Il sindaco, il vicesindaco… Una storia proprio sgarbata
“Non solo il sindaco Sgarbi – rapportano gli ispettori – ma anche il vicesindaco, Antonella Favuzza, era molto corrivo verso il “don” del paese, Pino Giammarinaro
A Salemi, Comune che ha visto appena sciolti per inquinamento mafioso i propri organi politico amministrativi, Giunta e Consiglio, non vi era, a leggere il rapporto ispettivo condotto dai funzionari incaricati dal prefetto di Trapani, Marilisa Magno, alcun argine ad impedire l’influenza dell’ex deputato democristiano Pino Giammarinaro per il quale il Tribunale di Trapani ha applicato nei recenti anni la sorveglianza speciale e adesso è tornato a riproporre un nuovo dibattimento per l’applicazione di un ulteriore periodo di sorveglianza speciale accompagnata anche da un massiccio sequestro di beni, nell’ordine dei 30 milioni di euro.
Tra l’on. Giammarinaro, ex capo della corrente andreottiana della Dc trapanese, e la mafia i contatti non si sarebbero mai interrotti.
E i vertici politici del Comune nemmeno avrebbero posto precisi paletti.
Anzi, il sindaco Sgarbi prima e il vice sindaco, Antonella Favuzza dopo, si sono più che prodigati per “sentenziare” sulla inesistenza della mafia e sull’esercizio di un diritto politico dell’on.Giammarinaro che a loro dire avrebbe avuto piena legittimità nell’occuparsi dell’ amministrazione cittadina quale indiscusso leader politico.
Discutibile, sempre secondo Sgarbi e Favuzza, e altri soggetti, la descrizione che di Giammarinaro danno gli organi investigativi e giudiziari.
Col tempo queste posizioni sono cambiate, nel senso che ad un certo punto per Sgarbiu, Favuzza, e “loro” soci, Giammarinaro avrebbe smesso di interessarsi al loro operato, nonostante un ex assessore, come Oliviero Toscani, il famoso fotografo, chiamato da Sgarbi al “capezzale” di Salemi, ha raccontato ai pm di Palermo che le interferenze, con fare mafioso, non si sono mai interrotte.
E’ pesante la relazione del Viminale sull’inquinamento mafioso di Salemi, relazione successiva alle procedure di acceso decise dal prefetto Magno, i cui ispettori per molti mesi, tra giugno e dicembre 2011, hanno lavorato al Comune spulciando decine e decine di atti pubblici, delibere, determine, provvedimenti amministrativi.
E’ una relazione che scardina il sistema degli alibi e delle giustificazioni che sono state addotte dai protagonisti di questa vicenda all’indomani dell’operazione di sequestro dei beni contro l’on.Giammarinaro, eseguita da Polizia e Guardia di Finanza.
In quelle indagini, condotte dal pool anticrimine diretto dal primo dirigente di Polizia, Giuseppe Linares, si faceva riferimento oltre che agli interessi di Giammarinaro nel mondo della sanità, anche alla parte politica delle intromissioni dell’on.Giammarinaro, ed i politici chiamati in causa, a cominciare da Sgarbi si sono oltremodo sgolati per gridare al complotto e per dire che non era niente vero di quello che si andava leggendo nel rapporto d’indagine infine firmato dal questore Esposito e consegnato ai giudici che hanno fatto scattare il maxi sequestro preventivo.
Oggi la relazione del ministero dell’Interno è drastica.
Tanto drastica che questa stessa relazione ha portato il Viminale ad ottenere dal Tribunale di Marsala una appendice che non sempre viene applicata per tutti i casi di scioglimento delle amministrazioni per inquinamento mafioso e cioè la dichiarazione di incandidabilità del prof. Sgarbi e del suo ex vice sindaco Favuzza per le elezioni in Sicilia.
E questo perché, secondo il Viminale, nel procurato inquinamento mafioso l’ex sindaco, e l’ex vice sindaco, hanno precise responsabilità. Insomma non sono parte lese.
La radiografia del Municipio è inquietante, si parla di soggetti, amministratori, funzionari e impiegati con precedenti giudiziari e di polizia messi a controllare determinate branche del Municipio, quelle più delicate, e ancora il fatto che rapporti di relazione con soggetti anche pregiudicati o sospettati mafiosi venivano condotti alla luce del sole, e i vertici del Comune, a cominciare dal sindaco Sgarbi “non possono dire di non sapere”.
“Il vice sindaco è legato da stretti vincoli con noti e storici esponenti delle locali famiglie criminali… il vice sindaco nell’esercizio del proprio mandato elettorale non ha posto in essere alcun serio effettivo contrasto al condizionamento posto in essere (dall’on.Giammarinaro ndr) ma ha invece perseguito nel corso del proprio mandato finalità volte a incrementare i propri interessi economici in ciò coadiuvato da soggetti con precedenti per reati associativi e contigui alle locali cosche malavitose”.
Questo passaggio è contenuto nella relazione.
Il riferimento alla presenza a livello locale di cosche malavitose “fa giustizia” di quella che fu la prima dichiarazione del sindaco Vittorio Sgarbi quando si insediò al Municipio dopo la sua elezione a sindaco, e cioè che la mafia non esisteva più come organizzazione, e che se esisteva era per la presenza di qualche mafioso, che non dava più fastidio a suo dire, e che perciò la cosa migliore era fare un museo dedicato alla mafia, quasi che fosse qualcosa appartenente alla storia e fosse anche qualcosa da prendere dalla storia e mostrare al pubblico come se la mafia fosse da esporre alla pari dei beni artistici che finiscono nelle teche museali.
Per Sgarbi poi la mafia esisteva perché c’era una antimafia che doveva avere per propri tornaconti ragione di esistere.
Il ministro Anna Maria Cancellieri su questo lo ha smentito con dati di fatto.
Evidenziando per esempio l’antimafia di facciata perseguita a proposito di appalti pubblici.
E ad essere “calpestato” in questo caso è stato il nome del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Il Comune di Salemi risulta avere aderito al protocollo di legalità che porta il nome del generale e prefetto di Palermo ucciso dalla mafia negli anni ’80.
Si tratta del protocollo di legalità che vede concordemente coinvolti i ministeri dell’Interno e dell’Economia e la Regione Sicilia.
A Salemi c’è stata l’adozione a fronte di una serie di gare di appalto “ma i contenuti del protocollo non sono stati rispettati dall’amministrazione comunale che avrebbe dovuto richiedere per una serie di imprese le certificazioni antimafia sia per appalti di opere pubbliche sia per le gare di aggiudicazione di servizi”.
E così è potuto accadere che i lavori di ristrutturazione del Palazzo Municipale “sono stati aggiudicati ad impresa il cui titolare è stato in carcere per reati contro la pubblica amministrazione, turbativa degli incanti e utilizzo di dati falsi” .
Se fosse stata chiesta la certificazione alla prefettura questo appalto non sarebbe potuto andare a chi è stato invece assegnato.
Altro tema toccato dalla prefettura e dal ministero dell’Interno, quello dei contributi.
In particolare di quelli relativi alle ricostruzioni post-terremoto.
C’è una commissione che se ne occupa, e l’ispezione prefettizia ha messo in evidenza che ad occuparsi di queste cose sono stati nel tempo molto spesso soggetti che non avevano la dovuta professionalità e che possedevano semmai altro genere di “requisiti” che in quel contesto sarebbero stati tenuti in maggiore considerazione, e cioè la frequentazione “con soggetti contigui ad ambienti mafiosi”.
Per non parlare poi “dei conflitti di interesse” c’era chi faceva parte la commissione e nel frattempo era destinatario della liquidazione dei contributi.
Speculazione in bella vista, si è cercato di camuffare ogni cosa intestando a terzi le proprietà destinatarie dei contributi, un assessore, Salvatore Angelo, nel 2011 è stato condannato per truffa aggravata.
Contro il Comune le accuse anche di non avere vigilato sull’utilizzo dei contributi.
Per essere chiari: nel periodo novembre 2008-settembre 2011 sono state liquidate 356 domande di contributo, solo per sei sono state attivate le procedure per rientrare in possesso delle somme, nel solo mese di agosto 2011, quando arrivarono gli ispettori prefettizi quell’ufficio che praticamente non aveva controllato nulla in quei soli 30 giorni risulta avere avviato 22 verifiche.
Altra smentita che arriva al sindaco Sgarbi è quella dei debiti fuori bilancio, non ce ne sono ebbe a dire e se ci sono, risultano di modesta entità, e invece agli atti c’è una intercettazione di un colloquio tra lui e l’on.Giammarinaro: c’era da sostituire un assessore e l’on.Giammarinaro fu sentito consigliarlo (ma non sarebbe stato un consiglio, ma quasi un ordine) di nominare un assessore che fosse espressione di una certa maggioranza di consiglieri così da avere garantita l’approvazione in Consiglio dei debiti fuori bilancio.
Non è frutto di fantasia degli investigatori la circostanza che l’on.Pino Giammarinaro ha partecipato a riunione di Giunta.
Anche questo è un passaggio della relazione del ministro Cancellieri: “è in questo modo che è stata esercitata l’influenza nelle decisioni amministrative e se non direttamente attraverso fidati personaggi….a casa dell’on.Giammarinaro furono scritti alcune parte di un bilancio di previsione”.
Tra i casi che possono anche far sorridere quello di un assessore al Patrimonio (Bivona) che si era vista negare da Sgarbi l’autorizzazione a usare un locale comunale (l’asilo) per una festa di Natale e però lo spettacolo in quella scuola materna fu fatto lo stesso “con l’autorizzazione dell’on.Giammarinaro”.
Tra gli altri casi che fanno sorridere meno quello della gestione dei beni confiscati: inerzia e condizionamento esercitato dall’on.Giammarinaro sono stati poste alla base del mancato utilizzo di alcuni beni, come i 70 ettari di terreno confiscato al narcotrafficante mafioso Totò Miceli, uomo di Matteo Messina Denaro.
La relazione evidenzia come quel terreno stava per essere assegnato all’associazione Aias il cui titolare non è altro che un uomo del “sistema” affaristico impianto nella sanità dall’on.Giammarinaro, associazione che su altri versanti emerge come perennemente favorita dal Comune a proposito di elargizione di contributi pubblici.
Quel terreno confiscato oggi resta inutilizzato e di recente l’agenzia nazionale dei beni confiscati ha revocato il possesso al Comune.
Passaggio significativo di questa vicenda è quello che ad un certo punto in una intercettazione quando sembrava che il terreno potesse essere assegnato e ridiventare produttivo, assegnato a Slow Food che avrebbe voluto gestirlo assieme all’associazione Libera, il sindaco Sgarbi espresse nettamente la sua contrarietà, dicendo un chiaro “a quelli di don Ciotti no” e rivolto ad un assessore chiese: “Pino che ne pensa”.
Sgarbi comunque ha deciso di non demordere, e rivolto a Napolitano, con estrema confidenza, gli ha scritto, “hai firmato un cumulo di menzogne”.
Bugiardo non lui ma gli altri, come al solito. Scene già viste, purtroppo accade che c’è chi gli dà credito a Cefalù, dove si è candidato, non abbandonando la sfida, con una lista dal nome eloquente, “concorso esterno”, chiaro riferimento al concorso esterno in tema di mafia, altro terreno messo in discussione.
Proprio dal Pd locale qualcuno ha messo in discussione una interrogazione parlamentare di altri deputati del Pd che chiedono al ministro di mettere fine alla sceneggiata “sgarbata”.