartiere nel cuore della Catania vecchia.
“Le signore che lavorano qui vengono durante il giorno. Solo alcune ci abitano. Per lavorare si sistemano nelle stanze a piano terra, dove ricevono i clienti” – racconta Giovanni -, un operatore ecologico che da tre anni lavora nel quartiere. “Io ho cinquantasette anni, quando ero un ragazzo San Berillo non era in questo stato. Forse qui ci vorrebbe la dinamite per buttare tutto a terra e ripartire da capo”.
Attraversare San Berillo è come varcare un confine. Dalle centralissime via Etnea e Piazza Stesicoro basta percorrere pochi metri per trovarsi in una Catania diversa. Un’anziana prostituta, seduta sull’uscio della sua piccola stanza, ci indica la strada verso il cuore del quartiere, dietro di lei il letto disfatto. Tra le vie che si fanno più strette iniziano ad affiorare colori, fiori, piante, è l’impronta del Comitato San Berillo, un gruppo di volontari che cerca di dare nuova vita al quartiere. Superati alcuni vicoli ecco Piazza delle Belle, con fiori e murales, poesie e filastrocche alle pareti, la frase “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior” abbellisce un balcone dove un water funge da vaso per i fiori, accanto le foto della piazza come appariva in precedenza. Al centro un carretto colorato e alcuni tavoli dove la sera i giovani si riuniscono per una birra. Un altarino con l’immagine della Madonna segna il limite tra sacro e profano, due candele sono state accese da poco.
Non molto lontano da Piazza delle Belle il “Museo Reba”, inaugurato nel 2013 per ospitare mostre e percorsi artistici, dall’ex sindaco Raffaele Stancanelli: “è sempre chiuso, all’apertura erano presenti il sindaco con gli assessori, lo hanno visitato e poi se ne sono andati. Adesso è vuoto”, racconta Giovanni con sarcasmo. Come vuoti sono molti degli edifici, tra macerie e mucchi di rifiuti. A terra, tra vestiti sporchi e bottiglie rotte, due gratta e vinci. “Il tempo delle martiri è finito, comincia il tempo della rivolta”, appare sul muro di una casa distrutta.
Insieme alle prostitute, tanti giovani immigrati si muovono all’interno di San Berillo, molti spacciano senza nascondersi alla vista dei visitatori. Banconote girano da una mano all’altra. Sono gli unici abitanti stabili, all’interno degli edifici occupati. “I ragazzi di colore non ci danno problemi, stanno tra di loro” raccontano due amiche di Franchina. Prostitute e immigrati, le due anime superstiti di San Berillo, sembrano convivere pacificamente.
“Da sei anni lavoro qui, altre invece da venti o trent’anni. Questo quartiere è pieno di storia”. Le parole di una delle ragazze fanno capire che la crisi colpisce qualsiasi mestiere: “fino a poco tempo fa durante il fine settimana San Berillo era visitata da molti clienti, c’era così tanta folla che sembrava di trovarsi alla festa di Sant’Agata, oggi invece non c’è nessuno”. Non molto lontano un signore di mezza età scherza con due prostitute mentre conta dei soldi, nel frattempo un altro porta delle buste con la spesa per consegnarle all’interno delle stanze. “La polizia viene qui raramente, quando vengono lo fanno solo per sequestrare la droga e per arrestare gli spacciatori” -conclude Giovanni-.
Per uscire da San Berillo basta scendere alcuni scalini, ed ecco che ricomincia il traffico di auto, di persone. Vicino le scale un cinema a luci rosse segna la linea di frontiera tra il quartiere e la città.